Storia del ripristino delle lapidi di Aldrovandi e dell’VIII Centenario all’Archiginnasio

Gian Battista Vai

Dip BiGeA, Museo Geologico Giovanni Capellini, SMA, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna; Accademico Emerito

Abstract

The Archiginnasio Palace, commissioned by Pope Pius IV as the main building of the Bologna University founded in 1088, was built from 1562 to 1563, and later abandoned in 1803 following Italy’s Campaign by Napoleon, to the become city Library. It was heavily damaged during the Allied bombing on January 29th, 1844. Two historical marble inscriptions were also destroyed. They were devoted to Ulisse Aldrovandi’s five teaching decades in that Palace, and to the globally attended Royal opening celebration of the 8th Centennial of the Bologna University in 1888. The history of the two plaques is traced back, ending up with their restored replacement at the entry of the Anatomical Theater, Archiginnasio’s most renown masterpiece created in 1636.

Keywords

Archiginnasio Palace, Ulisse Aldrovandi, 8th Centennial of Bologna University, 1944 Allied bombing, Historical plaques restored replacement.

© Gian Battista Vai, 2024 / Doi: 10.30682/annalesps2402d

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Prologo

Perché mai Alfredo Barbacci, grande soprintendente e autore di titoli come Il restauro dei monumenti in Italia (Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1956), Il guasto della città e del paesaggio (Firenze, Le Monnier, 1962), Il volto sfregiato (Bologna, Tamari, 1972), Monumenti di Bologna. Distruzioni e restauri (Bologna, Cappelli, 1977) non si occupò di ripristinare le ultime due lapidi che erano andate ad arricchire lo stuolo di stemmi, iscrizioni, epigrafi, pitture, altorilievi e busti di cui l’intero palazzo dell’Archiginnasio è scrigno, in un tripudio che culmina proprio nelle arcate dei due piani del loggiato che incornicia l’arioso solenne cortile? E sì che Barbacci era un colto conservazionista, e non solo in teoria o a scala urbanistica, come dimostrò nel far letteralmente risorgere il Teatro Anatomico ligneo frantumato dal bombardamento aereo alleato il 29 gennaio 1944, oltre un anno prima della liberazione della città. Lo squarcio di quelle bombe, cieche assassine, era penetrato fino al suolo e aveva divelto le porte della Cappella dei Bulgari, mandando in pezzi le due lapidi di Aldrovandi e dell’VIII Centenario dell’Alma Mater Università di Bologna, che a quelle porte erano adiacenti. In occasione dell’ultimo Centenario della nascita di Aldrovandi e della morte di Capellini nel 2022 mi è stato chiesto di rievocare il ripristino delle due lapidi che avvenne nel contesto favorevole del precedente Centenario Aldrovandiano (2005).

1. L’VIII Centenario della fondazione dello Studio

La lapide dell’VIII Centenario dello Studio celebrava l’evento in cui, per qualche giornata, Bologna respirava di nuovo l’aria della sua grandezza passata. Non era certo una replica dell’incoronazione di Carlo V in San Petronio (1530); ma erano pur sempre dei Reali coloro che nel 1888 venivano a incoronare la città e la sua Università, la più antica d’Europa, alla presenza di centinaia di delegazioni straniere ammaliate dall’oratoria veemente del vate del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, Giosuè Carducci.

L’idea del Centenario era balenata alla mente del rettore geologo Giovanni Capellini nel 1886 dopo aver sperimentato analoghe celebrazioni in varie università d’Europa, tutte assai meno antiche di Bologna. Capellini commissionò una ricerca storica sull’origine dello Studio a Carlo Malagola, che si trovò in concorrenza emulativa con il giovane Corrado Ricci. Capellini fu confortato dall’assenso entusiastico che diedero agli esiti della ricerca l’amico Giosuè Carducci e altri illustri colleghi. Allora Capellini assunse il 1088 come data affidabile per la nascita effettiva dell’Alma Mater e ne organizzò la solenne celebrazione dell’VIII Centenario nel 1888.

