Neutralità climatica e transizione energetica: il ruolo delle città intelligenti e delle comunità energetiche

Carlo Alberto Nucci

Ordinario di Sistemi elettrici per l’energia presso l’Università di Bologna, Dipartimento di Ingegneria dell’Energia elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” – DEI; Rappresentante nazionale EU Mission ‘Climate-Neutral and Smart Cities’; Accademico Benedettino

Abstract

The objective of achieving global climate neutrality/energy transition with a focus on cities, energy production, and consumption is discussed. Europe aims to support 100 cities in becoming climate neutral by 2030 through the Mission Climate Neutral and Smart Cities, fostering innovation and setting 100 examples for other cities to achieve climate neutrality by 2050. To assist the selected cities, Europe plans to help with financial tools, regulatory measures, and a Climate City Contract. The ongoing high consumption of fossil fuels requires efforts to enhance the efficiency of existing power plants and transition to less polluting fossil fuel sources. The use of renewable sources like solar, wind, and hydroelectric power is increasingly crucial. Differentiation (fossil and renewables, sources and technological solutions) and gradual electrification of various sectors are considered a key strategy for the energy transition. Hydrogen and nuclear energy research are also seen as essential elements for a diversified energy strategy. Renewable energy communities of prosumers, encouraged by European directives, could potentially generate 20% of city energy consumption by 2030, highlighting the significance of electrical systems and smart grids in this context.

 

1. La città intelligente o smart city

1.1 Definizione

L’Unione Europea fornisce la seguente definizione di smart city [1]:

Una smart city o città intelligente è un luogo in cui i servizi tradizionali sono resi più efficienti grazie all’impiego di tecnologie digitali – dell’informazione e della comunicazione (ITC) – a beneficio dei suoi abitanti e delle imprese. Una smart city va oltre l’uso delle tecnologie digitali per un migliore utilizzo delle risorse e minori emissioni. Significa reti di trasporto urbano più intelligenti, impianti di approvvigionamento idrico e di smaltimento dei rifiuti migliorati e modi più efficienti per illuminare e riscaldare gli edifici. Significa anche un’amministrazione cittadina più interattiva e reattiva, spazi pubblici più sicuri e soddisfare le esigenze di una popolazione che invecchia.

È naturalmente contemplato e previsto l’uso di big data e di tecnologie IOT (Internet of Things), così come la disponibilità di set di dati aperti, interconnessi e condivisi su tutto l’eco-sistema della città, in grado di abbattere barriere e generare maggiori conoscenze del sistema città. La missione EU Climate Neutral and Smart Cities [1], di cui si dirà più diffusamente in 3.2, considera l’innovazione della città non solo di pertinenza tecnologica, ma anche legata agli aspetti sociali, creativi, organizzativi e finanziari necessari per trasformare le città. Si ritiene utile fornire un’altra definizione, più sintetica, e che sottolinea l’importanza del capitale umano.

È una città in cui la pianificazione e trasformazione urbanistica delle infrastrutture è tesa all’ottimizzazione/digitalizzazione ed innovazione dei servizi pubblici al fine da mettere in relazione le infrastrutture delle città con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita e rendere la città eco-sostenibile. Ciò è reso possibile grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie dell’energia, della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni.

1.2 Perché le città (e in particolare le città smart)

Le città coprono circa il 3% del suolo del pianeta, ma rappresentano più di 65% dei consumi energetici e producono oltre il 70% di tutte le emissioni globali di gas serra. Le città stanno crescendo rapidamente; in Europa, occupano solo il 4% della superficie terrestre dell’UE, ma vi abitano il 75% dei cittadini, e si stima che entro il 2050 quasi l’85% degli europei vivrà in città.

Le città sono anche il laboratorio in cui le strategie di decarbonizzazione dell’energia, dei trasporti, degli edifici e persino dell’industria e agricoltura coesistono e si intersecano. La densità di infrastrutture e del loro uso è maggiore nelle città, c’è quindi anche una maggiore integrazione intersettoriale e presenza d’infrastrutture complesse come, ad esempio, le reti intelligenti (smart grid), da sempre ritenute un importante fattore abilitante per la implementazione del concetto di smart city (implementazione che in alcuni settori ha subito una accelerazione a causa del COVID-19, come evidenziato nei più recenti convegni internazionali sul tema Smart City, e.g. https://attend.ieee.org/isc2-2021/).

Chi scrive condivide quindi pienamente il concetto espresso dalla UE che il problema della decarbonizzazione debba essere affrontata nelle città, per le ragioni soprammenzionate. Sul territorio italiano, caratterizzato da ampie differenze di zone climatiche a causa dello sviluppo geografico longitudinale della penisola, le aree urbane sono spesso costruite intorno a un centro città con un nucleo medievale e rinascimentale, con grandi distretti che includono il patrimonio mondiale dell’UNESCO, ad es. edifici e monumenti, spesso ereditati dalla civiltà romana e greca. Ciò comporta problemi più complessi riguardo le soluzioni possibili per le infrastrutture energetiche e di trasporto. Sebbene tenda a ridursi progressivamente, la differenza dei redditi medi nelle diverse regioni del paese è ancora significativa e questo si riflette nelle caratteristiche delle 14 aree metropolitane stabilite lungo il Paese. Una tale varietà di impostazioni e obiettivi rappresenta una delle sfide da affrontare nella sperimentazione di soluzioni nuove e affidabili, insieme all’innovazione tecnologica e sociale.

Inoltre, il nostro Paese è anche periodicamente minacciato da eventi naturali (attività sismica, eruzioni vulcaniche, inondazioni…), che devono essere considerati nella pianificazione di qualsiasi implementazione di tecnologia intelligente, che a sua volta deve far fronte anche al concetto di resilienza.

Siamo infine convinti che, in questo contesto, dovrebbero essere coinvolte anche città a basso reddito con aree socialmente complesse, al fine di evitare che la neutralità carbonica e le città intelligenti vengano percepite come un tema d’élite per i cittadini d’élite.

 

2. La neutralità climatica e le emissioni serra

2.1 Definizione

Neutralità del clima, o emissioni (serra) zero o neutralità carbonica, consistono nel raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni serra e l’assorbimento di carbonio. Questo può essere realizzato investendo nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica o in altre tecnologie. Un modo per ridurre le emissioni e raggiungere la neutralità carbonica consiste nel compensare le emissioni prodotte in un settore riducendole in un altro. Il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE è un esempio di schema per la compensazione delle emissioni di carbonio.

