Luigi Balugani l’esplora(pit)tore alle sorgenti del Nilo

Luigi Vigliotti

Istituto di Scienze Marine, CNR, Bologna

Contributo presentato da Giambattista Vai

Abstract

In the second half of the 18th century, the Bolognese draftsman Luigi Balugani joined the explorer James Bruce in an expedition aiming to document the antiquities of North Africa. Having been the first to utilize a “camera obscura” on the field, Bruce and Balugani can be considered pioneers of photoreportage, since they created the first visual documentation of this kind in history. Today these drawings are housed in the Royal Collection at Windsor. Later, the expedition ventured into the Middle East before shifting its focus toward the source of the Nile river. Travelling through Egypt, Arabia, and Abyssinia, Balugani produced over 300 drawings of plants and animals, which are now preserved at the Center for British Art at Yale University. Bruce and Balugani reached the source of the Blue Nile on November 4th, 1770, but in March 1771 the untimely death of Balugani left all the honors to Bruce, who did not fully recognize the talent and contributions of the Bolognese draftsman.

Keywords

Africa, Archaeology, Nile, Exploration, Natural History.

© Luigi Vigliotti 2024 / Doi: 10.30682/annalesps2402j

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Introduzione

L’architetto bolognese Luigi Melchiorre Balugani (Bologna 1734-Gondar 1771) ha avuto una vita breve e un destino sfortunato. Quel poco che di lui sappiamo è che fu vittima dell’egoismo del celebre esploratore James Bruce. Ingaggiato con il compito di documentare per immagini una spedizione sulle tracce dell’antichità classica, Bruce e Balugani viaggiarono prima in Nord Africa, poi in Medio Oriente per spingersi fino in Etiopia, alle sorgenti del Nilo Azzurro dove purtroppo Balugani perse la vita. La sua prematura morte fece sì che il nome di Balugani non potè usufruire degli onori che invece spettarono all’esploratore scozzese. Il nome di James Bruce riempie libri ed enciclopedie in tutto il mondo, il nome di Luigi Balugani non figura neppure nell’elenco degli esploratori italiani. La città di Bologna gli ha dedicato una strada, ma nessuno lo conosce. Eppure i suoi disegni delle rovine romane del Nord Africa (Timgad, Sbeitla, El Djem, Tolemaide, ecc.), di Palmira e Baalbeck in Medio Oriente fanno parte della collezione Reale a Windsor. Centinaia di straordinari disegni di piante, pesci, rettili, uccelli ed altri animali sono conservati, catalogati spesso sotto il nome “Bruce”, presso il Center for British Art a Yale negli Stati Uniti.

La storia di Balugani è intimamente legata alla spedizione di James Bruce, della quale fece parte fino alla sua morte. Tuttavia, le numerose omissioni e dimenticanze nel resoconto del viaggio scritto da Bruce 17 anni dopo il suo ritorno in Europa hanno causato una sottovalutazione del suo contributo, almeno fino a tempi recenti. Le osservazioni fatte da Balugani durante la spedizione sono assolutamente trascurate nel racconto dei Travels pubblicati da Bruce [1]. A parte i disegni delle architetture del Nord Africa, donati al re Giorgio III e oggi nella collezione di Windsor, tutto il materiale è rimasto in possesso degli eredi di Bruce fino al 1976, quando il mecenate Paul Mellon li acquistò per donarli al Center for British Art a Yale. Fortunatamente, Mellon incluse una clausola che prevedeva la pubblicazione delle straordinarie tavole di botanica. Nel 1991, gli olandesi Hulton, Hepper e Friis hanno pubblicato un lavoro che finalmente ha portato alla luce il contributo di Balugani [2]. Un ulteriore contributo al suo profilo biografico è rappresentato da un bel saggio scritto da Silvia Medde [3] che ha ricostruito gli anni della sua formazione e la sua attività professionale prima di essere ingaggiato da James Bruce.

In questo articolo si vuole ricostruire l’intera storia di Luigi Balugani dalla formazione come disegnatore presso l’Accademia Clementina di Bologna fino a ripercorrerne le tracce da Algeri fino alle sorgenti del Nilo. Si sono utilizzate le principali fonti bibliografiche tra cui la versione corretta e aggiornata dei Travels pubblicata da Alexander Murray nel 1805 [4], che include anche una serie di lettere; e il lavoro di Robert Lambert Playfair [5] che ripercorse l’itinerario nordafricano un secolo dopo la spedizione. Questa parte dell’itinerario è stata anche ricostruita sul campo nell’ambito di un progetto fotografico oggetto di una mostra (Dalla Matita al Click, le antichità del Nord Africa da Luigi Balugani ad oggi, Tunisi: 28 giugno-30 settembre 2023, Sassari: 3 novembre-3 dicembre 2023) realizzata in collaborazione con la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine.

1. Gli anni bolognesi

Luigi Melchiorre Balugani nacque a Bologna il 14 gennaio del 1737 dalla padovana Eleonora Ceccani e da Luca, come ci informa Marcello Oretti nella biografia inserita nelle notizie dei professori di disegno della Città di Bologna (Mss. B132, Biblioteca Comunale Archiginnasio). Il fratello maggiore Filippo fu incisore ufficiale della zecca di Bologna e si distinse anche come scultore figurista dell’Accademia Clementina. Non abbiamo molte notizie del giovane Luigi, ma sicuramente non sembrava attratto dal richiamo dell’avventura come la sua storia potrebbe far credere. Fin da giovane, Luigi Balugani si appassionò all’architettura e al disegno ornamentale, entrando in contatto con il direttore per l’architettura dell’Accademia Clementina, Giuseppe Civoli, che aveva studiato con Ferdinando Galli Bibiena. La sua gioventù trascorse a Bologna in un periodo di grande fervore artistico, con artisti come Carlo Cignani, Donato Creti, Vittorio Maria Bigari, Angelo Piò, Giacomo Rossi, Ercole Lelli, Ferdinando Gandolfi, solo per citarne alcuni dei più noti. L’Accademia Clementina fu fondamentale per la formazione di Balugani come disegnatore, dove assimilò i concetti base dell’uso di un certo tipo di prospettiva nel disegno architettonico e dell’utilizzo della pittura nella scenografia che all’epoca rappresentava una peculiarità della scuola felsinea.