Capellini era al culmine della sua parabola di potere e di consenso. Nei suoi Ricordi (Bologna, Zanichelli, 1914) lascia intravedere chiaramente ostacoli, invidie e resistenze passive alla sua intraprendenza, assecondata però dall’adesione di molti e di Carducci in particolare. Era quello l’ultimo anno del suo triplice rettorato, dopo un primo mandato in sostituzione di un dimissionario. Nello stesso anno 1888 si teneva a Bologna l’Esposizione Emiliana, e Capellini dovette faticare non poco, pur essendone Vicepresidente, per evitare che l’evento regionale facesse concorrenza a quello internazionale e globale per i tempi, anziché prenderne spunto.

Non a caso, come sede della celebrazione, Capellini aveva pensato “da principio, al tempio di S. Petronio”; ma poi, per non voler “scendere a transazioni con l’Autorità ecclesiastica”, aveva scelto “l’antica sede dello Studio”, l’Archiginnasio.

Fu un trionfo dell’organizzazione inappuntabile e dell’intraprendenza di Capellini. Quattrocento professori (il numero magico degli eventi internazionali maggiori guidati da Capellini a Bologna) a rappresentare oltre 150 università e accademie del mondo intero, compresa la Nuova Zelanda, in corteo per vie e piazze del centro della città: Zamboni, Rizzoli, Nettuno, Maggiore (allora Vittorio Emanuele), D’Azeglio, Farini, Galvani. La famiglia reale al balcone di Palazzo d’Accursio. Poi, “indescrivibile lo spettacolo dell’entrata solenne dei Sovrani col seguito dei Ministri e degli Ambasciatori” all’Archiginnasio. Ricorda ancora Capellini – “Il maestoso chiostro dell’Archiginnasio ricoperto da un leggero velabro coi colori della città [bianco e rosso], adorno delle bandiere di tutte le nazioni e guernito di festoni di fiori, gremito dei rappresentanti della scienza mondiale”. Ma registra anche, con dolore quasi sacrificale, la morte dell’Imperatore Federico III di Prussia, mentore dell’evento e discendente di quel Federico Barbarossa che nel 1158 alla Dieta di Roncaglia aveva concesso agli studenti del­l’Università di Bologna l’imperiale privilegio. E non tace dei perduranti intrighi universitari per impedire la costituzione del Museo dell’VIII Centenario, i cui materiali ebbero per anni “asilo” improprio all’Archiginnasio. Si intravede qui una ragione, se non la principale, per cui Capellini destinò all’Archiginnasio e non all’Università la conservazione pubblica del suo ricchissimo episto­lario.

L’evento fu così memorabile che Capellini ottenne di apporre una lapide sul pilastro a sinistra dell’arcata XIV, sul lato destro della porta di accesso alla Cappella di Santa Maria Annunziata dei Bulgari.

Ritengo che questa lapide sia stata montata dopo l’evento, in quanto nella stampa cittadina del tempo non c’è traccia della sua inaugurazione durante le celebrazioni. La lapide, comunque, si intravede già in alcune fotografie antiche.

2. Il III Centenario della morte di Ulisse Aldrovandi

Il Centenario ricorreva il 4 maggio 1905. La celebrazione era stata sollecitata da Capellini solo in privato, in particolare al conte Nerio Malvezzi, discendente di Aldrovandi, e non ufficialmente perché Capellini era conscio di dover assumerne l’onere principale quando si trovava già in età avanzata. L’8 aprile 1905 il Sindaco Giuseppe Tanari annunciava la costituzione di un Comitato apposito di 26 membri fra cui Capellini, Carducci, Ciamician, Costa, Frati, Ghigi, Malvezzi, Vittorio Puntoni, all’epoca rettore, Alfonso Rubbiani, Sorbelli. Li insediava il giorno stesso della ricorrenza. Presidenti onorari erano il Sindaco e il Rettore. Presidente effettivo venne eletto Capellini che suggerì due vicepresidenti e tre segretari (Frati, Ghigi, e Sorbelli). Dopo la rinuncia del conte Malvezzi, Capellini propose Emilio Costa come oratore ufficiale delle onoranze e fece deliberare:

– la pubblicazione di un catalogo ragionato di tutte le opera di Aldrovandi;

– la ricostituzione del Museo Aldrovandiano;

– il conio di una medaglia commemorativa;

– la pubblicazione di un volume di memorie e di studi su Aldrovandi;

– l’apposizione di lapidi;

– l’invito alle principali Università, Accademie, e Istituti scientifici del mondo alle onoranze.

