Ernest Shackleton (1874-1922) esploratore antartico
Marco Taviani
Istituto di Scienze Marine (CNR.ISMAR), Bologna; Accademico Corrispondente Residente
Abstract
“As a scientific leader, give me Scott; for swift and efficient polar travel, Amundsen; but when things are hopeless and there seems no way out, get down on your knees and pray for Shackleton” (Raymond Priestley). One hundred years after the death of the legendary Irish-born British polar explorer Ernest Shackleton (1874-1922), the wreck of his famed ship Endurance was finally discovered at a depth of 3000 meters. The epical survival of the Endurance party for almost three years in the Antarctic ice under the guidance and action of Shackleton, still sticks as an unsurpassed example of human resistance to adversity when all seems lost. Shackleton intercepted history, by crossing the final days of the heroic age of Antarctic exploration with the world emerging from the havoc of the first world war, that deeply changed the former cultural and social paradigms. This is his history, from the early days up to the expedition with Scott on the Discovery and his first as a leader on the Nimrod, to his ultimate death in South Georgia.
Keywords
Shackleton, Biography, Antarctic exploration, Endurance, Legacy.
© Marco Taviani 2024 / Doi: 10.30682/annalesps2402k
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Le difficoltà esistono solo per essere superate, dopotutto
Ernest Skackleton
Prologo
“Datemi Scott per una spedizione scientifica, Amundsen per un raid veloce ed efficiente ma quando arriva il disastro e ogni speranza svanisce, inginocchiati e prega per Shackleton”. Questa celebri parole si devono al geologo ed esploratore britannico Raymond Priestley che partecipò alla spedizione antartica della Nimrod del 1907-1909. La frase condensa l’essenza stessa di uno dei più celebri esploratori polari di tutti i tempi che de facto concluse l’epoca eroica della esplorazione antartica: Ernest Shackleton. L’uomo che è passato alla storia non per i suoi successi delle spedizioni antartiche largamente segnate da fallimenti, ma dalla risolutezza di cui diede prova di fronte a difficoltà insormontabili ai più. Questa è la sua storia, dai primi giorni fino alla sua morte nella Georgia del Sud.
1. La storia
Ernest Henry Shackleton (Fig. 1)1 nasce in Irlanda ad Athy, Kilkea House, il 15 febbraio 1874, da una famiglia anglo-irlandese. A partire da 16 anni d’età, Shackleton è imbarcato nella Marina mercantile e viaggia per tutto il mondo, raramente a casa. Nel 1897 incontra Emily Mary Dorman, che sposa nel 1904. Diventa ufficiale della riserva nella Royal Navy a 27 anni.
Fig. 1. Ernest Shackleton.
L’incontro fatale con l’esplorazione polare avviene all’inizio del XX secolo, quando Shackleton prende parte in qualità di terzo ufficiale alla National Antarctic Expedition (1901-1904) della Discovery sotto il comando del Capitano Robert Falcon Scott, con lo scopo di raggiungere il Polo Sud. Acquartierata nel McMurdo Sound, la spedizione britannica costruisce un campo base a Hut Point, nell’isola di Ross, e conduce varie ricerche scientifiche, dalla biologia alla geologia, dalla meteorologia alla geofisica. Nell’occasione viene stampato il South Polar Times, primo “giornale” prodotto in Antartide, edito da Shackleton. Il 2 novembre 1902, un gruppo formato da Robert Scott, Edward Adrian Wilson e lo stesso Shackleton, utilizzando cani da slitta e supporti logistici, si avvia alla conquista del Polo Sud o perlomeno del punto più meridionale mai raggiunto in precedenza, cosa che in effetti consegue. Ammalatosi di scorbuto, Shackleton non arriva tuttavia a 82° 18’ Sud, raggiunto invece da Scott e Wilson il 30 dicembre 1902. Ancora indebolito, viene rimandato in patria sulla Morning all’inizio del 1903. Scott lo ritiene fisicamente inadatto alle spedizioni polari e Shackleton non la prende bene, iniziando a pensare a una sua spedizione antartica.
