Il volo cieco dei pipistrelli. 1793, Lazzaro Spallanzani e la ricerca sui chirotteri, mammiferi volanti
Stefano Meloni
Presidente Centro Studi Lazzaro Spallanzani, Scandiano
Contributo presentato da Luigi Bolondi
Abstract
Spallanzani carried on his researches on the blind flight of bats mainly in Scandiano, in the summer of 1793 and 1794, thanks to the great number of Chiroptera (bats) in the Rocca basement and in the tower. He wanted to discover how the bats can fly in total darkness, avoiding obstacles. He performed a series of experiments in which all the senses were eliminated in turn, but none of them seemed to be of any essential importance. In the end he concluded that blind bats are guided by their ears, i.e. “ci vedessero con le orecchie”.
Keywords
Chiroptera, Bat, Blind fight, Experiments, Darkness.
© Stefano Meloni, 2025 / Doi: 10.30682/annalesps2503c
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È opinione comune tra gli studiosi di Spallanzani che lo scienziato abbia iniziato le ricerche sul volo cieco dei pipistrelli nel 1793-94, mentre si occupava di una piccola civetta dal verso inconfondibile, che lui chiamava appunto famigliarmente “Chiù” (Otus scops). In realtà gli studi sui mammiferi “volanti” devono essere spostati indietro, al 1773, quando Spallanzani si interessava degli studi sugli animali privati dell’aria. È pur vero tuttavia che la vera svolta al lavoro sui pipistrelli si ebbe esattamente il 5 agosto 1793, quando lo scandianese scrive: “Ho voluto sapere se i Chiù nelle folte tenebre ci veggono”. Così, in una delle sue consuete prove sperimentali, liberò tre piccole civette che al chiarore di una semplice candela volavano con sicurezza all’interno di una piccola stanza adibita alla prova. Quando la candela veniva spenta: “[il Chiù] andava a urtare contro la muraglia, o contro altro, poi cadeva a terra come uno straccio […]. Resta dunque deciso che nella totale privazione della luce non ci veggono”. L’interesse per gli uccelli predatori notturni si ferma qui; Spallanzani ha appurato che sono in grado di volare agevolmente con precarie condizioni di luce, ma al buio totale appaiono ciechi. Sappiamo quanto Spallanzani nelle sue ricerche compisse talvolta salti tassonomici tra i soggetti osservati; l’idea era verificare se altri soggetti volanti, non più uccelli, ma mammiferi, potessero volare nell’assoluta oscurità.
Il nostro compie così la medesima prova nello stesso stanzino utilizzato per i Chiù e si accorge che anche a candela spenta i pipistrelli, al contrario degli uccelli, mantengono un volo regolare senza sbattere contro alcuno ostacolo. La cosa non stupisce lo scienziato, egli immagina che quel luogo che è apparso ai suoi occhi buio, in realtà non lo sia, e afferma: “quel luogo che noi credessimo tenebroso affatto non lo è del tutto, giacché senza luce i pipistrelli non ci vedrebbero”. Reazione del tutto naturale: chi è in grado tra i viventi di orientarsi nel buio totale? Così giunge a pensare che se all’occhio umano quella stanza appariva del tutto oscura, forse non lo era per il pipistrello, dotato di capacità visive superiori a quelle umane. Occorreva giungere ad un’altra prova mutuata dalla falconeria: oscurare con un cappuccio, opportunamente predisposto, gli occhi del pipistrello per impedirgli la visione, proprio perché questa, forse era superiore a quella dell’uomo. Inizialmente la prova conferma le ipotesi di partenza: il pipistrello è turbato dal cappuccio e non vola con regolarità, quindi anche il pipistrello al buio totale non vola? Spallanzani non si accontenta certo di una semplice prova sperimentale, decide di proseguire inibendo la visione del chirottero con palline di vischio poste ad occludere gli occhi. Nulla delle ricerche, fino a lì condotte, faceva ipotizzare che si dovesse indagare altrove e non sul senso della vista. Il pipistrello, con la vista inibita, vola regolarmente. Lo studioso, dando per accertato che ciò non dovrebbe essere possibile in natura, procede con interventi più invasivi allo scopo di “cancellare” dal chirottero la possibilità di vedere. Elimina i bulbi oculari, recide il nervo ottico, riempie le cavità con palline di vischio, opera drasticamente alla esclusione di un senso. I tentativi appaiono inutili: “È incredibile la sorpresa in me cagionata da questo pipistrello che assolutamente ci vedeva, quantunque privo del bulbo degli occhi”. Il rapporto tra orientamento e vista era ciò che la scienza da sempre aveva teorizzato, tuttavia i chirotteri privati della vista continuavano a orientarsi efficacemente. Ipotizza quindi inizialmente che i pipistrelli posseggano un senso a noi sconosciuto che permette loro di volare nelle tenebre, senza ostacoli. Poi procede a verificare gli altri sensi presenti nei viventi: udito, tatto, gusto, odorato, operando via via per esclusione, verificando se il volo cieco dei pipistrelli sia governato, se non dalla vista, da un altro dei rimanenti sensi.