Per fare tutto ciò, si prese tempo fissando per la celebrazione una data arbitraria, il 12 giugno, che nel 1888 era stata scelta per celebrare l’VIII Centenario delle origini dello Studio Bolognese (il 12 giugno era un simbolo della Bologna risorgimentale per essere stata la data del plebiscito di adesione all’Italia unita nel 1859).

Come sede del ricostituendo Museo Aldrovandiano, l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna concesse la sala detta di Benedetto XIV da poco liberata dal gabinetto di fisica.

Fu anche costituito un Comitato speciale per la Storia dello Studio Bolognese formato in gran parte dal Comitato delle Celebrazioni e presieduto sempre da Capellini.

Furono invitate ad aderire alle onoranze 120 Università (22 italiane) e 177 Accademie e Istituti scientifici (29 italiani).

I contributi finanziari vennero dal Municipio, dal Governo (Istruzione e Agricoltura, Industria e Commercio), e dal Re Vittorio Emanuele III (5.000 lire del tempo equivalenti a circa 25 milioni di lire del 1999).

Nel frattempo, morivano Carducci e Brizio nel 1907.

I preliminari delle onoranze ebbero luogo l’11 giugno 1907, e si conclusero con un sontuoso ricevimento nella sala rossa di Palazzo d’Accursio (il buffet era di Maiani). La commemorazione solenne fu tenuta all’Archiginnasio il 12 giugno con l’inaugurazione di una lapide nel loggiato a pianterreno dello stesso Archiginnasio, a ricordo dell’insegnamento di Aldrovandi anche in quella sede per quaranta anni (1563-1603) dei quarantotto continui che Aldrovandi dedicò alla didattica nell’Università di Bologna. Il 13 giugno fu inaugurato il Museo Aldrovandiano all’Università.

Il discorso con cui Capellini, presidente del Comitato, aprì le onoranze è un classico in materia di recupero del retaggio culturale e museologico, e per la sua attualità meriterebbe attenta rilettura (Onoranze a Ulisse Aldrovandi, Imola, Galeati, 1908, pp. 43-57, https://archive.org/details/onoranzeulisseal00aldr).

Al termine dei discorsi celebrativi, verso metà giornata del 12 giugno 1907, nel loggiato a piano terra venne scoperta l’iscrizione fatta preparare da Capellini. Era incisa con caratteri dorati su una lastra marmorea bianca screziata, montata sul pilastro a sinistra dell’arcata XIII, sul lato sinistro della porta d’accesso alla Cappella di Santa Maria dei Bulgari, in posizione simmetrica rispetto alla lapide dell’VIII Centenario dello Studio.

3. Il 12 o 13 giugno? PRIDIE EIDUS IUNAS

Chi legga attentamente il volume delle Onoranze a Ulisse Aldrovandi (Imola, Galeati, 1908) viene colpito da una contraddizione, fonte di un piccolo giallo non ancora segnalato e inspiegato. La lapide aldrovandiana portava come data di inaugurazione “IL DI XIII GIUGNO MCMVII” come appare nella tavola fotografica (Fig. 1; Onoranze, 1908, fra pp. 146 e 147).1 Nel testo, invece, la lapide trascritta porta come data “IL DI’ XII GIUGNO MCMVII”, coerentemente col giorno effettivo della inaugurazione (p. 146). Forse intervenne un cambiamento nel programma delle tre giornate celebrative, e non c’era più tempo per modificare la lapide. Capellini ne doveva essere conscio e accettò la doppia verità adeguando il testo alla vera data di inaugurazione, senz’altro commento.