2.2 Panoramica sulle emissioni globali e nazionali

Vi sono alcuni osservatori, disseminati in alcuni luoghi strategici del globo, grazie ai quali viene monitorata la concentrazione di CO2. In Fig. 11 è mostrato l’andamento dal 1960 sino ai giorni nostri della concentrazione di anidride carbonica rilevata a Mauna Loa nel Pacifico [2, 3].

È interessante determinare quali sono le attività antropiche più responsabili di tali emissioni. In Fig. 2 è mostrata la percentuale gas serra rispetto a un totale di circa 50 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 ascrivibile ad ogni settore, per l’anno 2016. Negli anni seguenti, a livello globale le emissioni sono complessivamente aumentate di qualche punto percentuale sino al 2019, per poi subire una lieve contrazione dovuta alla pandemia.

Fig. 1. Concentrazione di anidride carbonica misurata presso l’osservatorio di Mauna Loa dal 1960 all’anno 2022. La curva rossa rappresenta i valori medi mensili, centrati sulla metà di ogni mese. La curva nera rappresenta la media mobile epurata dalle variazioni stagionali. (Mod. da [2, 3]).

Fig. 2. Emissioni globali di gas serra per settore nell’anno 2016. (Mod. da [4]).

È l’uso dell’energia negli edifici, nei trasporti, e nell’industria che determina la maggior parte di produzione di gas serra, quasi i tre quarti. Questo perché l’energia usata per riscaldare ed illuminare gli edifici, per muovere i mezzi di locomozione e di trasporto merci e per svolgere le attività industriali proviene in gran parte da fonte fossile. L’industria del cemento e di alcuni prodotti chimici viene enucleata nella Fig. 2 in quanto per alcuni settori industriali, come quello della produzione del cemento, la produzione di CO2 non è eliminabile anche se l’energia impiegata provenisse da fonte rinnovabile. Non è questo il caso dell’energia impiegata negli edifici, nei quali se il riscaldamento, il raffrescamento e l’illuminazione fossero conseguiti tramite, ad esempio, energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, la produzione di gas serra risulterebbe azzerata.

Nel nostro paese, in virtù dei diversi provvedimenti che sono stati adottati per abbattere le emissioni, in linea con quanto l’Europa richiede ai propri Stati membri, le emissioni si sono invece ridotte di alcuni punti percentuali [5].

 

3. La Mission Climate Neutral and Smart Cities

3.1. Le Missioni EU

In parte ispirate dalla missione Apollo 11 di portare un uomo sulla luna, le Missioni europee di ricerca e innovazione mirano a fornire soluzioni ad alcune delle più grandi sfide che l’umanità deve affrontare. Lo scopo delle Missioni prevede, oltre all’utilizzo dei programmi di Ricerca e Sviluppo, anche la messa a sistema di diversi strumenti finanziari e eventuali interventi normativi dettati dalle indicazioni raccolte sul terreno (enti locali e cittadini) in un approccio che viene definito bottom-up [1].

Le Missioni sono 5, una per ognuna delle seguenti aree (la denominazione originale, in inglese, è in italico):
1. Cancro (Cancer) 🠒 lottare contro il cancro
2. Adattamento ai cambiamenti climatici incluso la trasformazione sociale (Adaptation to climate change including societal transformation) 🠒 adattarsi ai cambiamenti climatici
3. Oceani sani, mari, acque costiere e interne (Healthy oceans, seas coastal and inland waters) 🠒 proteggere i mari e le acque del pianeta
4. Neutralità climatica e città intelligenti (Climate-neutral and smart cities) 🠒 raggiungere la neutralità climatica e vivere in città più ecosostenibili e ”intelligenti”
5. Salute dei terreni e del cibo (Soil health and food) 🠒 assicurare la salute dei suoli per tutelare quella di alimenti e persone

3.2. La Missione “100 Climate-neutral cities by 2030 – by and for the citizen”

La Mission viene descritta dal suo scopo: “Sostenere, promuovere e dare visibilità a 100 città europee nel loro processo di trasformazione verso la neutralità climatica entro il 2030, e trasformare queste città in poli di sperimentazione e innovazione per tutte le città, diventando esempi e guide nel contesto dell’European Green Deal che l’Europa ha intrapreso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050” [1].

Vi sono alcuni passi/obiettivi rilevanti per raggiungere tale scopo

– costruire un processo multilivello e co-creativo formalizzato in un Climate City Contract (di cui diremo in seguito) che, pur adeguato alle realtà di ogni città, punterà allo scopo della missione;
–  promuovere un processo che porti i cittadini a diventare “agenti di cambiamento” attraverso iniziative di tipo bottom-up e attraverso nuove forme di governance
–  aiutare le città ad accedere ai mezzi finanziari per realizzare lo scopo della Mission tramite i fondi di Horizon Europe, Fondi strutturali e di investimento europei, i Just Transition Funds, InvestEU, gli strumenti di Next Generation EU e altri fondi UE.
Per affrontare la sfida della neutralità climatica, la Missione propone un processo di co-creazione multilivello attraverso l’introduzione del suddetto Climate City Contract, il cui scopo è

a)  esprimere l’ambizione e l’impegno di tutte le parti coinvolte negli obiettivi della Missione,
b)  identificare i gap relativi alle politiche ed alle strategie di implementazione come base per una strategia per transizione verso la neutralità climatica e l’implementazione del modello di smart city,
c)  coordinare le parti interessate e responsabilizzare i cittadini intorno agli obiettivi comuni,
d)  coordinare le autorità nazionali/regionali e dell’UE allo scopo di fornire il quadro legale, di governance e finanziario necessario per il sostegno di ogni città,
e)  creare uno “sportello unico” per le negoziazioni multilivello allo scopo di facilitare l’azione della città per la transizione.

Ogni City Contract dovrà includere lo scopo e gli obiettivi, specificare il piano d’azione ed il piano di investimenti per realizzare la transizione e identificare le parti interessate e le responsabilità degli attori coinvolti. Il contratto non è inteso come un documento chiuso che vincola legalmente una città ad una unica linea di condotta fino al 2030. L’idea principale è creare un documento in continua evoluzione sulla base delle richieste (live and demand-driven) che mette le città al centro del processo di trasformazione e determina – sotto forma di ecosistemi locali – il loro ambito, attività e tempistica. Una parte centrale del contratto dovrebbe riguardare lo sblocco dei driver alla trasformazione. La Missione dà la priorità a cinque fattori principali: i) nuove forme di governance partecipativa, ii) nuovi modelli economici e di finanziamento, iii) pianificazione urbana integrata, iv) tecnologie digitali e v) gestione dell’innovazione. Poiché la governance multi-livello è un elemento indispensabile per il successo della Missione, il contratto sarà firmato idealmente dal governo locale, dalla Commissione Europea e dalle rispettive autorità nazionali o autorità regionali. La maggior parte dei quadri politici, regole, regolamenti e standard che saranno necessari alle città per il complesso sforzo tecnico, finanziario e sociale di raggiungere la neutralità climatica proverranno dai livelli regionali/nazionali o europei, così come dipenderà da tali livelli di governance anche il finanziamento relativo. In tale contesto, le autorità nazionali e regionali possono svolgere un ruolo fondamentale nel trasferimento delle conoscenze e nell’attività di replica durante la condivisione, nel comprendere e definire le condizioni comuni in tutte le città di un paese o di una regione.