Nel 1752 a soli 15 anni, Balugani si aggiudicò il premio Marsili che veniva bandito dall’Accademia fin dal 1727. L’anno seguente Balugani ricevette il Premio Fiori assegnato agli studenti più assidui nella frequenza, ma soprattutto la prima classe del concorso Marsili. Questi riconoscimenti gli valsero l’inclusione nell’elenco dei “valenti giovani bolognesi” incaricati della riproduzione degli affreschi di Palazzo Poggi, sede dell’Istituto delle Scienze e delle Arti, e palazzo che lo stesso Giovanni Poggi aveva fatto abbellire alla stregua delle più famose dimore romane. A Balugani toccò il compito di raffigurare la Prospettiva dipinta nella volta, che serve da ornamento alla caduta di Fetonte il cui originale era stato partorito dalla sapiente mano di Pellegrino Tibaldi [6]. Queste esperienze lo affermarono come disegnatore di architetture e gli valsero la qualifica di “prospettivista”. Nel 1758 gli fu di nuovo assegnato il Premio Fiori, ma soprattutto vinse ancora il premio Marsili di prima classe e partecipò alla commemorazione della morte del Papa Benedetto XIV. Il suo compito fu di realizzare la veduta del catafalco innalzato nella chiesa di San Bartolomeo in occasione del funerale. La tavola fu inserita nella “Relazione de’ funerali a Benedetto XIV” edita a Bologna nel 1758. Un momento importante per la storia artistica del disegnatore bolognese si ebbe nel 1759 quando Balugani, a sorpresa, dato l’alto e qualificato numero di partecipanti, anche stranieri, si aggiudicò il primo concorso internazionale di disegno architettonico bandito dalla neonata Accademia di Belle Arti di Parma. Come scritto nella relazione finale, Balugani fu proclamato vincitore per “l’eccellenza delle parti disegnate, il buon gusto nei generi degli ornamenti, e quella precisione in ben molte cose, la qual fa conoscere in un Architetto capacità, ed attenzione portata all’esecuzione dell’opere sue”. Quasi come una precognizione Balugani aveva marcato il suo elaborato col motto Vita brevis, ars longa. Purtroppo l’elaborato è andato perduto. La vittoria di Balugani ebbe un certo rilievo nel mondo accademico bolognese e gli valse, a dispetto del regolamento che prevedeva un limite di età di 25 anni, l’aggregazione tra i quaranta membri ordinari dell’Accademia Clementina. Ebbe anche l’abilitazione all’insegnamento nell’Accademia stessa e l’elezione tra i quattro direttori d’architettura per l’anno accademico successivo. Negli anni successivi, il suo protettore accademico sarà Gregorio Casali Bentivoglio col quale Balugani intratterrà una stretta corrispondenza anche durante il suo viaggio in Africa. In questo periodo il B. eseguì vari lavori in Bologna, tra i quali la ristrutturazione del cinquecentesco palazzo Boncompagni di cui esiste anche un disegno autografo nell’Archivio Pallavicini (Archivio di Stato, Bologna [Fig. 1].1

Fig. 1. Luigi Balugani, Progetto di decorazione d’interni per un palazzo. Bologna, Archivio di Stato, Archivio Pallavicini, serie XII (Mappe, piante e disegni), cart. 32.

 

Le competenze in ambito naturalistico di cui Balugani diede prova durante i suoi viaggi africani non hanno riferimenti diretti nell’attività che svolse a Bologna. Sicuramente la frequentazione del Polo scientifico di Palazzo Poggi non fu estranea a questo aspetto. L’immagine del rinoceronte pubblicato anche da Bruce nei Travels ha una straordinaria sembianza con il celebre rinoceronte di Ulisse Aldrovandi che Balugani sicuramente conosceva. Le competenze in cartografia, astronomia e nello stilare il quotidiano diario di viaggio corredato da osservazioni metereologiche durante la spedizione alle sorgenti del Nilo potrebbero essere frutto della frequentazione degli insegnamenti di architettura militare tenuti per molti anni da Gregorio Casali che lo definiva suo allievo.

Come riferisce Marcello Oretti, il 16 novembre 1761 Balugani si trasferì a Roma “voglioso di fare altri studi per la sua professione”. I motivi della scelta non sono noti. Un ruolo fondamentale sicuramente lo ebbe il suo mecenate, Girolamo Ranuzzi, conte della Porretta, che gli offrì anche la possibilità di essere ospitato nella casa del fratello, monsignor Vincenzo. Prima di partire sicuramente Balugani eseguì alcuni rilievi del Palazzo Ruini-Ranuzzi-Baciocchi, attribuito a Palladio, e che oggi ospita la sede della Corte d’Appello di Bologna. Il progetto può essere considerato il più grande lavoro di Balugani pervenuto fino a noi almeno in ambito bolognese. Il lavoro è estremamente raro; una copia è censita anche al Getty Museum. Le poche notizie sulla sua attività nella capitale si possono evincere da alcune lettere in cui si racconta che insegnava Disegno e Architettura presso alcune famiglie locali di un certo rango sociale. Sicuramente intrattenne contatti con artisti che segnalava all’Accademia Clementina per essere poi inseriti tra i membri come l’intagliatore Antonio Barbazza, l’architetto Domenico Corbellini, senza dimenticare James Bruce. Particolarmente fortunata fu la conoscenza dell’esule giacobino Andrew Lumisden. Fu lui ad ingaggiarlo per la spedizione africana da parte dell’esploratore scozzese che all’epoca era stato nominato console della Corona Britannica ad Algeri.