L’organizzazione della nuova avventura è lunga e laboriosa, e la ricerca di adeguati finanziamenti assorbe molto del suo tempo. Fra le tante iniziative di autofinanziamento, ricordiamo come curiosità la produzione e vendita promozionale di francobolli neozelandesi sovrastampati King Edward VII Land. Finalmente il sogno si concretizza quattro anni dopo. La British Antarctic Expedition a bordo della Nimrod, dura dal 1907 al 1909, e si prefigge di raggiungere il Polo Sud. Shackleton pone il campo base a Capo Royds, non lontano da quello della precedente spedizione di Scott. Per la prima volta viene aperto un ufficio postale in Antartide, si stampa un libro, Aurora Australis, ed un veicolo motore viene guidato sulla banchisa antartica. Notevoli sono i successi scientifici della spedizione, fra i quali la localizzazione del Polo Sud Magnetico, l’ascesa del Monte Erebus, un vulcano attivo dell’isola di Ross, e l’individuazione del ghiacciaio Beardmore, una via preferenziale per raggiungere il Polo Sud e da Shackleton dedicato al magnate omonimo, grande finanziatore della spedizione. Shackleton persegue comunque come obiettivo primario quello di raggiungere il Polo Sud e per il suo tentativo usa questa volta dei pony della Manciuria, che si riveleranno però inadeguati. Insieme a Eric Marshall, James Adams e Frank Wild, che diventerà inseparabile compagno delle spedizioni antartiche, raggiunge 88° 23’ Sud. Tuttavia, la fatica e la scarsità delle scorte lo convincono a prendere una decisione sofferta, interrompendo la marcia a soli 156 km dal Polo Sud, per non mettere a rischio la vita dei componenti del piccolo gruppo di esploratori. È il 9 gennaio 1909. Questa valutazione saggia ma certo molto difficile, contribuisce alla nascita del mito di Shackleton. Appena tre anni dopo, Robert Scott e il suo gruppo perirà infatti al Polo Sud, sfiniti dopo avere proseguito ad oltranza nella marcia sul ghiaccio ben oltre le proprie forze e rifornimenti. Per quanto la spedizione della Nimrod sia stata un mezzo fallimento, visto il mancato raggiungimento dell’obiettivo principale, in madrepatria viene invece considerata un grande successo. Al suo ritorno, Shackleton è nominato cavaliere dal re Giorgio V e viene insignito di vari titoli onorari. Il 14 dicembre 1912 il Polo Sud è conquistato da Roald Amundsen; anche Scott ci arriva, ma dopo, e come già visto perisce coi suoi compagni sulla via del ritorno. Shackleton concepisce allora un nuovo progetto. Tornare in Antartide ma questa volta per attraversare il continente da un capo all’altro, con l’Union Jack, anglo-irlandese di famiglia e molto britannico nei sentimenti. Di nuovo, un lungo processo per trovare finanziamenti alla spedizione, che questa volta si basa su due navi: una, dove sarà il suo gruppo, andrà nel Mare di Weddell, da dove partirà poi il gruppo di terra; l’altra, con un secondo gruppo che fornirà appoggio logistico per la seconda parte della lunga marcia attraverso il continente, andrà nel Mare di Ross, cioè nella regione dove già ebbero luogo tutte le spedizioni britanniche precedenti. Shackleton recluta gli equipaggi dei quali faranno parte anche compagni di viaggi precedenti. Si narra che pubblichi un avviso su Times che recita: “Cerchiamo uomini per viaggio pericoloso. Salario basso, freddo pungente, lunghi mesi di buio totale, costante pericolo”. Rispondono in 5000, comprese tre donne, tre sportive americane, che però non vengono ammesse all’intervista. Verranno scelti 56. La nave principale viene ribattezzata Endurance, la seconda sarà l’Aurora. La spedizione molla gli ormeggi ai primi di agosto del 1914 da Plymouth. È la vigilia della Prima guerra mondiale e Shackleton è titubante a partire in un momento tanto delicato per il suo Paese, ma Churchill, allora Primo Lord dell’ammiragliato, dà il via libera alla spedizione. Troppo nota ormai per entrare in dettagli, la spedizione si tramuta in una delle più drammatiche avventure polari dell’epoca moderna e che consegnerà Shackleton alla leggenda. L’Endurance rimane intrappolata nella banchisa polare il 19 gennaio 1915 e il 27 ottobre, stritolata dai ghiacci (Fig. 2), la nave deve essere abbandonata e i membri della spedizione si accampano sulla banchisa.