Fig. 3. Il “Mission Climate Neutral and Smart Cities framework”. (Mod. da [6]).


Le cento città selezionate sono state rese note il 28 aprile 2022.2 Tra esse figurano le nove città italiane di Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Le città partecipanti sono incoraggiate a progettare e implementare un modello multi-settoriale di governance in cui saranno gli stakeholder locali, come imprese, università e la società civile a far parte del City Contract e a contribuire alla sua progettazione e implementazione nelle città. Allo stesso modo, stakeholder regionali o nazionali potenzialmente in grado di garantire il successo del contratto (e.g. aziende regionali di trasporto, produttori nazionali di energia, istituti di ricerca nazionali ecc.) dovrebbero essere incoraggiati a aderire dal firmatario competente regionale o nazionale. Le strategie regionali di specializzazione intelligente e il loro collegamento con la politica di coesione della UE possono fungere da modello su come impostare la summenzionata governance multisettoriale con forti componenti di R&I e di politiche di finanziamento, adattandosi alle condizioni e ai punti di forza locali.
La Missione prevede una governance multi-stakeholder tra le città, con l’aiuto di servizi già offerti da progetti in corso3, che dovrebbe assumere due forme: i) un raggruppamento sistematico sotto forma di cluster delle città che hanno firmato un contratto e che condividono le stesse condizioni locali e vogliono risolvere sfide comuni o creare economie di scala; ii) La collaborazione con le città che non hanno firmato un contratto, cioè le centinaia di città europee che intendono trarre ispirazione, imparare e replicare le idee e le soluzioni che sortiranno dalla implementazione della Mission.

La Fig. 3 illustra i principali attori coinvolti nella mission: comunità d’affari, comunità accademica, città, autorità nazionali e regionali, gli enti proposti ai finanziamenti, gli organismi di normazione internazionali, le interazioni tra di loro, la Commissione Europea, ed il loro coinvolgimento nella preparazione del climate city contract.

4. La transizione energetica

4.1. Produzione e consumi di fonti energetiche

La tradizione scientifica e tecnologica italiana, di prim’ordine nelle aree tecniche previste dalla Mission in questione, rappresenta un asset fondamentale per sviluppare soluzioni orientate al futuro sopra menzionato: è ragionevole prevedere che le direttive del Clean Energy Package for All Europeans [7] possano quindi essere implementate con successo in parecchi distretti metropolitani, città e conglomerati. Lo confermano le importanti partecipazioni ai partenariati europei su città e comunità intelligenti (EN-SCC and EIP-SCC) e nella Covenant of Majors for Climate and Energy, oltre ai numerosi progetti Climate-KIC Italy demonstrator4. È un punto di partenza importante, data la situazione attuale riguardo i consumi di fonti di energia primaria dell’area europea, per circa il 70% ancora da fonti fossili, come mostrato in Fig. 4.

Fig. 4. Consumo % di fonti di energia primaria per regione al 2020. (Mod. da [8]).

Fig. 5. Produzione e consumo di gas per regione in miliardi di metri cubi. (Mod. da [9]).

Fig. 6. Andamento del consumo di energia primaria per fonte, negli anni 2011, 2019 e 2021. Others: comprende il nucleare e le biomasse tradizionali. (Mod. da [10]).

Tra le fonti fossili, la più impiegata in Europa è il gas, che peraltro l’Europa ha tradizionalmente importato per buona parte dei propri fabbisogni da altri paesi, tra cui la Russia, la Norvegia, l’Algeria con percentuali che hanno subito recentemente notevoli variazioni in seguito alla guerra Russia-Ucraina. L’Italia, che tra gli stati membri dell’Unione è quello con maggior dipendenza da forniture straniere di gas, oltre il 40%, dal 2021 al 2022 ha ad esempio diminuito di oltre il 60% la propria fornitura dalla Russia, aumentato di oltre il 230% quella dal nord Europa, di oltre il 40% quella dall’Azerbaigian, e di quasi 50% quella di gas naturale liquefatto [8].

In Fig. 5 è mostrato l’andamento della produzione e del consumo di gas per regione in miliardi di metri cubi per regione, dal 1995 al 2020, che conferma la summenzionata dipendenza dell’Europa da altri paesi riguardo l’approvvigionamento di gas naturale.
Interessante poi riportare, a conclusione del presente paragrafo la evoluzione negli ultimi dieci anni del consumo mondiale di energia primaria per fonte [10] (Fig. 6).

Della importanza e significatività di questi dati si tratterà nelle conclusioni.

 

4.2. I piani PNIEC e PNRR

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) 2030 è uno strumento fondamentale che segna l’inizio di un importante cambiamento nella politica energetica e ambientale del nostro Paese verso la decarbonizzazione.

Il Piano si struttura in 5 linee d’intervento, che si svilupperanno in maniera integrata: dalla decarbonizzazione all’efficienza e sicurezza energetica, passando attraverso lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della competitività.

L’obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale e accompagni tale transizione (v. Tab. 1).

Il Piano Nazionale Italiano di Ripresa e Resilienza, PNRR (https://www.mise.gov.it/it/pnrr/piano) profila un futuro aggiornamento degli obiettivi sia del piano nazionale integrato energia e clima, sia della strategia di lungo termine per la riduzione delle emissioni dei gas effetto serra, per riflettere i mutamenti nel frattempo intervenuti in sede europea, a cui è dedicato il paragrafo seguente.

 

Tab. 1. Principali obiettivi energia e clima dell’UE e dell’Italia al 2020 e al 2030. (Mod. da [11]).

 

Si ritiene utile menzionare che nell’ambito della Missione 2, Componente C2 – Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, il PNRR prevede 2,2 miliardi di euro di finanziamenti per la promozione delle energie rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo. L’obiettivo dell’investimento legato alla necessità di recepire la Direttiva EU RED II, di cui si tratterà nella sezione 4.6, relativamente ad impianti di piccola taglia, che possono essere molto utili per accrescere l’accettazione dell’opinione pubblica e garantire la diffusione di progetti nell’ambito delle energie rinnovabili, in particolare a livello locale. L’attenzione si prevede quindi rivolta alla pubblica amministrazione, famiglie, a microimprese in comuni con meno di cinquemila abitanti che ne possano beneficiare in termini di sostegno all’economia, alla coesione sociale e alla povertà energetica.