Ho ritenuto preferibile far reincidere la nuova lapide attenendomi fedelmente all’originale anche se sbagliato. Ma ho voluto segnalare il piccolo giallo.

Che Capellini fosse incorso in un infortunio nella lapide aldrovandiana, forse per eccesso di zelo, è confermato da altre due lapidi inaugurate nello stesso giorno per volere del Comitato sulla casa natale di Aldrovandi e nel locale della ex Borsa: esse riportano correttamente la data del 12 giugno 1907 (pp. 151, 152). Altrettanto chiaramente lo testimonia la lapide voluta da Capellini e dettata da Giovanni Pascoli che inizia con “PRIDIE EIDUS IUNIAS ANNO MCMVII” (p. 152), apposta cioè “il giorno precedente le idi di giugno 1907” nella Tribuna Aldrovandi dell’Istituto geologico. Infine, una scritta analoga si trova anche nella medaglia commemorativa del III Centenario.

Fig. 1. Lapide aldrovandiana sormontata dallo stemma di casa Aldrovandi nell’arcata XIII (n. 33) del loggiato al pianterreno in una foto del 1907.

 

4. Alla ricerca delle lapidi

Quel lontano piccolo giallo me ne ricorda un altro: la sorpresa che, insieme con Stefano Marabini, ci colse nell’autunno del 2002 quando, memori di antiche letture, ricercammo invano la lapide tricentenaria aldrovandiana all’Archiginnasio. Eppure, fu una peregrinazione utile, una risonanza esaltante dei segni vivi di un passato splendore e di antistoriche esibizioni.

Poco tempo dopo, un solerte addetto di biblioteca mi segnalò il volume di Forni e Pighi, Le iscrizioni dell’Archiginnasio (Bologna, Zanichelli, 1962). Effettivamente la lapide aldrovandiana (e quella dell’VIII Centenario dello Studio) erano ubicate con precisione e trascritte. Non erano neppure comprese nella lista delle iscrizioni scomparse a causa del bombardamento. Dovevano quindi trovarsi da qualche parte. Ma al loro posto non c’erano più. E nella parte alta del pilastro a sinistra dell’arcata XIII mancava anche il grande “stemma di marmo a rilievo appartenente al ramo della famiglia Aldrovandi che diede Ulisse” (Onoranze, p. 146) (Fig. 1). Evidentemente, anche lo stemma era stato travolto e distrutto dal bombardamento.

Incuriosito, mi rivolsi a una signora, assai gentile, di nome Adriana, addetta alla guardiola. Candidamente mi disse che la lapide aldrovandiana si trovava ora nell’atrio fra la guardiola e un disimpegno di sicurezza, montata nel 1982 per cura dell’Architetto Franco Bergonzoni reggente della Biblioteca dell’Archiginnasio dal 1980 al 1986. Effettivamente una scritta sotto la lapide ricorda che la stessa fu “travolta nella rovina dell’edificio il 29 gennaio 1944, restaurata e ricollocata nel gennaio 1982”. A prima vista, dalla iscrizione si poteva arguire che durante la caduta la lapide fosse rimasta integra e solo la pesante cornice in Breccia Aurora avesse richiesto un restauro. Ma un confronto attento con la fotografia delle Onoranze chiariva che la lapide era nuova e che solo la cornice forse recuperava parti dell’originale. Nello stesso 1982 il Direttore Bergonzoni aveva fatto apporre nel loggiato superiore una lapide in arenaria con iscrizione dorata in ricordo della visita del Santo Padre Giovanni Paolo II il Grande all’Archiginnasio. Nella stessa occasione aveva forse ritenuto opportuno recuperare almeno la memoria materiale della lapide aldrovandiana. La prima parte del mistero cominciava quindi a dipanarsi.