Fig. 2. L’Endurance bloccata nei ghiacci.
Lucidamente Shackleton comprende la situazione e le decisioni che devono esser prese. Non c’è nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, nessuna di informare l’altra parte della spedizione, sull’Aurora, che ignara di tutto si appresta intanto a fare la sua parte di progetto. “Dobbiamo affrontare la possibilità di dover restare qui, senza sostegno, per due anni. Non possiamo aspettarci il salvataggio prima di allora, quindi dobbiamo conservare ed economizzare ciò che abbiamo, e dobbiamo cercare e applicare i sostituti che possiamo raccogliere” afferma Shackleton. Il 21 novembre 1915, 281 giorni dopo l’incagliamento la nave affonda. È anche l’epilogo fatale per gli animali della spedizione, cani e un gatto, Mrs Chippy. Si cerca di raggiungere le acque libere ma Il tentativo di trascinare a mano le scialuppe sul ghiaccio dopo una dozzina di chilometri sulla banchisa si rivela uno sforzo futile. A dicembre viene stabilito Patience camp dal Boss, come ora chiamano Shackleton: sarà la casa della spedizione per tre mesi e mezzo, in attesa dello scioglimento del ghiaccio. Il 9 aprile 1916 inizia la difficile navigazione delle scialuppe verso Elephant Island che verrà finalmente raggiunta il 15 aprile. Sono già da 15 mesi sulla banchisa e la situazione comunque è assai precaria. Shackleton decide che un piccolo gruppo di sei persone salperà da Elephant Island per tentare di raggiungere la Georgia del Sud, dove sperabilmente incontreranno qualche stazione baleniera. Viene approntata per questo viaggio disperato e rocambolesco la scialuppa chiamata James Caird che cercherà di coprire i 1,253 km che li separano dalla Georgia del Sud (Fig. 3).
Fig. 3. L’epico viaggio della Caird verso la Georgia del Sud.
Con rudimentali sistemi di navigazione, scarsi viveri, mare tempestoso e temperature glaciali, la baia King Haakon viene infine raggiunta il 10 maggio 1916. Le prove terribili, tuttavia, non sono ancora finite: la stazione è situata sull’altro versante dell’isola e Shackleton insieme a due compagni scala in 36 ore la Catena Allardyce, che supera i 2000 metri, mai prima di allora attraversata da esseri umani. Un’impresa alpinistica ancora oggi unica e che ha meritato al percorso di 48 chilometri aperto dal Boss, il nome di Shackleton traverse. Il 20 maggio 2016 alle tre del pomeriggio, laceri e stanchi, gli esploratori arrivano alla stazione baleniera di Stromness. “Chi siete?” domanda il sovrintendente Thoralf Sorlle. “Il mio nome è Shackleton”. Ci vogliono altri tre lunghi mesi durante i quali Shackleton si reca in Sud America alla ricerca di una nave per tornare a recuperare gli uomini lasciati a Elephant Island. Trova infine un battello, Yelcho, e un valente comandante cileno, Luis Pardo Villalón, e finalmente il 30 maggio 1916 ritorna ad Elephant Island. Con sollievo scopre che sono tutti in buona salute dopo quattro mesi. Tutto l’equipaggio dell’Endurance è sopravvissuto all’ordalia polare e il merito principale è certamente di Shackleton. Nei mesi successivi capitano molte cose. Shackleton si dedicherà all’Aurora e scoprirà che tre membri di quella parte della sua spedizione, Hayward, Spencer-Smith e il capitano Aeneas Mackintosh, sono purtroppo morti. Shackleton rientrerà in patria nel gennaio 1917.