 

4.3. Il Green Deal Europeo
Come noto, la Commissione Europea ha adottato con il Green Deal una serie di proposte per trasformare le politiche dell’UE in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, che ha dato luogo al fit-for-fifty five package. In questo contesto, il nuovo obiettivo per la quota di energia rinnovabile per il 2030 è stato fissato al 40%, mentre quelli in termini di efficienza energetica per il consumo di energia finale primaria al 36-39% [12]. Sono obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli della conferenza delle parti sul cambiamento climatico, la COP, rispettivamente a 40%, 32% e 32,5% [13].

 

4.4. Ruolo della elettrificazione

Da quando l’Europa e i suoi stati membri si diedero nel gennaio 2008 il noto obiettivo “20-20-20”, il settore elettrico italiano ha risposto in modo adeguato, al punto che nel 2019 il 39,4% della generazione elettrica totale è avvenuto attraverso fonti rinnovabili a cui, come riportano le pubblicazioni statistiche consultabili sul sito di Terna, è riconducibile al 31 dicembre 2021 il 48,4% del totale della capacità di produzione elettrica.

I settori termico e dei trasporti sono ancora saldamente dominati da fonti primarie di energia da combustibili fossili e la loro transizione elettrica, auspicata in più sedi, richiederà tempi lunghi; è comunque ragionevole ritenere che la rete elettrica sarà sempre più interessata da un costante espansione in termini di potenza prodotta e trasmessa, a causa dell’aumentare del fabbisogno di energia elettrica. Per il trasporto terrestre – escludiamo dal ragionamento la rete ferroviaria – è prevista una penetrazione sempre più significativa dei veicoli full-electric al punto che diverse fonti prevedono per l’Italia il raggiungimento del 30% al 2030;5 anche per il settore termico – facciamo qui riferimento essenzialmente al riscaldamento – per il quale l’impiego di pompe di calore alimentate da generatori elettrici da fonte rinnovabile ha costituito negli ultimi anni una prospettiva sempre più attraente anche alla luce degli incentivi recentemente introdotti [14], è ragionevole prevedere una progressiva, crescente transizione elettrica. A ciò ci aggiunge l’idrogeno verde, o quello blu, più economico – particolarmente adatti per i settori difficili da decarbonizzare e per le attività che richiedono elevato calore di processo – la cui produzione necessita di elettrolisi. Come strumento di accumulo energetico, rispetto ai sistemi elettrochimici, l’idrogeno presenta poi il vantaggio di potere immagazzinare grandi quantità per lunghi periodi, e può essere prodotto quando la rete elettrica non è in grado di accogliere la energia derivante da fonte rinnovabile (wind curtailment, e.g. [15]).

L’espansione e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, richiedono come noto una gestione ancora più intelligente della rete, sia per la aleatorietà della disponibilità di tali fonti di energia, sia per il fatto che, almeno per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici e la maggior parte di quelli eolici, la loro connessione alla rete avviene tramite inverter. Gli inverter non sono dotati dell’inerzia meccanica che invece posseggono le masse rotanti degli alternatori delle centrali termoelettriche e idroelettriche tradizionali, provvidenziale nel far fronte, almeno nella fase iniziale, agli squilibri tra la domanda di energia da parte degli utenti e la produzione delle centrali. Da ciò nasce la necessità di equipaggiarli con inerzia sintetica [16], mediante lo sfruttamento di sistemi di accumulo o di condensatori/super-condensatori.

La conseguente crescente complessità della gestione della rete elettrica richiede l’ampliamento delle relative infrastrutture ICT, da cui la popolare denominazione smart grid, rete intelligente. Nel futuro prossimo, si prevede che le smart grid dovranno far fronte non solo ai problemi tecnici precedentemente menzionati e alla necessità di aumentare l’efficienza del sistema, ma anche soddisfare una domanda crescente di energia spinta dalla transizione elettrica di altri settori, domanda rallentata solo recentemente dall’emergenza COVID-19. Il quadro è poi reso ancora più interessante se si tiene conto della crescente diffusione di generazione distribuita da fonte rinnovabile nelle reti di distribuzione, le più vicine agli utenti finali, che da semplici consumer, consumatori, si stanno trasformando in prosumer, produttori-consumatori. La infrastruttura ICT relativa alla rete elettrica non è più quindi prerogativa essenziale della sola rete di trasmissione e subtrasmissione, ma sta estendendosi in modo sempre più capillare sulla rete di distribuzione sino agli utenti finali di bassa tensione.

È infine ragionevole prevedere che le unità di accumulo di energia, in grado di rendere più flessibile la gestione della generazione distribuita da fonte rinnovabile, vedranno una crescente, capillare diffusione soprattutto a livello di rete di distribuzione. Ciò sta avvenendo grazie alla diminuzione del costo dei sistemi elettrochimici che si stanno affiancando, aumentando progressivamente la propria importanza, al tradizionale accumulo di tipo idroelettrico. La crescente diffusione dei veicoli elettrici se da un lato rappresenta un ulteriore carico che la rete elettrica dovrà essere in grado di soddisfare, dall’altro offre l’opportunità rappresentata dagli accumulatori a bordo di essi, che possono costituire una interessante provvista di energia per la rete quando connessi alla rete mediante sistemi di ricarica bidirezionale, soprattutto se la produzione di energia elettrica avviene mediante fonte rinnovabile.

 

4.5. La smart grid e lo smart energy system

Il contesto sopra brevemente delineato, offre più di un elemento per giustificare quanto gli addetti ai lavori sostengono da alcuni anni, cioè che la smart grid costituisce l’enabler per eccellenza per l’implementazione del concetto di smart city soprattutto con riferimento alla sostenibilità energetica. Grazie alle tecnologie ICT, le reti elettriche, termiche e del gas dovrebbero poi essere gestite in modo coordinato al fine di sfruttarne le sinergie, il che rappresenta una delle sfide tecniche più interessanti per la smart city, alla quale si aggiunge la considerazione che poche aree di ricerca e sviluppo richiedono una collaborazione stretta e frequente tra ricercatori con interessi diversi e complementari come l’area della smart city [17].