Che ne era stato allora della lapide dell’VIII Centenario dello Studio? Mi rivolsi al Direttore del tempo, Pierangelo Bellettini, a fine gennaio 2003. Egli subito mi indicò un ripostiglio nel retro della sacrestia, adibita a magazzino, della Cappella di Santa Maria dei Bulgari all’Archiginnasio. Fra l’altro, il ripostiglio non compare nella pianta dell’Archiginnasio. La lapide si trovava nuda, appoggiata alla parete del ripostiglio. Nella penombra si intravedeva una volta a botte e, sul fondo, una ricca decorazione simulante una grotta con vere conchiglie chiare di bivalvi alternanti con frammenti verdastri di rocce ofiolitiche, con un lavabo a due valve aperte sorretto da un putto e iscrizione giovannea sul cartiglio in alto che recita: “QUI LOTUS EST NON INDIGET. S. JOAN.”: un gioiellino di barocco naturalistico che meriterebbe una qualche fruizione inserendolo in un percorso di visita della Cappella di Santa Maria dei Bulgari tramite l’annessa sacrestia (devo a Mario Fanti l’identificazione della funzione liturgica del lavabo). Le conchiglie appartengono in gran parte a tre generi di bivalvi dell’alto Adriatico, Pecten, Rudicardium e Chlamys, provenienti dall’esercizio della pesca.

La lapide dell’VIII Centenario è integra e senza traccia di inchiostratura nelle incisioni. Ne ho dedotto che si tratti di un rifacimento postbellico mai messo in opera.

Il Direttore Bellettini non mi diede notizie certe. Mi riferì voci derivate dal Direttore Bergonzoni relative alle titubanze del Soprintendente Barbacci. Questi inizialmente aveva fatto reincidere dai marmisti della Certosa le due lapidi spezzate. Tuttavia, al termine del restauro del palazzo, aveva preferito non metterle in opera perché debordavano dalla larghezza delle lesene dei pilastri e, in fondo, erano lapidi montate tardivamente all’Archiginnasio. Il primo motivo mi parve un comodo alibi tecnico, anche se infondato, perché tante altre debordano ancor oggi; il secondo un argomento specioso. Anche il Direttore convenne che forse dietro c’erano altri motivi, non confessi, che allora potevano apparire seri: la lapide dell’VIII Centenario dello Studio dava rilievo anche ai Reali, fatto ancora disdicevole a pochi anni dal referendum abrogativo della monarchia. Si disse comunque contrario a un ripristino delle lapidi nella loro sede antebellica. Feci notare al Direttore che a noi dei Reali, allora come oggi, non interessava granché; della storia di Bologna, di Aldrovandi e dell’VIII Centenario, invece, era meglio che nessuno si dimenticasse, anzi, che ciascuno ne fosse fiero.

5. Verso il ripristino

Ne riferii al Rettore Calzolari, che mi spronò incondizionatamente. La riapertura del Museo Capellini con la inaugurazione di una lapide celebrativa del quadricentenario della parola geologia (Aldrovandi, 1603) alla presenza del Cardinale Giacomo Biffi il 12 dicembre 2003 fu l’occasione per concretizzare il ripristino. Ci si avviava infatti a svolgere nel 2004 per la seconda volta in Italia, a Firenze, il 32mo Congresso Geologico Internazionale, istituzione ideata da Capellini e di cui a Bologna si era tenuta nel 1881 la seconda sessione, presieduta appunto da Capellini (e non a caso un successore di Capellini aveva ottenuto questo grande riconoscimento all’Italia dopo 123 anni). Nel 2005 poi sarebbe ricorso il quarto centenario della morte di Aldrovandi.

Incontrato l’Architetto Franco Bergonzoni, il 16 dicembre 2003 ci recammo all’Archiginnasio. Bergonzoni mi confermò e precisò quanto dettomi da Bellettini sulle lapidi. Parve, però, subito felice della mia proposta di ripristinare in luogo consono quelle lapidi e la memoria dei loro eventi. Era una sorta di riparazione per non averlo fatto prima, ma anche un’autocertificazione per aver già fatto un passo avanti rispetto a Barbacci almeno nella conservazione della lapide aldrovandiana. Della lapide dei Reali, invece, non si era occupato. Anzi, non conosceva neppure l’esistenza dello stanzino con lavabo e ornato a conchiglie, sempre mascherato dai materiali ammucchiati nella sacrestia. Sembrava aver fretta Bergonzoni, che dopo poche settimane sarebbe entrato in ospedale cominciando una lunga lucida lotta contro il suo male.