2. L’esplorazione del Nord Africa; il primo reportage della storia

Il 9 febbraio 1765 Balugani lasciò Roma e, imbarcatosi a Livorno, arrivò ad Algeri il 20 marzo. L’arrivo di Balugani praticamente coincise con la fine dell’incarico diplomatico di Bruce nella terra di Barbaria. Da allora fino alla sua morte Balugani seguì Bruce esercitando presso di lui le mansioni più varie e disparate di segretario e istoriografo, di disegnatore e addetto ai rilevamenti altimetrici, metereologici e anche astronomici. Ben al di là dell’impegno concordato che era quello di

andare nella detta città di Algeri al fine di rilevare non tanto le piante, ed elevazioni di quelli residui di antiche fabbriche di sola civile architettura, che trovansi in quelle parti, quanto le vedute in prospettiva di esse fabbriche e loro fragmenti, e vedute necessarie, che da Mr. Bruce verranno ordinate, e che potranno effettuarsi nel termine dell’anno suddetto

come riferisce Marcello Oretti. Il contratto iniziale di un anno, come scritto da Andrew Lumisden, in realtà divenne pluriennale e farebbe pensare ad una proficua collaborazione di Balugani con il suo datore di lavoro, ma l’egoismo di Bruce ne tracciò un riscontro diverso. Come scrisse nell’introduzione dei Travels:

Tutta l’assistenza che ottenni fu un giovane bolognese, Luigi Balugani. Si è trattato di un aiuto di poco conto, ma essendo di buona disposizione, nei ventidue mesi in cui stette con me ad Algeri, con un’applicazione continua ed una guida ravvicinata, si è migliorato molto in ciò cui io principalmente desideravo s’applicasse: frappa (in arte, il fogliame dipinto n.d.r.) e ornamenti scolpiti [1].

Balugani arrivò ad Algeri e probabilmente non sapeva nulla dell’Africa. Nei primi mesi di permanenza ad Algeri accompagnò Bruce in alcune escursioni nelle zone circostanti. Tra il 9 e il 24 aprile i due fecero “un viaggio di 6 giorni” in cui “già due operazioni si son fatte” come Balugani racconta in una lettera al conte Ranuzzi datata proprio 24 aprile 1765. Le fruttuose operazioni a cui allude Balugani possono essere riferite alla visita del mausoleo di Juba II e dell’acquedotto che portava l’acqua dalle sorgenti del Jebel Chennoua a Julia Cesarea. Probabilmente queste escursioni furono organizzate proprio per mettere a punto l’utilizzo della camera oscura, le strategie di rilevamento e le soluzioni grafiche da utilizzare. Non è rimasto alcun resoconto scritto di queste esplorazioni a ovest di Algeri e l’unica allusione ad esse è proprio il riferimento al primo utilizzo della camera oscura per delineare il Kubr-er-Rumiah o Tomba della Cristiana (Fig. 2) che ancora oggi si può ammirare nei pressi di Tipaza. Che i disegni eseguiti in questi siti fossero delle prove è testimoniato anche dal fatto che furono gli unici in cui venne utilizzato il colore che fu poi abbandonato a favore di una acquerellatura in toni di grigio che meglio si sarebbe prestata ad essere trasferita su lastra in una futura pubblicazione.

Fig. 2. Veduta del Mausoleo della Cristiana (Kubr-er-Rumiah) presso Tipaza (Yale, Center for British Art; Bruce Archive).

 

Nel settembre del 1765, ricevuti i permessi da parte del Dey di Algeri, finalmente la spedizione partì per l’esplorazione della regione. Nel primo volume dei Travels Bruce racconta il viaggio [1]. La parte dedicata al Nord Africa viene trattata senza troppi particolari forse perché pensava ancora di poter utilizzare il materiale per un’altra pubblicazione dedicata solo all’argomento. Inoltre avendo aspettato 25 anni prima di scrivere il resoconto del viaggio sono state riscontrate delle discrepanze rispetto a quanto riportato in alcune lettere e documenti scritti da lui o da Balugani.

La spedizione di Bruce/Balugani può essere annoverata tra le esperienze che nel XVIII secolo diedero origine alla disciplina dell’archeologia; e va inserita in un nuovo vedutismo tardo settecentesco basato sulla figura di disegnatori viaggianti (es. Borra, Pars, Chandler, Lusieri…). Questo vedutismo era volto a registrare visivamente luoghi archeologici, ruderi, reperti, per rispondere a nuove esigenze e interessi che avevano reso le vedute non semplici ricordi, ma “elemento di documentazione e di studio”. La veduta non è più pittura di paesaggio dettato dall’estro del pittore, ma descrizione precisa e riconoscibile dei luoghi resi con fedeltà assoluta della percezione ottica della realtà. Balugani si supera: realizza disegni utilizzando una “Camera Oscura”. In pratica realizza delle fotografie sostituendo alla lastra la matita. È un antesignano della fotografia.

Bruce e Balugani utilizzarono due camere oscure durante i loro viaggi. Una l’aveva portata Balugani da Roma mentre un’altra, di notevoli dimensioni, era stata costruita a Londra dalla famosa ditta di ottica Nairne & Blunt. Grande attenzione era stata posta alla realizzazione della specula con miglioramenti ed aggiunte di elementi utili, il tutto racchiuso in una custodia che rappresentava un enorme libro in folio, lungo circa quattro piedi e spesso dieci pollici.

Questo strumento, usato con attenzione e posizionato con gusto e giudizio, ha portato avanti il lavoro del disegno in un modo non facilmente equiparabile; in un attimo fissa la proporzione di ogni parte alla dimensione desiderata; ti da in condizioni di tempo buono la proiezione dell’ombra più nitida, più vera e più bella; ogni frattura che si trovava nell’edificio veniva realmente rappresentata sulla carta, ogni vignetta, che la natura aveva aggiunto sulla sommità o sui bordi del cornicione, dava indicazioni che non potevano essere confusi e che l’artista poteva utilizzare a proprio vantaggio [1].

Bruce si vantava di avere questo strumento poiché “consentiva a una persona di moderata abilità nel disegno di fare in un’ora di più e meglio di quanto il miglior disegnatore potesse fare in sette […]”. L’immagine risultante aveva il vantaggio inestimabile di essere “reale, piuttosto che frutto dell’immaginazione, ed era così dettagliata che le nuvole che passavano, e persino le persone e le pieghe dei vestiti, potevano essere fissate da due o tre tratti di matita”. “È vero che c’erano degli inconvenienti in quelle linee a una certa distanza dalla messa a fuoco, ma quegli errori erano meccanici e noti e facilmente riparabili”.

Imbarcati a Port Mahon fecero la prima tappa a Bona, per poi gettare le ancore davanti alla fortezza della Goletta, “un luogo ormai privo di forza”. La delusione delle rovine di Cartagine fu grande, anche se furono realizzati alcuni disegni delle antiche cisterne pluviali e due tavole riproducenti 27 medaglie. Quest’ultimo lavoro rientrava in una “serie concepita” di medaglie da Cartagine che Balugani intendeva realizzare per arricchire la collezione dell’Istituto delle Scienze di Bologna e di cui aveva parlato in una lettera spedita da Tunisi a Gregorio Casali.