La smart grid è quindi lo strumento principale per realizzare i cosiddetti smart energy systems che prevedono l’integrazione del sistema energetico. È l’integrazione del sistema energetico, realizzabile grazie alla pianificazione e al funzionamento coordinati del sistema energetico nel suo complesso, che contiene più vettori energetici, infrastrutture e settori di consumo, la strada che può portare a una decarbonizzazione dell’economia in linea con l’accordo di Parigi e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Secondo la “EU Energy System Integration Strategy” [18] l’integrazione del sistema energetico si deve sviluppare secondo tre concetti complementari e sinergici:
• un sistema energetico più circolare, imperniato sull’efficienza energetica, in cui sia data priorità alle scelte meno energivore, siano riutilizzati a fini energetici i flussi di rifiuti inevitabili e siano sfruttate le sinergie in tutti i settori;
• una maggiore elettrificazione diretta dei settori d’uso finale, per esempio utilizzando pompe di calore per il riscaldamento degli ambienti o per processi industriali a bassa temperatura, veicoli elettrici nel settore dei trasporti o forni elettrici in determinati settori;
• l’uso di energie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, compreso l’idrogeno e/o i suoi derivati, per applicazioni d’uso finali in cui il riscaldamento o l’elettrificazione diretti non sono realizzabili, o insufficienti dal punto di vista tecnico/economico.

Uno smart energy system dovrà garantire un approccio multidirezionale in cui i consumatori svolgono un ruolo attivo nell’approvvigionamento energetico (prosumer), immettendo in rete, ad esempio, l’energia elettrica che producono individualmente o in quanto parte di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER).

Al tempo stesso lo smart energy system deve essere in grado di ottimizzare i rendimenti tecnici delle reti energetiche interconnesse e all’interno di ogni sottorete.
Per la realizzazione di uno smart energy system alcuni punti risultano quindi imprescindibili:
• applicare sistematicamente il principio dell’efficienza energetica prioritariamente in tutto il sistema energetico;
• utilizzare in modo sufficiente e adeguato nei nostri edifici e nelle nostre comunità le fonti di energia locale (ad esempio il riutilizzo del calore di scarto proveniente da siti industriali, centri dati o altre fonti);
• utilizzare il potenziale, sovente non sfruttato, delle acque reflue e dei residui e rifiuti biologici per la produzione di bioenergia.

Per integrare il sistema energetico in modo efficace ed utilizzare al meglio le infrastrutture esistenti e prevenire la dipendenza da fonti di energia specifiche, occorre aumentare il numero di connessioni fisiche tra i diversi vettori energetici.6 Occorre quindi un nuovo approccio olistico per la pianificazione delle infrastrutture sia su vasta scala sia a livello locale, che includa la protezione e la resilienza delle infrastrutture critiche. La pianificazione delle infrastrutture dovrebbe agevolare l’integrazione dei vari vettori energetici, consentendo di scegliere tra lo sviluppo di nuove infrastrutture o la conversione di quelle esistenti, e dovrebbe prendere in considerazione le alternative rese possibili dal demand control e dai sistemi di accumulo.

Nel settore industriale, più del 60% dell’energia consumata è sotto forma di calore. Le pompe di calore industriali possono quindi contribuire alla decarbonizzazione dell’approvvigionamento di calore a bassa temperatura nelle industrie e possono essere associate al recupero del calore di scarto.

La infrastruttura ICT, potenziata quindi dalla penetrazione delle fonti rinnovabili nella rete di distribuzione, la progressiva elettrificazione di alcuni settori, la disponibilità di smart-device da parte di consumer e prosumer, ed il rapido diffondersi di app in grado di mettere tali dispositivi in comunicazione con le infrastrutture [19], potrà essere utilmente impiegata per la gestione della smart city. Un esempio convincente di quanto sopra affermato è rappresentato dalle cosiddette Comunità energetiche.

4.6. Le Comunità energetiche

Nel 2018 e 2019, l’Unione Europea ha approvato pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei”, il summenzionato Clean Energy Package (CEP) [7] (noto anche come Winter Package), composto da quattro regolamenti e quattro direttive che regolano temi energetici, tra cui: prestazioni energetiche negli edifici, efficienza energetica, energie rinnovabili, mercato elettrico.7 L’Europa con il cosiddetto Winter Package si è fatta quindi promotrice di una richiesta agli stati membri di un ripensamento dei quadri regolamentatori tale da determinare un maggiore coinvolgimento dei cittadini, grazie al ruolo dei prosumer e delle comunità energetiche nel mercato elettrico. Due sono le direttive di maggiore interesse in tal senso: la già menzionata Direttiva Rinnovabili (RED II) [20], e la Direttiva Mercato Elettrico (IEM) [21]. Le Direttive invitano gli Stati Membri a normare e promuovere soluzioni legate a: Autoconsumatori, Autoconsumo collettivo e Comunità Energetiche, e ad ognuna di esse fa riferimento un tipo di comunità energetica.

La sfida della transizione ecologica pone oggi i cittadini e i governi fronte a diverse questioni, tra cui i) la crisi energetica, con l’enorme aumento dei prezzi del gas e dell’energia elettrica che si è verificato tra il 2021 e il 2022, causato da fattori congiunturali, in particolare l’invasione russa dell’Ucraina, e da fattori strutturali; ii) la crisi sociale causata dell’impatto di questi aumenti sulla povertà energetica; iii) la crisi ecologica, spesso sinteticamente richiamate con il termine trilemma dell’energia (sostenibilità ambientale, accessibilità economica e affidabilità dell’approvvigionamento energetico), e.g. [22-24].

Un contributo non trascurabile su tutti e tre questi fronti può derivare dalla nascita delle comunità energetiche, incentivata nel PNRR da un fondo di 2,2 miliardi di euro. Con le comunità energetiche gruppi di cittadini e d’imprese possono creare vaste alleanze di pratica e diventare prosumer installando capacità produttiva da fonti rinnovabili e realizzando tre benefici: i) la riduzione del costo totale della bolletta (esclusi gli oneri di sistema) stimabile anche fino al 30%; ii) la vendita al gestore dell’energia per l’immissione in rete dell’eccedenza di energia prodotta e non autoconsumata; iii) gli incentivi legati alla energia condivisa per autoconsumo, fissati dalla Legge 8/2020 [25].

Le comunità energetiche8 sono associazioni di cittadini, attività commerciali o imprese per la produzione e la condivisione di energia elettrica da fonti pulite. Rappresentano secondo molti una possibilità che apre la strada a nuove opportunità di sviluppo per la transizione energetica del nostro Paese e rappresentano di fatto un esempio di smart district, in grado di trasformarsi in PED, positive energy districts. Se ne menzionano qui di seguito due tipi.