Misurammo insieme le lapidi, studiammo insieme dove e come metterle nuovamente in opera nelle arcate del loggiato superiore. Da bravo architetto, Bergonzoni mi fece direttamente sul campo il bozzetto del progetto (Fig. 2). Il giorno successivo lo trasposi in simulazione con fotomontaggio.

Fig. 2. Bozzetto dell’architetto Franco Bergonzoni per il ripristino delle lapidi (16 dicembre 2003).

 

Nel frattempo, ai primi giorni del 2004, il Rettore aveva segnalato all’Assessore alla Cultura della giunta Guazzaloca l’opportunità del ripristino delle lapidi e l’Assessore Marina Deserti aveva dato l’assenso comunale, subordinato alla autorizzazione della Soprintendenza. Si fecero due sopralluoghi con il Direttore Bellettini, l’Architetto Bergonzoni e l’Architetto Leonardo Marinelli della Soprintendenza, il quale cortesemente ci assistette nella procedura e nella formulazione del progetto, redatto poi dall’Ufficio Tecnico dell’Università. Si era concordato di

(1) riprodurre su nuove lapidi le iscrizioni perdute con le lapidi originarie, a seguito del bombardamento del 29 gennaio 1944; (2) lasciare la lapide aldrovandiana rifatta dopo la guerra nell’atrio della guardiola dove è murata dal 1982, e conservare quella dell’VIII Centenario, pure rifatta e mai montata, in un deposito consono e non precario; (3) usare lastre marmoree di tono più caldo di quelle rifatte nel dopoguerra, simile a quello delle lapidi di Malpighi, Sbaraglia e Valsalva al I piano dell’Archiginnasio; (4) dare alle due lapidi la stessa dimensione esterna (89 cm x 125 cm) e montarle a raso o leggero sbalzo, come per la lapide di Giovanni Paolo II, con un filetto, sempre in analogia con le lapidi Malpighi, Sbaraglia e Valsalva; (5) lasciare invariato il testo delle iscrizioni; (6) le lapidi verranno inserite nella parete delle due arcate adiacenti all’ingresso del Teatro Anatomico. È inteso che le spese di esecuzione e messa in opera delle nuove lapidi da parte della Marmeria Graziani saranno a carico dell’Università di Bologna.

Il Congresso Geologico Internazionale di Firenze 2004, la costituzione del Museo della Madonna di San Luca, e varie mostre all’Archiginnasio hanno ritardato di un anno l’esecuzione del ripristino, che si è concluso materialmente il 4 novembre 2005 in pieno anno aldrovandiano. Nel frattempo, purtroppo, si è concluso anche il percorso terreno, sofferto e luminoso, di Franco Bergonzoni, a cui va la nostra gratitudine e la dedica spontanea in riconoscimento di una vita trascorsa in risonanza costante con la storia e la cultura scientifica e artistica della città. Era un fine cultore della storia e delle caratteristiche costruttive e ornamentali dei materiali, dilettandosi di poter spartire e integrare le proprie competenze professionali con quelle dei geologi. Ricordo che il suo volto si illuminò quando gli dissi che avrei incaricato l’artista incisore e marmista Arnaldo Graziani di S. Giovanni in Persiceto dell’esecuzione delle nuove lapidi (Figg. 3, 4). Ma non poté scegliere con noi nel ricco piazzale della marmeria la lastra di marmo Calacatta, delle Alpi Apuane, che più si armonizzava con le lapidi antiche del loggiato superiore. Il tempo conferirà alle due lapidi rinnovate quella patina naturale carnicina che caratterizza l’ambiente e le atmosfere eteree dell’Archiginnasio (Fig. 5).