A Tunisi furono ospiti del console inglese Gordon, con il quale Bruce aveva un lontano legame di parentela. Dopo aver ottenuto i lasciapassare dal Bey ed essersi procurati una scorta armata, il 15 settembre la spedizione iniziò il viaggio risalendo il corso del fiume Medjerda. Diretti a sud-ovest Bruce e Balugani raggiunsero il sito di Thignica che non è citato nei Travels, ma i cui disegni oggi a Yale raccontano della loro visita. Successivamente raggiunsero la vicina Thugga, odierna Dougga, i cui monumenti furono immortalati in nove illustrazioni che includono alcune prospettive del tempio ma anche del portico, delle colonne e anche di quello che rimaneva del teatro. Di sicuro interesse è il disegno del mausoleo di Massinissa che Micipsa fece erigere in onore del padre nel 138 a.C. perché nel 1842, per asportarne la sua iscrizione bilingue, in punico e numidico, oggi al British Museum, fu demolito. Da Dugga proseguirono verso Le Kef, per arrivare il 19 novembre ad Haidra dove visitarono le antiche rovine di Ammaedara che, seguendo quanto scritto da Shaw, Bruce pensava fossero quella dell’antica Thunodrunum. Ad Ammaedara Bruce e Balugani trovarono l’arco di Settimio Severo che disegnarono con risultati di cui Bruce fu particolarmente soddisfatto.

Lasciata Haidra, Bruce racconta che raggiunsero le rovine dell’antica Tipasa, ma in realtà confuse Tipasa con Theveste l’attuale Tebessa, le cui rovine, secondo Bruce, erano molto estese “[…] le rovine si estendono per circa cinque miglia a est della città; ora non esiste altro che un castello di data moderna, costruito con materiali antichi e i resti di un’area di un tempio vicino al fiume”. Tra i vari monumenti rilevarono “un ampio tempio” (il tempio di Minerva), spendendo parole di apprezzamento per “un arco di trionfo a quattro facce di ordine corinzio, del gusto migliore”; riferendosi all’arco tetrapilo di Caracalla arrivato fino ai nostri giorni e considerato uno tra i monumenti più noti dell’Africa romana.

Lasciata Tebessa il 30 novembre del 1765 arrivarono a Costantina dove rimasero due giorni per realizzare due disegni che sono anche gli unici esistenti di un acquedotto prima che fosse maldestramente restaurato da Salah Bey. Il 2 dicembre 1765 la spedizione lasciò Constantina per raggiungere Diana Veteranorum, fondata dalla Legio III Augusta sotto l’imperatore Traiano, dove trovarono i resti di due archi trionfali. Non lontano visitarono il mausoleo numidico di Medrashem che Bruce riteneva essere la tombadi Siface, ed oggi nell’elenco dei 100 monumenti più a rischio del pianeta. Due disegni sono conservati a Yale.

Continuando il viaggio, la spedizione arrivò nelle montagne dell’Aures, una delle roccaforti del mondo Berbero. Ai piedi dell’Aures trovarono le rovine diLembesi, oggi Tazoult-Lambèse la romana Lambaesis, municipio e poi colonia fondata da Tito, e diventata, con Adriano, il principale centro militare della provincia d’Africa. Nella collezione del Re d’Inghilterra a Windsor sono presenti un disegno e due piante dell’edificio quadrifronte che dava ingresso al grande Pretorium della città eseguiti da Balugani durante i tre giorni in cui lui e Bruce restarono in città. Un altro disegno collegato allo stesso rilievo si conserva a Yale.

Solo nei diari di Bruce si trova menzione dell’arrivo sulle rovine dell’antica Thamougadi. Balugani disegna l’arco trionfale di Traiano, uno dei più importanti monumenti di tutta l’Algeria romana. I disegni di questo arco sono sicuramente di grande qualità non solo per la veduta dell’imponente struttura ma anche per il rilievo corredato da uno studio planimetrico.

Lasciata Timgad il 13 dicembre la carovana avrebbe voluto raggiungere l’antica città di Thala, ma la regione era alquanto insicura e così decise di deviare il percorso verso oriente raggiungendo Sbeitla, l’antica Sufetula. L’abbondanza e accuratezza dei disegni prodotti in questo sito confermano un impegno protratto nel tempo. Il campidoglio di Sbeitla rappresenta ancora oggi uno dei monumenti di maggiore importanza tra quelli che sopravvivono in tutta l’Africa romana. Numerose tavole furono dedicate da Bruce e Balugani ai tre templi che costituiscono il nucleo del Campidoglio (Fig. 3). Tra i disegni presenti a Windsor, ma anche a Yale c’è anche l’arco di Antonino Pio rappresentato con una certa dimensione urbana.

Fig. 3. I tre templi che costituiscono il nucleo del Campidoglio di Sbeitla disegnati da Balugani (Yale, Center for British Art; Bruce Archive).

 

Da Sbeitla la spedizione raggiunse Machtar, l’antica Mactaris dove furono rintracciati due archi trionfali, il più grande dei quali “ritengo equivalente per gusto, fattura, e dimensione, a qualsiasi altro esistente nel mondo. Il minore è “più semplice, ma molto elegante”. I disegni di entrambi, anche se non ancora completati sono presenti a Yale insieme a quelli dell’arco di Traiano, eretto nel 116 da alcune famiglie come ringraziamento per la concessione della cittadinanza romana da parte dell’imperatore, ed ancora oggi tra i maggiori monumenti del sito archeologico. Tra i disegni di Yale annoveriamo anche un edificio oggi completamente scomparso.