La Comunità dell’Energia Rinnovabile (CER) fa riferimento alla Direttiva RED II. Le CER sono un soggetto giuridico, aperto alla partecipazione dei cittadini, delle autorità locali e delle imprese (di piccole e medie dimensioni). Trattano solo fonti di energia rinnovabile, elettrica e termica. La partecipazione è di tipo volontario e può essere interrotta in qualsiasi momento mantenendo comunque i diritti di consumatore finale. In esse possono inoltre essere coinvolti altri attori del mercato come installatori, ESCo, manutentori, finanziatori ecc., senza che questi diventino necessariamente membri delle comunità; operano nel mercato dell’energia senza avere una prevalente finalità di lucro, con l’obiettivo di soddisfare esigenze di tipo ambientale, economico e sociale e, solo in ultima istanza, di profitto.

Il secondo tipo è la Comunità dell’Energia dei Cittadini (CEC), fa invece riferimento alla Direttiva IEM. Le CEC sono un soggetto aperto alla partecipazione aperta e volontaria dei cittadini, delle autorità locali e delle imprese (di piccole dimensioni – a differenza della CER sono escluse le medie imprese), i quali mantengono i propri diritti ed obblighi di cliente attivo (un cliente finale o un gruppo di clienti finali consorziati che consuma o conserva l’energia elettrica prodotta nei propri locali situati all’interno di un’area delimitata). La partecipazione può essere interrotta in qualsiasi momento; hanno lo scopo di offrire ai membri o al territorio benefici ambientali, economici o sociali anziché profitti finanziari. Queste comunità trattano solo energia elettrica, anche da fonte non rinnovabile, senza vincoli di prossimità, possono accedere ai mercati dell’energia, partecipare alla generazione, alla distribuzione, alla fornitura, al consumo, all’accumulo, ai servizi di efficienza energetica ed ai sistemi di ricarica per veicoli elettrici. Gli stati membri possono consentire che le CEC gestiscano, posseggano o comprino reti di distribuzione, e siano finanziariamente responsabili degli squilibri che apportano alla rete. Una città con un numero consistente di CER, e anche di CEC, ricalcherebbe quindi sotto numerosi punti di vista il modello di smart city previsto dalla Mission.

Le comunità energetiche con la loro potenzialità di ridurre il costo dell’energia per famiglie e imprese sono una soluzione al caro bolletta presente e futuro; accelerare il più rapidamente possibile il varo delle comunità energetiche si ritiene sia una componente necessaria nella strategia del paese verso la transizione ecologica, data anche la possibile partecipazione di esse al mercato, prevista dalla direttiva UE 2019/9446. Un altro aspetto significativo di questa tipologia è la sua capacità di risposta dal basso al problema energetico, creando associazioni tra diversi attori (amministrazioni comunali, diocesi, parrocchie, associazioni di terzo settore, piccole imprese, cittadini) per il bene comune.

Le CER si prevede possano incrementare l’autoconsumo di energia autoprodotta e contribuire in modo non trascurabile alla transizione ecologica, se, come auspicato in più sedi, entro il 2030 il 20% dell’energia consumata in una città provenisse da comunità energetiche. Considerando che il consumo di energia elettrica per una famiglia tipo in Italia è di circa 2700 kWh, si potrebbe arrivare ad evitare emissioni relative di circa 950 kg CO2 /anno. I punti chiave da salvaguardare sono il premio per l’autoconsumo e l’estensione del concetto di autoconsumo all’energia non prodotta e consumata istantaneamente ma accumulata in loco dalla comunità energetica e utilizzata successivamente. Il premio per l’autoconsumo, che rappresenta ad oggi la parte più significativa del beneficio, ha una sua ben precisa ratio. La transizione ecologica aumenterà, per quanto esposto in precedenza, i flussi di energia sulla rete elettrica determinando quindi oneri importanti di gestione ed investimenti e di riorganizzazione della stessa (smart grid). Un sistema di produzione geograficamente diffuso e partecipato composto da molti attori che autoconsumano ciò che producono localmente riduce la quota di energia prodotta che fluisce lungo le reti elettriche, riducendo il rischio di congestionamento e di disservizi e rendendo meno urgenti gli investimenti necessari al loro potenziamento.

Per consentire ai cittadini di modificare i modelli di consumo energetico e di passare a soluzioni che sostengano uno smart energy system [26], è poi essenziale che questi dispongano di informazioni chiare e facilmente accessibili. I clienti – cittadini e imprese – dovrebbero essere informati sui loro diritti, sulle opzioni tecnologiche disponibili, sulle emissioni di carbonio e sull’impronta ambientale associate, di modo che possano compiere scelte informate e guidare realmente la decarbonizzazione. Vi sono infatti limiti alle capacità degli attuali contatori “intelligenti” di nuova generazione, che non essendo dotati di SIM non permettono ai membri delle CER di scambiare dati in tempo reale o comunque utili per gestire in modo ottimale e indipendente i flussi energetici della microrete relativa. Per far fronte a questa limitazione, oggi sono previsti meter da affiancare in parallelo ai contatori intelligenti dei distributori dell’energia elettrica (soluzioni PL2 chain o NILM), non sempre di immediata implementazione [27]. La disponibilità di sensori, estesa anche ai carichi, renderebbe possibile l’implementazione del concetto di Demand Side Management (DMS), che consentirebbe il controllo smart dei carichi. L’importanza di tali ausili tecnici per le comunità energetiche risulta evidente se si ricorda che gli incentivi previsti dipendono dalla quantità di energia autoconsumata. Gli unici parametri sui quali è possibile agire per ottimizzare al meglio i flussi della comunità energetica al fine di massimizzare gli incentivi sono i sistemi di accumulo e i carichi collegati alla comunità stessa (non è possibile chiaramente gestire la fonte rinnovabile che è disponibile in modo aleatorio). La possibilità di avere a disposizione un sistema di gestione o energy management system (EMS) della comunità energetica in grado di ottimizzare i flussi gestendo l’accumulo e il DSM è quindi legato alla disponibilità di raccogliere e distribuire i dati provenienti dal sistema di metering installato e dalla capacità di agire in tempo reale sulle fonti di accumulo e sui carichi (e.g. [27, 28]).

In [28] sono riportati i risultati ottenuti per una istallazione sperimentale cui l’EMS è interfacciato con un Real Time Digital Simulator che utilizza i dati attuali e/o storici provenienti da dispositivi iPL2 Chain e dispositivi NILM installati in un quartiere urbano del distretto Roveri di Bologna. L’approccio proposto è testato in due contesti: nel primo, il simulatore rappresenta un sistema di accumulo (BES-Battery Energy System) mentre i dati provengono da dispositivi effettivamente installati presso prosumer/consumatori; nel secondo il simulatore, oltre al BES rappresenta anche una CER virtuale insieme ai suoi contatori e dispostivi di misura. Il sistema realizzato è utile ai fini della progettazione e della gestione ottima dei flussi energetici della CER, esempio massimizzare la quota di energia condivisa grazie alla gestione ottima del sistema di accumulo.