L’Europa è devastata dalla guerra ancora in corso. I nuovi eroi sono ora i soldati delle trincee, i combattenti in mare, nei cieli. Non c’è più posto ormai per gli eroi romantici dell’esplorazione di terre lontane. Shackleton sigilla un’epoca eroica che non avrà in realtà veri epigoni. Alcuni dei sopravvissuti all’epopea dell’Endurance periranno in combattimento dopo poche settimane o mesi dal rientro in patria. Shackleton cerca di rendersi utile dal punto di vista bellico per organizzare, col grado di Maggiore dell’esercito, un contingente militare che dovrebbe combattere in area artica nella zona di Murmansk, ma la fine delle ostilità non gli permetterà di entrare in azione. Cercherà una nuova occasione di esplorazione polare con la spedizione Shackleton-Rowett del 1921-1922, utilizzando la Quest e portando con sé alcuni dei veterani dell’Endurance. Giunto in Georgia del Sud, a Grytviken, il Boss morirà improvvisamente d’infarto il 5 marzo 1922. Per volere della moglie, Lady Emily, Sir Ernest Shackleton viene tumulato nell’isola dove oggi la sua tomba è marcata da una semplice lapide di pietra.
2. L’eredità
Shackleton ha intercettato la storia, incrociando gli ultimi giorni dell’eroica esplorazione dell’Antartide con il mondo che emerge dallo scempio della Prima guerra mondiale che cambia profondamente i precedenti paradigmi culturali e sociali.
Mai veramente dimenticata per via dei tanti scritti suoi e su di lui e il fascino che l’Antartide esercita nel nostro immaginario, la figura eroica di Shackleton è tornata prepotentemente in ribalta anche in tempi recenti. Francobolli di tanti paesi lo ritraggono o si riferiscono alle sue spedizioni (Fig. 4), come pure monete, oggetti di abbigliamento, liquori. Un aereo, l’Avro 696 Shackleton, la nave polare Shackleton del British Antarctic Survey, ora divenuta italiana col nome di Laura Bassi, film, piece teatrali e canzoni, compresa una, Shackleton, di Franco Battiato. E, quasi un caso del destino, a cento anni dalla sua morte, il 9 marzo 2022, la mitica Endurance è stata ritrovata da un robot sottomarino del Falkland Maritime Heritage Trust nella sua gelida tomba nel Mare di Weddell, ad oltre 3000 metri di profondità.
Fig. 4. La vita di Shackleton nei francobolli delle Isole Falkland.
E un anno dopo anche il relitto della Quest, l’ultima nave di Shackleton, rimasta in servizio fino al 1962, è stato rintracciato a 39 metri di profondità al largo delle coste del Labrador dalla Royal Canadian Geographical Society. Oltre ad essere annoverati spesso nel patrimonio storico-culturale dell’Antartide, e come tali opportunamente protetti dalle istituzioni, i luoghi di Shackleton sono oggi anche meta di spedizioni turistiche. Anche chi scrive ha potuto visitare più volte le capanne storiche dei campi base a Hut Point e Cape Royds sull’isola di Ross, in occasione dei progetti internazionali di ricerca Cape Roberts e Andrill che hanno avuto luogo proprio nella Terra Vittoria. Ha inoltre visitato i luoghi dell’odissea di Shackleton, Elephant Island e Georgia del Sud, come membro dell’E-Team (Exploratory Team: Fig. 5) imbarcato sulla nave Marco Polo. Intatta nel suo fascino dopo oltre un secolo, la leggenda di Shackleton, del Boss, rimane imperitura.
Fig. 5. L’E-Team della Marco Polo di fronte a Elephant Island nel 2005.
Ringraziamenti
Questo articolo è dedicato alla memoria di Nev Jones e Chris Wilson, E-Team. Ringrazio Stefano Schiaparelli per l’invito a presentare al Palazzo Ducale “La storia di Shackleton, in immagini e memorie: sulle orme dell’esploratore un secolo dopo” in occasione dell’evento “L’Antartide a Genova” del 2022; Gian Battista Vai e l’Accademia delle Scienze di Bologna per il ciclo di incontri su “La terra e la sua storia” del 2024. Un cordiale ringraziamento va a tutti i membri dell’E-Team (imbarcato sulla nave Marco Polo: M. Blakeslee, K. Burke, L. DeLeiris, P. Hillary, N. Johnson, B. Jones, N. Jones, R. Kirchner, R. Lindblad, A. Morgan, A. Wilson, C. Wilson, D. Taylor), e a Barbara Gualandi per l’esplorazione in Georgia del Sud.
Infine si ringrazia il referee anonimo per aver contribuito a migliorare la presentazione del testo.
1 Tutte le immagini sono pubblicate a colori nell’edizione online degli Annales.