Le lapidi sono state inaugurate ufficialmente il 2 febbraio 2006, ore 16:30, alla presenza del Magnifico Rettore Pier Ugo Calzolari e del Sindaco Sergio Cofferati, oltre a un centinaio di convenuti raccoltisi nella splendida sala del Teatro Anatomico ad ascoltare le presentazioni del Direttore Bellettini, del Magnifico Rettore e di chi scrive. Così per una serata l’Università è ritornata all’Archiginnasio, sua antica sede da metà Cinquecento al Settecento.

Tutta questa storia di recupero della memoria è stata riproposta in occasione del Decennale della Sezione di Storia delle Geoscienze della Società Geologica Italiana celebrato il 26-27 gennaio 2023 all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna (con visita al Museo di Palazzo Poggi per i centenari di Aldrovandi e Capellini del 2022, al solito con qualche ritardo), e del successivo Geo-dì del 15-16 febbraio 2024 sempre alla gloriosa Accademia Marsiliana Bolognese.

Fig. 3. Lapide aldrovandiana rinnovata in opera (15 dicembre 2005).

 

Fig. 4. Lapide dell’VIII Centenario rinnovata in opera (15 dicembre 2005).

 

Fig. 5. Loggiato superiore dell’Archiginnasio con le nuove lapidi appena ripristinate nella nuova sede al centro basso delle due arcate ai lati dell’accesso al Teatro Anatomico (4 novembre 2005).

Allegati

SCHEDE CRONISTORICHE DELLE LAPIDI
DI ALDROVANDI E DELL’VIII CENTENARIO DELLO STUDIO
NEL LOGGIATO DELL’ARCHIGINNASIO

Stato all’ottobre 2005

Le due lapidi delle dimensioni di circa 100 cm per 70 cm (altezza per larghezza) e incisioni do­rate erano montate sulle lesene dei pilastri interni del porticato dell’Archiginnasio nel loggiato del piano terra ai due lati del portale di accesso alla Cappella dei Bulgari. Come in molti altri casi dello stesso loggiato, le lapidi debordavano di circa 10 cm dai limiti della larghezza delle lesene.

Le lapidi furono coinvolte nel crollo di parte dell’ala del Palazzo comprendente la Cappella di Santa Maria dei Bulgari e il Teatro Anatomico a seguito del bombardamento del 29 gennaio 1944.

Le lapidi sono citate in Forni G. e Pighi G.B. (cur.), Le iscrizioni dell’Archiginnasio, Bologna, Zanichelli Ed., 1962, e non vengono elencate fra quelle scomparse con la guerra. Tuttavia, non si trovano più al loro posto. Nel libro esse sono indicate come iscrizioni in onore di Aldrovandi (Arcata XIII, FP 33) e Umberto I – VIII Centenario (Arcata XIV, FP 34).

I lunghi lavori di recupero e restauro diretti dal Soprintendente Alfredo Barbacci e terminati durante la direzione dell’Architetto Franco Bergonzoni non hanno previsto il ripristino delle lapidi nella loro ubicazione precedente, dopo il loro rinnovo per cura di Barbacci (?).

La lapide dell’Ottavo Centenario, reincisa e mai rimessa in opera, si trova appoggiata in modo precario alla parete del piccolo vano accessorio alla Cappella dei Bulgari posto a lato della relativa sacrestia-magazzino.

La lapide di Aldrovandi, incisa di nuovo su lastra marmorea simile all’originale e con la cornice quasi identica a quella distrutta, è stata montata nel 1982 nella parete interna del disimpegno di accesso alla guardiola del Palazzo. Il carattere usato per l’incisione è leggermente diverso dall’originale.