Nell’ambito delle CER acquisterà sempre più importanza il ruolo svolto dalle cabine primarie e secondarie della rete di distribuzione. Le cabine secondarie sono state oggetto della Legge 8/2020 [25] che limitava la potenza delle CER ad un massimo di 200 kW e prescriveva che i membri della CER dovessero sottostare alla stessa cabina secondaria. Le cabine primarie sono state invece l’oggetto del recepimento della Direttiva FER II (D.Lgs. n. 199/2021 [29]), che ha superato le limitazioni precedenti prevedendo una potenza degli impianti minore o uguale a 1MW (di cui il 30% può essere anche di vecchi impianti) e disponendo che i membri di una CER siano collegati alla stessa cabina primaria. La disponibilità degli schemi di collegamento degli impianti della rete elettrica cittadina risulta pertanto un elemento rilevante.

 

5. Considerazioni conclusive

Il raggiungimento della neutralità climatica globale riguarda in gran parte le attività che si svolgono nelle città e la produzione della energia necessaria per esse. Da parte dell’Europa vi è attualmente un impegno molto forte per supportare cento città, recentemente selezionate, nel raggiungimento di tale obiettivo per il 2030: la Mission Climate Neutral and Smart Cities. Essa coniuga l’obiettivo della neutralità climatica con l’implementazione del modello di smart city, due concetti che oggi non è concepibile disaccoppiare, e ha l’ulteriore obiettivo di garantire che le cento città fungano da hub di sperimentazione e innovazione per consentire a tutte le città europee di seguire l’esempio entro il 2050. Per raggiungere tali obiettivi l’Europa prevede da un lato la messa a sistema di diversi strumenti finanziari e eventuali interventi normativi dettati dalle indicazioni raccolte sul campo seguendo un approccio bottom-up, dall’altro la introduzione di un Climate City Contract per le cento città. Se da un lato è chiaro che non esiste una soluzione unica per il raggiungimento della neutralità climatica, adatta per tutti i contesti, dall’altro la scelta delle politiche di investimento tecnologico e di regolamentazione richiede una valutazione multidisciplinare dei possibili impatti ambientali, sociali ed economici delle diverse opzioni, di tutt’altro che semplice effettuazione. La “sperimentazione” che l’Europa ha pianificato per le 100 città, ed i risultati che ne dovrebbero conseguire, avranno pertanto un grande valore generale.

I consumi mondiali, europei, e nazionali sono peraltro tali da fare prevedere che l’uso di combustibili fossili, ancora estremamente elevato, non potrà essere eliminato nel giro di breve tempo. L’efficientamento degli impianti esistenti pare un ragionevole obiettivo per il breve termine, così come il reperimento di alcune delle fonti fossili meno inquinanti. Anche sul fronte dell’energia nucleare, sempre con l’obiettivo di diversificare il più possibile le fonti di energia primaria, la ricerca sta proseguendo in diversi paesi. È parere di chi scrive che occorra differenziare il più possibile sia le fonti primarie di energia sia i materiali e le tecnologie che vengono impiegate allo scopo: non esiste un’unica soluzione miracolosa per realizzare la transizione energetica, e si ritiene che sia poco razionale inseguirla. È un problema che riveste enormi interessi, ed il mondo accademico ha il dovere di discuterne senza essere condizionato da questi ultimi. Dell’economia invece occorre occuparsene: soluzioni a rischio prossimo allo zero, ma a costo insostenibile non sono proponibili. Negli ultimi 10 anni l’uso di fonti rinnovabili è aumentato, rispetto al totale dall’8,8% del 2011, al 12,6% del 2021, il che comporta un aumento in valore assoluto superiore dato che i consumi energetici complessivi sono cresciuti da circa 340 Exajoule (2011) a poco meno di 400 Exajoule (2021), ma che è ancora un valore molto basso rispetto agli obiettivi 2030 e 2050 della Conference of Parties e a quelli ancora più ambiziosi della Unione Europea. Pare quindi ragionevole, anche eliminando dal tavolo della discussione l’origine dei cambiamenti climatici, che il futuro debba essere comunque dedicato a una progressiva riduzione dell’uso di fonti fossili e un aumento di quelle rinnovabili, sempre valutandone e tenendone monitorato il Life Cicle Assessment (LCA) dei relativi impianti e componenti (o il LCA semplificato).

La transizione energetica sta puntando in gran parte sulla progressiva elettrificazione dei consumi di vari settori, che dovrà essere accompagnata da una crescente diffusione di generatori elettrici alimentati da fonte rinnovabile e di sistemi di accumulo distribuiti, aumentando conseguentemente la complessità della gestione dei sistemi elettrici per l’energia. A ciò ci aggiunge il ruolo dell’idrogeno, vettore energetico particolarmente adatto per le attività che richiedono elevato calore di processo, la cui produzione necessita di elettrolisi e che, come strumento di accumulo energetico, ha il vantaggio di potere immagazzinare grandi quantità per lunghi periodi. La progressiva diffusione di ICT dai centri di produzione sino a quelli di utilizzo, anche in forma capillare, e la digitalizzazione smart inter-settoriale, sono di conseguenza un’altra componente fondamentale della transizione energetica. In tempi brevi, la instaurazione di comunità energetiche di prosumer, prevista dalle direttive Europee RED II e IEM, può fornire una risposta in grado di risolvere una parte non trascurabile del problema se, come auspicato da più parti, entro il 2030 il 20% dell’energia consumata in una città potesse provenire da comunità energetiche, e sottolinea l’importanza che il sistema elettrico e le smart grid rivestiranno sempre più in tale contesto.