Dopo Machtar, raggiunsero Assuras per poi risalire la Bagrada fino a Tunisi per poi portarsi tra le montagne della regione di Zowan, dove si trovano i resti del grande acquedotto che un tempo trasportava l’acqua a Cartagine. La veduta del cosiddetto Tempio delle Acque è conservata a Windsor, mentre l’acquedotto e alcuni studi preparatori del tempio si trovano a Yale. Da qui scesero verso sud in un itinerario un po’ confuso per arrivare a Gafsa, allo Chott el Djerid e passando da Gabes risalirono verso nord fino a El Djem come risulta da alcune relazioni presenti a Yale. Queste includono studi planimetrici e spaccati del grande anfiteatro con una relazione sulle caratteristiche costruttive che illustrano le tavole; “[…] questo è stato l’ultimo antico edificio che ho visitato nel Regno di Tunisi, e credo di poter dire con certezza che non esiste, né nei territori di Algeri né aTunisi, un frammento di buon gusto di cui non ho portato un disegno in Gran Bretagna”[4]. Convinto di aver rilevato tutte le rovine esistenti nell’area, nell’aprile del 1766 Bruce scrisse a Wood un lusinghiero consuntivo del lavoro svolto. Il riassunto fu inviato anche al suo avvocato John Mackenzie:

Ho corretto tutti i geografi antichi… nonché le mappe francesi di Nolin e Delisle e penso che, quando avrò tempo e incoraggiamento, potrò dare una distinta panoramica di questa parte dell’Africa, come alcuni hanno fatto della Francia e dell’Italia. Ho realizzato trentatrè grandi disegni e vedute di alcune delle più magnificenti vestigia dell’architettura… Ho copiato circa centoventi iscrizioni latine, la maggior parte delle quali della più grande utilità nel fissare la situazione di alcuni luoghi rimarchevoli relativamente ai quali molti errori, dei più grossolani, sono stati tramandati dai geografi.

Mentre Balugani rimaneva a El Djem, Bruce si recò a Tunisi dove si preoccupò di spedire un po’ del materiale e degli strumenti a Smyrne per poi tornare indietro lungo l’itinerario appena percorso lungo la costa. Dopo essersi ricongiunto con Balugani raggiunsero l’isola di Djerba per poi recarsi a Tripoli. Nonostante la brutta impressione “Non c’è niente da vedere se non le mura di Tripoli”, Bruce si consolò con le rovine dell’Arco tetrapilo di Marco Aurelio e Lucio Vero. Balugani ci ha lasciato una dettagliata serie di disegni dell’arco, che all’epoca doveva essere in parte interrato, ma già descritto da altri viaggiatori.

3. Nuovi itinerari

Il contratto di Balugani aveva la durata di un anno e doveva essere limitato all’esplorazione del Nord Africa. Come si evince da alcune lettere e come riportato anche nella sua biografia scritta da Marcello Oretti, c’era l’intenzione di continuare le esplorazioni a Malta, in Sicilia e anche in Sardegna. Bruce si ritrovò a riconsiderare i propri orizzonti geografici, senza una chiara spiegazione, ma costantemente ancorato alle sue ambizioni editoriali. Il nuovo percorso si snodava lungo sentieri già battuti da numerosi viaggiatori, tutti affascinati dai tour mediterranei che partivano dall’Italia verso la Grecia, ma soprattutto verso l’Oriente e l’Egitto. Nomi illustri come Richard Pococke, John Montagu, James Caulfeild, James Stuart e Richard Chandler, senza dimenticare Robert Wood, avevano già scritto pagine indimenticabili sulle loro esplorazioni lungo le rotte mediterranee. Il viaggio di Bruce era nato da un’idea di Lord Halifax: illustrare le magnifiche antichità nord-africane descritte dal cappellano Thomas Shaw [7]. Bruce si era lasciato sedurre da questa idea e l’aveva abbracciata con entusiasmo. Con il sostegno di Balugani, aveva completato il lavoro con successo e si sentiva soddisfatto per aver immortalato monumenti straordinari. Il libro pubblicato da Shaw, Travels or observations relating to several parts of Barbary and the Levant, come si evince anche dal titolo, prendeva in considerazione anche il Levante. Il Medio Oriente era già stato oggetto di altre esplorazioni a scopo editoriale, come quella del suo amico Wood, con cui Bruce apparentemente non si voleva confrontare, ma convinto dalla qualità de lavoro svolto da Balugani senza spargere la voce, si avventurò in questo nuovo itinerario. Il Levante fu la destinazione del nuovo progetto di viaggio.

A tre giorni di distanza da Tripoli c’era Lebeda, l’antica Leptis Magna. La città di Settimio Severo era sepolta dalla sabbia e gli edifici rimasti gli parvero di cattivo gusto, di un dorico senza proporzioni. Una cocente delusione, certo non quello che si aspettavano“[…] ho visitato Lebidah, l’antica città di Leptis Magna, tre giorni di viaggio da Tripoli, dove ci sono molte rovine, ma tutte di cattivo gusto; principalmente di un dorico sproporzionato dell’epoca di Aureliano”.

Da Bengasi la spedizione si recò a Ras Sem e poi a Tolometa, l’antica Ptolemais, dove trovarono i resti di un tempio greco, oggi andato perduto, di cui realizzarono una tavola conservata a Windsor. Le tre colonne che ancora erano in piedi suggeriscono che si trattasse di un edificio di un certo rilievo; “Vicino al centro della città si trova l’edificio che abbiamo raffigurato; sembra essere stato il portico di un tempio, ma il resto è così completamente rovinato che non è possibile darne descrizione o una planimetria”.

L’idea era di seguire la costa fino ad Alessandria; le montagne della Cirenaica, con la loro ricca vegetazione, sembravano invitare al viaggio, ma il deserto riprendeva vita subito dopo e i predoni erano sempre in agguato. Trovarono una nave che li avrebbe condotti in Siria, ma una tempesta scatenatasi poco dopo la partenza li fece naufragare nei pressi di Bengasi e Bruce rischiò quasi la vita, oltre alla perdita di numerosi strumenti. Rimasero un altro mese in Cirenaica prima di trovare un nuovo imbarco che, in quattro o cinque giorni di navigazione favorevole, li portò a Canea, all’estremità occidentale dell’isola di Creta.

Dai documenti conservati a Yale, possiamo dedurre che fosse in programma un’esplorazione del territorio greco. Era stato tracciato un percorso annotando monumenti e opere d’arte di interesse. Città come Salonicco, Drama, Filippi, Larissa, Satala e Sparta erano state segnate in questo documento, insieme alle relative distanze e ai tempi di viaggio, dimostrando che l’ipotesi era ben fondata. Forse, oltre alle condizioni di salute, anche la necessità di recuperare gli strumenti dettava una diversa rotta.