Quattro mesi dopo l’inizio della ricerca Spallanzani traccia un primo provvisorio bilancio dei risultati: “È chiaro che l’udito, e molto meno il gusto non possono concorrere a produrre i [fenomeni osservati]. Tutti gli sforzi per ispiegar questi strani fenomeni si riducono al tatto e all’odorato”. Già il 17 ottobre 1793, da Scandiano dove stava operando, scrive: “[…] il tatto non può supplire nei pipistrelli alla mancanza dell’occhio, mostra pure che non si può ricorrere all’udito”.
Le esperienze condotte sui pipistrelli, mentre è giunto l’inverno e le prove sperimentali devono essere interrotte, vengono raccontate dallo Spallanzani allo svizzero J. Sénébier e tramite lo scienziato alla Società di Studi Naturalistici di Ginevra. Così il naturalista ginevrino L. Jurine venuto a conoscenza della memoria dello scandianese opera a sua volta sui pipistrelli e con prove circostanziali pare dimostrare che la capacità mostrata dai chirotteri nell’orientarsi nel volo cieco sia da attribuire all’udito.
Spallanzani indefessamente ricomincia nel maggio del 1794 a Scandiano le prove compiute in precedenza. Questa volta, ammaestrato dalle prove di Jurine, in riferimento all’udito, utilizza materiali come il sego capaci di occludere con successo i canali auditivi. La ricerca sperimentale sui pipistrelli, che oggi definiremmo etologica, è giunta al termine, Spallanzani può legittimamente affermare: “[…] convien dire che allora non faccia uso [il pipistrello] dell’occhio, ma dell’udito, ed il fenomeno si può spiegare col dire che il moto delle ali e del corpo urtano l’aria e questa venendo riurtata dai corpi solidi circostanti, egli li senta, e li declini […]. Adunque bisogna dire che di giorno il pipistrello non si serva degli occhi, ma che voli diretto ne’ suoi voli dall’udito […]”. Tutte le esperienze condotte da Spallanzani sul volo cieco dei pipistrelli sono effettuate nei mesi estivi a Scandiano dove l’approvvigionamento dei pipistrelli è possibile nella Rocca dei Boiardo che ne è una vera e propria miniera. I sotterranei, grandi e tortuosi, ricchi di volte e anfratti nelle pareti, da anni in stato di quasi abbandono, sono ricchi di pipistrelli che vi soggiornano nei mesi estivi a veri “grappoli”. Appartengono ad una specie che lo scienziato familiarmente definisce a “ferro di cavallo” per la forma tipica del muso. Sono di piccole dimensioni, facilmente catturabili o uccisi con “lo schioppo a vento”.
La facciata della casa natale dello scienziato, quella dove erano poste le sue stanze, è posta a sud e nei pomeriggi estivi è raggiunta dal sole che la scalda senza sosta, così Spallanzani, ormai aduso al clima pavese, preferisce chiedere al marchese di Scandiano, figlio naturale di Ercole III signore del ducato di Modena e Reggio, di poter usufruire di due stanze, una per sé, l’altra per il suo servitore Giovanni (detto Giò), anche se piccole, nella torre della rocca, i cui muri assicurano una temperatura confortevole (Spallanzani la misura scoprendo che si aggira nel pomeriggio attorno a 20 gradi, mentre nei sotterranei essa scende a 16, e nei granai sale a 24). Anche i granai sono in stato di semiabbandono e anche lì abbondano i pipistrelli che sostano nelle travature dei tetti e appartengono alla stessa specie di quelli presenti nei sotterranei. La supplica al marchese viene accolta e Spallanzani può ora disporre di una stanza in torre dove effettuare gli esperimenti e dove ha fatto portare dalla propria casa l’occorrente in strumenti e materiali dal fido servitore Giò, che insieme a lui e al fratello Nicolò provvederà alla cattura dei piccoli mammiferi volanti. Ha inizio il suo lavoro di ricerca che ha come luoghi di elezione i sotterranei della rocca e i granai della stessa. Il primo obiettivo appare senz’altro quello di intraprendere una attenta osservazione intorno alle caratteristiche e al comportamento dei chirotteri, per verificare dove vivano, dove nidifichino, come si comportino in volo.
Scandiano, 30 luglio 1793. Ho voluto esaminare i luoghi della Rocca dove si trovano i pipistrelli. Sono tutti dei soliti, di cui porterò alcuni saggi a Pavia. Di sopra la Rocca in un granajo ve ne stanno diversi attaccati alle travi, e sempre capovolti: alcuni insieme attaccati fanno un gruppo solo, e due o tre sostentano cinque o sei. […] Ne’ sotterranei della Rocca vi sono sotto nel cielo delle magnifiche volte fatte di mattoni vi sono dei buchi, dentro ad ognuno de’ quali trovasi un pipistrello. Tutti capovolti e attaccati alla volta si trovano dunque in quelle tenebre, come si vede da una candela appressatavi. Formano ammassi, ed andandovi sotto non si muovono, ma si dimenano forte, e solamente in parte fuggono, gettandovi un sasso contro. Ma è incomodissimo andarvi sotto per l’orina che mandan fuori a gocce. […] Come ho veduto di sopra nel granajo nominato, poiché avendone uccisi diversi, li ho trovati tutti vecchi. Ecco la distinzione tra vecchi, e i giovani. Il pelo degli ultimi è più morbido, più fino massimamente nel ventre.