 

Ringraziamenti

Questo elaborato è ispirato a quanto presentato dallo scrivente il 16 marzo 2021 nel corso della Lezione inaugurale del 332° Anno Accademico dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna “Città intelligenti e neutralità climatica: verso la transizione energetica”. Il testo è ampiamente tratto dalla Nota, con il medesimo titolo, presentata dallo scrivente il 10 novembre 2022 all’Istituto Lombardo. Desidero ringraziare sentitamente sia il collega Walter Tega, precedente presidente dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna per l’invito a tenere la Lezione inaugurale, il collega Andrea Silvestri per l’invito a tenere la Relazione all’Istituto Lombardo, l’attuale presidente dell’Accademia di Bolognese Luigi Bolondi e il collega Pierluigi Contucci per l’invito a partecipare alla serie degli Annales con il presente contributo. Alcune delle considerazioni contenute sono il frutto di scambi di idee e di lavoro in comune con la mia Alternate Representative nella EU Mission ‘Climate-Neutral and Smart Cities’, Giuseppina Pappalardo, Direttore facente funzione dell’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale (IMAA) del CNR, e con i colleghi Francesco Luca Basile ed Eleonora Riva Sanseverino, rappresentante italiano ed esperto nazionale nel cluster 5 Climate Energy and Mobility di Horizon Europe. Un ringraziamento particolarmente sentito ai miei colleghi Alberto Borghetti, Fabio Napolitano e Fabio Tossani, componenti del gruppo di ricerca Sistemi elettrici per l’energia dell’Università d Bologna con i quali collaboro da molti anni.

 

Bibliografia

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Corazza, G.E.; Corradi, A.; De Miranda, S.; Fava, F.; Foschini, L.; Leoni, G.; Longo, D.; Milano, M.; Napolitano, F.; Nucci, C.A.; Pasolini, G.; Patella, M.; Salmon Cinotti, T.; Tarchi, D.; Ubertini, F.; and Vigo, D. The Need of Multidisciplinary Approaches and Engineering Tools for the Development and Implementation of the Smart City Paradigm. Proc. IEEE 2018, 106 (4), 738-760. https://doi.org/10.1109/JPROC.2018.2812836.

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22. Basile, F.L.; Becchetti, L.; Nucci, C.A. Produzione collettiva di energia rinnovabile nelle città: Positive Energy Districts, Comunità Energetiche Rinnovabili. In Le città a impatto climatico zero: strategie e politiche; Tilche, A.; Basile, F.L.; Torsello M.; a cura di; Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, ottobre 2022; cap. 4. https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-10/STEMI_Le%20città%20a%20impatto%20climatico%20zero_ITA_v1.pdf.

23. Cappellaro, F.; D’Agosta, G.; De Sabbata, P.; Barroco, F.; Carani, C.; Borghetti, A.; Lambertini, L.; Nucci, C.A. Implementing energy transition and SDGs targets throughout energy community schemes. J. Urban Ecol. 2022, 8, 1-9.

24. Boulanger, S.O.M.; Massari, M.; Longo D.; Turillazzi, B.; Nucci, C.A. Designing Collaborative Energy Communities: A European Overview. Energies 2021, 14, 8226, Article number: 8226.

25. Legge 8 che converte in legge il D.L. n. 162, b30 dicembre 2019 (noto anche come “Decreto Milleproroghe”).

26. Hussain, S.; El-Bayeh, C.Z.; Lai, C. and Eicker, U. Multi-Level Energy Management Systems Toward a Smarter Grid: A Review. IEEE Access 2021, 9, 71994-72016. doi: 10.1109/ ACCESS.2021.3078082.

27. Borghetti, A.; Napolitano, F.; Nucci, C.A.; Pontecorvo, T.; Prevedi, A.; Pulazza, G.; Rios Penaloza, J.D.; Tossani, F. Test and validation report on GECO system. GECO – Green Energy Community, Deliverable 210046-D04 supporting Output 210046-O03 “Prosumer system experiment”, Climate KIC project, Internal document, 2022. https://www.climate-kic.org/?s=geco.

28. Prevedi, A.; Penaloza, J.D.R.; Pontecorvo, T.; Napolitano, F.; Tossani, F.; Borghetti, A.; Nucci, C.A. Optimal operation of renewable energy communities through battery energy systems: a field data-driven real-time simulation study, Proc. International Conference on Smart Energy Systems and technologies (SEST), Mugla, Turkey, Sept. 4-6, 2023.

29. Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 199, “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”.

30. Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Le città a impatto climatico zero: strategie e politiche, Tilche, A.; Basile, F.L.; Torsello, M.; a cura di; ottobre 2022. https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-10/STEMI_Le%20città%20a%20impatto%20climatico%20zero_ITA_v1.pdf.

31. Nucci, C.A. La Mission EU “Climate Neutral and Smart Cities”. AEIT 2020, 11/12.

Note

1 Tutte le immagini sono pubblicate a colori nell’edizione online degli Annales

2 Le città (in realtà 112) sono state selezionate mediante un processo iniziato il 25 novembre 2021 con la pubblicazione di una call EU, chiusa il 31 gennaio 2022 (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_22_2591).

3 Un aiuto fondamentale alle città per la implementazione del climate city contract è fornito dal Progetto EU EIT Climate-KIC Net Zero Cities, una Mission Platform (https://netzerocities.eu) che tra gli scopi ha anche una serie di servizi disponibili on line, la individuazione dei city advisors, previsti per ognuna delle città della Mission e il lancio di call per lo sviluppo di progetti pilota. A Net Zero Cities, si è aggiunto recentemente il progetto HEU CapaCITIES https://cordis.europa.eu/project/id/101056927 .

4 e.g., Deep Demonstration – Healthy Clean City Milano, www.climate-kic.org/programmes/deep-demonstrations/#intro GECO, https://italy.climate-kic.org/projects/geco-green-energy-community/, Landscape Metropolis,
https://italy.climate-kic.org/projects/landscape-metropolis-paesaggio-come-infrastruttura/Merezzate+, https://italy.climate-kic.org/success-stories/merezzate/SAFERPLACES, https://italy.climate-kic.org/projects/saferplaces.

5 Diverso è il caso del trasporto navale ed aereo, di cui qui non ci occupiamo.

6 https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-09/STEMI_Decarbonizzare%20i%20trasporti_ITA.pdf.

7 Le direttive UE stabilite dal CEP, che cercano di mettere in atto quadri giuridici adeguati a consentire la transizione energetica e a dare un ruolo di primo piano ai cittadini nel settore dell’energia, devono essere seguite da leggi nazionali sui rispettivi temi. Il termine per il recepimento delle direttive da parte degli Stati membri dell’UE e, di conseguenza, per la stesura di legislazioni nazionali, era giugno 2021, termine slittato per varie ragioni, tra cui la emergenza pandemica.

8 Le comunità energetiche hanno nel nostro paese una tradizione che risale addirittura al periodo a cavallo del Novecento quando nacquero le prime esperienze nelle zone alpine ricche di energia idroelettrica. Per esse, così come per tutti quelli instaurate prima dell’entrata in vigore della Legge 8, non vale il meccanismo di remunerazione tramite incentivi dell’energia condivisa. L’Unione europea stima al momento l’esistenza di circa 4.000 comunità energetiche, il numero è peraltro in crescita.