Alla fine di aprile del 1767, lasciarono Canea dirigendosi verso Rodi, dove Bruce recuperò i suoi libri, strumenti e documenti, che erano stati spediti da Tunisi e Tripoli. Proseguirono verso l’isola di Castelrosso, ma la malattia di Bruce lo affliggeva sempre di più, rendendo impossibile continuare in sicurezza. Furono costretti a rinunciare all’esplorazione della Caramania, lasciandola ai viaggiatori più fortunati.

Da Castelrosso il viaggio fece rotta verso Cipro dove si fermarono solo mezza giornata, per poi proseguire verso Beirut dove arrivarono il 28 giugno del 1767.

Dopo il loro arrivo in Libano visitarono l’antica Byblus senza però delinearne i monumenti “[…] tutto qui è un terreno classico. Ho visto diverse notevoli rovine dell’architettura greca, tutte molto deturpate. Queste sono già state pubblicate dall’onorevole Drummond e quindi le ho lasciate, non essendo desideroso di interferire con le opere degli altri […]”.

Superata Latakia arrivarono ad Antiochia, e successivamente raggiunsero Aleppo. I mali fisici di cui soffriva Bruce tornarono a farsi sentire in modo violento e se non fosse stato per le cure del dottor Patrick Russel, medico dell’ambasciata britannica “[…] è probabile che i miei viaggi sarebbero finiti ad Aleppo […]”. Russel gli fornì anche alcuni insegnamenti di medicina che in seguito si rivelarono utili per la spedizione.

Il 16 settembre del 1767 partirono con destinazione Baalbek risalendo il fiume di Sidone fino ad arrivare ai piedi del monte Libano. Arrivati a Baalbek furono realizzate quattro grandiose vedute dei principali monumenti che successivamente furono ambientate e popolate da personaggi proprio come una fotografia animata. Tutto dimostrava un’imponenza architettonica straordinaria; tuttavia, non era facile trasmettere la grandezza delle rovine, specialmente considerando che colonne e basamenti avevano subito i danni di un terremoto avvenuto pochi anni prima.

In una data sconosciuta, fecero ritorno a Tripoli di Siria, dove rimasero alcune settimane prima di dirigersi verso il secondo grande obiettivo: Palmira. In quel periodo, il viaggio non era privo di rischi, soprattutto considerando i pericoli a cui si andava incontro nell’attraversare il deserto. Dopo aver risalito l’Oronte, finalmente videro ciò che Bruce descrisse come “il più sorprendente e stupefacente panorama che forse mai apparve agli occhi mortali”: le rovine di Palmira.

Di notevole interesse è la strategia adottata insieme a Balugani per selezionare le parti delle rovine da ritrarre: “Ho diviso Palmyra in sei viste angolari, portando sempre in primo piano un edificio, o un gruppo principale di colonne, che lo meritasse. Lo stato degli edifici è particolarmente favorevole a questo scopo. Le colonne sono tutte libere dalla base, il suolo su cui è costruita la città è una superficie compatta e stabile” [1]. I disegni giunti fino a noi, conservati a Windsor e in parte anche a Yale, confermano queste osservazioni, mostrando una serie di studi a matita con precise indicazioni sulla posizione rispetto al punto di vista; di fatto quasi una ripresa fotografica.

L’arrivo della strumentazione richiesta dalla Francia fu probabilmente determinante nella scelta della tappa finale del viaggio: le sorgenti del Nilo. Una lettera dall’onorevole Russel sollevò dubbi sui risultati che avrebbero potuto essere ottenuti osservando il transito di Venere sul sole, apparentemente il nuovo obiettivo della spedizione. L’Abissinia invece era stata invocata dal conte di Buffon per dichiarare al ministro, e quindi al re di Francia, Luigi XV, quanto ci si lamentasse del fatto che dopo che fosse stato trovato l’uomo che poteva riuscire a scoprire le fonti del Nilo, uno sfortunato incidente poteva frustrare l’occasione. Fu così che il re stesso si adoprò per procurare la strumentazione e Bruce si convinse che questo fosse il suo ruolo e decise di virare le sue attenzioni verso l’Etiopia. Dopo aver visitato la costa passando per Tripoli, Beirut e Tortosa, ricevettero informazioni che gli strumenti richiesti erano stati inviati ad Alessandria. Così, il 15 giugno del 1768, partirono da Sidone diretti in Egitto.

4. Viaggio in Egitto/Arabia

All’arrivo ad Alessandria, Bruce diede inizio ai preparativi per il nuovo viaggio: sperava di percorrere l’intera lunghezza del Nilo. Per garantire la massima sicurezza durante il tragitto attraverso l’Egitto, e successivamente l’Abissinia, cercò di assicurarsi lettere di presentazione ai governanti locali, agli sceicchi e ai capi dei villaggi. Questo era uno stratagemma comune nel XVIII secolo, un’epoca in cui i mezzi di comunicazione erano praticamente inesistenti e pochi europei osavano spingersi a sud del Cairo.

Una volta trovata una barca adatta, si diressero verso il Cairo e, dopo una breve sosta per organizzare la risalita del fiume, il 12 dicembre 1768 Bruce e Balugani si imbarcarono di fronte al Nilometro di Roda. Il costo di noleggio della nave che li avrebbe condotti a Dendera era di “ventisette pataka”, circa sette sterline. Lungo il percorso, toccarono Tebe, Luxor e Karnak sulla sponda orientale e Medinet Habu e Gournou su quella occidentale. La loro avventura si concluse a Dendera, dove effettuarono l’unico rilievo di un monumento. Qui, appresero che il Nilo non era navigabile oltre Assuan e che, tentando di procedere ulteriormente, avrebbero dovuto affrontare il viaggio da soli, poiché nessun membro dell’equipaggio era disposto a rischiare di avventurarsi oltre.

Dovettero tornare indietro attraverso il deserto per raggiungere Cosseir sul Mar Rosso. Da qui iniziò la vera spedizione verso le sorgenti del Nilo. Il programma del viaggio fu illustrato dal B. al fratello Filippo in una lettera del 15 marzo 1769:

Noi facciamo questo viaggio per molti oggetti riguardanti l’istoria naturale e la geografia, ma soprattutto vogliamo se è possibile delineare tutto il corso del Nilo dalle sue fontane per insino al mare: niuno fra gli antichi de Romani, e de Greci ha mai potuto riuscirvi; alcun moderno non ha tentato per l’arduità dell’impresa, ma se Iddio ne presta sua assistenza spero che avremo la gloria di riuscirvi felicemente [8].