 

LA LAPIDE DELL’VIII CENTENARIO

NELLA PRESENZA
DI UMBERTO I RE D’ITALIA
DI MARGHERITA REGINA
DI VITTORIO EMANUELE PRINCIPE EREDITARIO
UNIVERSITA’ E CITTADINANZA
A’ DI XII E XIII GIUGNO MDCCCLXXXVIII
CELEBRARONO
QUI NELLA SEDE ANTICA
L’OTTAVO CENTENARIO
DELLO STUDIO BOLOGNESE
CONVENUTI DA OGNI GENTE
I DELEGATI
DELLE UNIVERSITA’ E DELLE ACCADEMIE SCIENTIFICHE
AD ATTESTARE PERPETUA NEL MONDO
LA REVERENZA E LA GRATITUDINE
VERSO LA MADRE DEGLI STUDI
CHE RESTAURATRICE PRIMA DEL DIRITTO ROMANO
POSE IL FONDAMENTO DELLA MODERNA CIVILTA’

 

Dimensioni 90×124,5 cm (senza cornice)

Segni caratteristici Un filetto sovralinea segna i numeri romani

Messa in opera Dopo il 1888 perché di essa non viene fatto cenno nel giornale dell’Esposizione di Bologna nel cui quadro si svolgevano le Celebrazione dell’VIII Centenario ampiamente documentato nella cronaca

Foto originaria Non ancora ritrovata in vista frontale prossima (forse compresa nell’Album Belluzzi del Museo Civico del Risorgimento, Bologna). È disponibile una vista obliqua da metà del porticato meridionale (in Forni, Pighi 1962) o dal centro del cortile (in Barbacci 1977)

Bombardamento 1944 La lapide è stata distrutta dal bombardamento

Restauro post-bellico È stata reincisa ma non messa in opera

Stato attuale Abbandonata in modo precario in uno stanzino dell’Archiginnasio (vedi sopra)

Foto attuale L’incisione priva di inchiostratura e l’angustia dello stanzino non permettono una fotografia soddisfacente della iscrizione

 

LA LAPIDE DI ALDROVANDI

 

ULISSE ALDROVANDI
IN QUESTO ARCHIGINNASIO
NOVAMENTE ALLORA EDIFICATO
SI CONFERMO’ PRINCIPE DEI FISICI
E FECE GLORIOSA LA CATTEDRA
DALLA QUALE PER XL ANNI
DIFFUSE
LA SUA ONNISCIENZA DELLA NATURA

NELL’AMMIRAZIONE A LUI DEI POSTERI
PARI A QUELLA DEI CONTEMPORANEI
E NELLA PRESENZA DEI DOTTI
CONVENUTI DA OGNI PARTE DEL MONDO
CELEBRANDOSI IL III CENTENARIO
DALLA SUA MORTE
FU POSTA QUESTA MEMORIA
IL DI XIII GIUGNO MCMVII

 

Dimensioni 77×117 cm (al bordo interno della cornice)

Messa in opera 1907 (non 1507, come per refuso appare in Forni, Pighi 1962)

Foto originaria La lapide è attaccata alla lesena del pilastro immediatamente adiacente al portale della Cappella dei Bulgari sulla sinistra entrando. Sopra la lapide è affisso lo stemma di Aldrovandi. Confrontando questa foto con quella attuale vede dal carattere della scritta che la lastra andata distrutta è stata reincisa su un supporto marmoreo nuovo simile all’originale. La cornice invece appare restaurata dall’originale.
Da Onoranze a Ulisse Aldrovandi, Imola, Galeati, 1908, a fronte di p. 146 (Si noti che anche qui c’è un refuso: l’inaugurazione avvenne il XII anziché XIII giugno come appare sulla lapide)

Bombardamento 1944 Evidentemente la lapide andò in pezzi

Restauro post-bellico La lapide rinnovata venne ricollocata sulla parete interna del disimpegno di accesso alla guardiola dell’Archiginnasio nel gennaio del 1982 per cura dell’Arch. Franco Bergonzoni

Stato attuale La lapide è conservata, ma in luogo e modo non conveniente alla visibilità e al buon nome di Aldrovandi

Foto attuale In Quadricentenario della parola Geologia Ulisse Aldrovandi 1603 Bologna, a cura di G.B. Vai, W. Cavazza, Bologna, Minerva Edizioni, 2004

 


1 Tutte le immagini sono pubblicate a colori nell’edizione online degli Annales.