IL 5 aprile lasciarono Cosseir e Balugani ebbe il compito di redigere un diario minuzioso (in italiano), corredato dei dati relativi a condizioni meteorologiche (dati barometrici, temperatura, velocità e direzione dei venti ecc.) e osservazioni celesti, ad integrazione delle annotazioni del Bruce, più incentrate sul percorso effettuato. Il tutto, unito ai circa 300 disegni eseguiti di reperti architettonici ed esemplari della flora e fauna locali, doveva servire a quella “perfetta istoria” della spedizione a cui il Balugani accenna nella lettera al fratello Filippo appena citata, e che sarebbe apparsa diversi anni più tardi, dopo la morte dello stesso Bruce.

Il viaggio attraverso il Mar Rosso fu descritto in una lettera di Bruce a Robert Wood:

Cosseir è un misero villaggio vicino al mare. Non c’è porto; piccole navi, che vengono impiegate solo per correre verso la costa araba e viceversa, si ancorano dietro una roccia, che le protegge dal vento. Ci siamo imbarcati a Cosseir il 1° aprile, dopo, con un vento più favorevole, costeggiando l’Arabia Deserta e ancorando ogni sera, arrivammo a Yimbo. Yimbo, chiamato correntemente Yambo, o lambo, è stato un porto eccellente, sebbene ora, in gran parte, riempito di sabbia. È una piccola città e ha un castello, ora andato in rovina, che sembra essere stato costruito al tempo dei Saraceni. Yimbo è dopo Jidda, il porto più frequentato in Arabia Deserta; qui tutto il grano viene dall’Egitto, senza il quale l’Arabia non potrebbe sussistere. Viene quindi trasportato in carri via terra alla Mecca e alla Medina. Yimbo è il porto di Medina. Avrei dovuto essere contento di aver fatto il resto del mio viaggio verso Jidda per terra, ma nessun cristiano può essere ammesso a viaggiare in Arabia Deserta, questo terreno è stato santificato dalle numerose spedizioni e viaggi del profeta. Eravamo quindi contenti di continuare il nostro viaggio via mare e, di conseguenza, come offriva l’occasione, per fare piccole incursioni nel paese proibito.

Abbiamo lasciato Jidda all’inizio di luglio e abbiamo proseguito lungo la costa dell’Arabia Deserta fino a Ras Hali, un promontorio che divide gli stati dello Sheriffo della Mecca da quegli dello Yemen o Arabia Felix […] che appartengono a un altro sheriffo, chiamato Iman, che risiede nell’entroterradi Sanaa […]. Tutto il litorale è deserto, come quello dell’Arabia Deserta, ma pieno di buoni porti e buoni luoghi di ancoraggio. All’inizio di agosto arrivammo a Loheia; è una città di qualche genere commerciale, costruita sulla punta di una lingua di terra all’ingresso di una grande baia ora per metà riempita di fango, e dove non c’è acqua per nessuna nave. Qui abbiamo aspettato fino all’inizio di settembre, quando abbiamo imbarcato a bordo una piccola barca per Massowa [1].

5. Le sorgenti del Nilo e la morte di Balugani

A fine settembre arrivarono a Massaua. Mentre aspettavano i permessi per procedere Bruce e Balugani fecero delle osservazioni sulla Baia di Massaua e sulle isole Dahlac. Addentratisi in Abissinia percorsero il Tigrè, il Beghemeder e il Lasta e il 14 febbraio 1770 arrivarono a Gondar, capitale del Goggiam;

Non posso darti un’idea migliore della difficoltà di viaggiare in questo paese se non di informarti che sono stato circa sessantuno giorni tra Massowa e Gondar, che possono essere circa 200 miglia, parte delle quali fatte a piedi; i miei telescopi, pendolo e quadrante, essendo la parte pesante del mio bagaglio, mi hanno dato grossi problemi. Mi è costato dieci uomini portare il quadrante sulle spalle, e spesso sono stato obbligato ad aiutarli, a dar loro coraggio. Abbiamo passato tutto quel tempo nella nostra tenda, stesi a terra, con rare provviste a parte pane e acqua; a volte un po’ di miele e caffè, perché tutto questo è come se fosse un deserto. Nel nostro cammino verso Gondar, attraversammo Axum, l’antica capitale di questo paese, ora ridotto a un grande villaggio [1].

Durante il viaggio Balugani disegna centinaia di mammiferi, uccelli, rettili, pesci, piante, spesso con note in italiano (Fig. 4), alcune mai descritte in precedenza come ad esempio la Brucea antidysenterica e l’Erythrina brucei il cui nome è dedicato proprio a James Bruce. Raccolsero più di 50 semi e bulbi di piante che Bruce donò a giardini botanici di Francia e Italia.

Fig. 4. Disegno di un pesce tropicale (Baekari Cheilinusm lunulatus) eseguito da Balugani in Etiopia (Yale, Center for British Art; Bruce Archive).

 

L’arrivo ad Axum coincise con la festa del Timkat (Epifania copta), durante la quale viene celebrata la processione dell’Arca dell’Alleanza, secondo la tradizione etiope. Alcuni hanno ipotizzato che questa fosse in realtà la vera missione della spedizione di Bruce. Axum è famosa per i suoi obelischi, e uno di essi fu l’unico monumento ritratto dalla spedizione in Etiopia. Nonostante Gondar non fosse più nel suo periodo di massimo splendore, i due viaggiatori furono comunque affascinati dalla città, dove rimasero alcuni mesi in attesa dei permessi per recarsi alle sorgenti del Nilo. Purtroppo, la morte dell’imperatore aveva scatenato una guerra civile che rendeva estremamente difficili gli spostamenti. Il nuovo imperatore, Tecla Haymanot II, era un ragazzo di tredici anni e il potere era interamente nelle mani del governatore del Tigrè, Ras Michael Sehul. Un primo tentativo di raggiungere le sorgenti del Nilo fu fatto nel maggio del 1770, ma riuscirono ad arrivare solo fino al Tissisat, le cascate del Nilo Azzurro sul Lago Tana. Le vere sorgenti furono raggiunte il 4 novembre e Bruce si attribuì il merito della scoperta, anche se questa era già stata fatta dal gesuita spagnolo Pedro Paez nel 1618.

Dopo il ritorno a Gondar, avvenuto la vigilia di Natale, Bruce e Balugani risiedettero nel palazzo di Qusquam, considerato più sicuro, a causa delle frequenti scaramucce che colpivano la città. La spedizione era terminata e i due decisero di rimpatriare attraverso la via della Nubia e dell’Egitto, ma Balugani non poté neppure iniziare il viaggio di ritorno: fu colpito, secondo quanto Bruce scrisse al conte Girolamo Casali, da “une dysenterie que ne cedoit pour rien a aucun remède”. La notizia della morte di Balugani fu comunicata da Bruce solo al suo ritorno in Europa nella primavera del 1773, retrodatandola al maggio del 1770. Sebbene la data esatta non sia nota, il diario di Balugani conservato a Yale è scritto in italiano fino all’11 marzo 1771 (Fig. 5) suggerendo che questa potrebbe essere stata la data della sua scomparsa. La diversa calligrafia utilizzata dopo metà febbraio potrebbe indicare che Bruce abbia preso il controllo del diario durante un periodo di malattia di Balugani.

Fig. 5. Diario di Balugani con le osservazioni meteo. Notare il testo in italiano fino all’11 marzo che può rappresentare la data di morte del disegnatore bolognese (Yale, Center for British Art; Bruce Archive).

 

La versione di Bruce sulla morte di Balugani fu accolta a Bologna con molte riserve; alcune incongruenze nel resoconto del viaggiatore inglese e la sua stessa personalità indussero i bolognesi a sospettare che la morte del giovane disegnatore fosse stata “procurata… per malignità da chi non voleva che ritornasse in Italia” [9]. Anche il fatto che la salma di Balugani non sia mai stata ritrovata contribuì ad alimentare i sospetti. È tuttavia certo che Bruce si attribuì senza scrupoli meriti che appartenevano al suo infelice compagno. La scelta della data del maggio 1770 non fu casuale, poiché se così fosse stato, Bruce avrebbe raggiunto le sorgenti del Nilo da solo. Infatti, in quasi 3000 pagine di testo nei 5 volumi dei Travels, il nome di Balugani appare solo due volte, con un ruolo descritto da Bruce come irrilevante e di fatto ininfluente sui risultati della spedizione, che egli attribuiva unicamente a sé stesso. Che Balugani avesse visto le sorgenti è però certo. In una lettera conservata a Yale e indirizzata forse a Gregorio Casali scrive:

[…] Il viaggio alle Fontane del Nilo che era il principal scopo del viaggio di Etiopia già è fatto, e potiamo dire alla barba di tanti sovrani dell’Antichità che abbiamo visto quello che loro hanno tanto bramato, ma che per mancanza d’Inteligenza hanno sempre preso quelle strade che li conducevano lontani dal fine proposto. Se piace a Dio, al presente che ciò è fatto, non tardaremo molto a ritornare alla nostra casa, ed il Mondo avrà un Istoria veridica di Etiopia con una carta delle più esatte delli luoghi che noi abbiamo visto […]. Io non mi diffonderò dettagliando per minuto il nostro viaggio, poiché questo potrebbe rendere disgustato il mio principale, che ne vuol dare una perfetta Istoria, ma solamente io mi ristringerò a narrare un costume usato da quei popoli vicini alle Fontane del Nilo […].

La prematura morte di Balugani e il mancato riconoscimento del suo lavoro da parte di Bruce hanno fatto si che il suo nome sia quasi sconosciuto. La spedizione di Bruce/Balugani dall’Algeria alle sorgenti del Nilo può essere considerata quasi l’atto di chiusura delle grandi scoperte geografiche iniziate nel XV secolo. Le successive esplorazioni misero a punto una nuova immagine del mondo incluse le vere sorgenti del Nilo. È un vero peccato che il nome di Luigi Balugani resti ancora sconosciuto e con la data di morte spesso relegata a quella suggerita da Bruce: maggio 1770.

Ringraziamenti

L’articolo è ispirato a quanto presentato il 12 febbraio 2024 nel corso dell’intervento all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna nell’ambito del ciclo “La Terra e la sua Storia”. Desidero ringraziare il Prof. G.B. Vai dell’invito al ciclo di seminari e il presidente dell’Accademia Luigi Bolondi per l’invito a partecipare alla serie degli Annales con il presente contributo. Si ringrazia il Center for British Art a Yale per la consultazione del materiale presente nell’archivio.

Bibliografia

1. Bruce, J. Travels to discover of the Source of the Nile in the Years 1768, 1769, 1770, 1771, 1772 and 1773. Edinburgh, 1790.

2. Hulton, P.; Hepper, F.N., Friis, I. Luigi Balugani’s drawings of African plants from the collection made by James of Kinnaird on his Travels to discover the Source of the Nile 1767-1773. Yale Center for British Art: New Heaven Conn, A.A. Balkema: Rotterdam, 1991.

3. Medde, S. The Antiquities of Africa. I disegni di architettura di James Bruce e Luigi Balugani. Mondadori: Milano, 2011.

4. Bruce, J. Travels to discover the source of the Nile in the years 1768, 1769, 1770, 1771, 1772, & 1773. 2nd edition, edited by Alexander Murray. Volumes 1-8. A. Constable and Co.: Edinburgh, 1804-1805.

5. Playfair, R.L. Travels in the Footsteps of Bruce in Algeria and Tunis. C. Kegan Paul: London, 1877.

6. Zanotti, G.B. Le pitture di Pellegrino Tibaldi e di Niccolò Abbati esistenti nell’Istituto di Bologna, descritte e illustrate da Giovan Pietro Zanotti. Pasquali: Venezia, 1756.

7. Shaw, T. Travels, or observations relating to several parts of Barbary and the Levant. Printed at the Theatre: Oxford, 1738.

8. Chiovenda, E. Documenti relativi a James Bruce e L. B. che visitarono l’Etiopia nel 1769-1772. Atti d. R. Accad. d’Italia, rendic. d. classe di scienze fisiche, matematiche e naturali s. 7, II, 1941.

9. Panzacchi, E. Un architetto bolognese in Abissinia nel secolo passato. La Vita italiana n.s., III, 1897, 295-298.

 


1 Tutte le immagini sono pubblicate a colori nell’edizione online degli Annales.