Scandiano, 7 agosto 1793. A un ora e mezzo di notte sono andato ne’ Sotterranei della Rocca dove di giorno è un esercito di pipistrelli, e non ne ho trovato che uno giovane, e che volava anche male […] erano dunque alla pastura. Il cielo era affatto sereno, e in conseguenza i punti di luce delle stelle potevan servire loro per vedervi. […] Alle ore 7.mattutine di questo medesimo giorno essendo andato ne’ sotterranei, vi ho trovato come l’altre volte i ritornati pipistrelli.
Verso la fine di agosto Spallanzani si impegna nei primi esperimenti volti a inibire la vista dei pipistrelli, prima con il nominato cappuccio da falconeria, poi con un cappuccio di “rete rara”, infine eliminando i bulbi oculari dei chirotteri.
Scandiano, 25 agosto 1793. […], dopo ho coperta la testa con la solita borsetta di pelle nera ed opaca; allora il pipistrello dall’urtare incessantemente nelle pareti laterali, dava segno di non vederci: ma che? posta nella testa una borsetta di tela rara di filo, quasi quasi accade lo stesso. Questi fenomeni mi hanno determinato a farne un altro ch’io credea decisivo, ed è stato di levar gli occhi a qualche pipistrello. Adunque con la punta delle forbici ho levato il bulbo degli occhi intero ad un pipistrello. Su le prime, forse pel troppo dolore, si è arrestato a terra: poi messo nell’aria si è dato a volare speditamente, infilando i corridoi dei sotterranei, due o tre volte li ha corsi volando da cima a fondo con la speditezza e sicurezza di un pipistrello illeso, e più di una volta si è attaccato alle pareti laterali, e al cielo dei sotterranei, ed in fine si è piantato entro un buco del cielo del diametro di due pollici […] è incredibile in me la sorpresa di questo pipistrello che assolutamente ci vedeva, quantunque privo del bulbo degli occhi.
Scandiano, 30 agosto 1793. Sono poi passato a due altri tentativi, che dovevano veramente decidere, se que’ moti in aria erano accidentali, o diretti da un principio equivalente a quello dell’organo visivo. Il primo è stato il seguente. In Rocca evvi una scaletta segreta a lumaca, che dal fondo piano primo conduce nel Piano di un superiore Appartamento, e questa scala ha gradini 49., e l’altezza di un gradino è di pollici 6. I rami della scala sono 6. L’altezza della sommità della volta [ai sottostanti gradini] è piedi 6., pollici 6. La larghezza della scala è piedi 2., pollici 3. Sicché questa scala è angusta di molto. Quattro persone si sono poste in differenti siti della scala in modo, che la vedevano tutta da fondo a cima, ognuno cioè vedendo il proprio pezzo. La scala in cima e nel fondo aveva un uscio che la chiudeva. Un pipistrello slobato si è posto in fondo a questa scala, che per l’angustia ed essere a lumaca, doveva decidere se egli volava all’azzardo, nel qual caso spesso doveva urtare. Si è dunque posto in fondo. Egli si è messo a volare ascendendo; non ha urtato di sopra, né ai lati, giunto alla sommità del primo ramo della scala ha egregiamente piegato, ed è salito più alto: ha seguitato all’insù il suo cammino senza mai urtare in alcun luogo, poi si è attaccato ad un piccolo sporto. Io l’ho smosso di là. Allora è disceso senza mai urtare, piegando del continuo in ragione che piega la scala. […] Più e più volte si è fatto questo giro al pipistrello, e dal basso e dall’alto, e dall’alto al basso, senza mai urtare, solamente cercava a volta a volta di attaccarsi. Si è fatt’uso, nella medesima scala di un pipistrello sano: e costui non ha fatto di più, né di meno del mutilato.
L’altro cimento è stato questo. Una cameretta angusta, e bassa si è riempita di frasche d’alberi, e così in alto e al basso, e a mezz’aria erano imbarazzi per tutto. Lasciato andare in questa stanza il pipistrello che si era sì portato bene nella scala segreta nominata, costui mirabilmente ha sempre, e poi sempre, declinato gli imbarazzi, senza una sola volta intoppare. […] Questi due cimenti non possono essere più decisivi.
Scandiano, 3 settembre 1793. Presi questa mattina 3. pipistrelli, due erano maschi e uno femmina. Li ho presi per vedere se impedito l’odorato delle narici e della bocca (giacché questo probabilmente comunica dentro la bocca, come in altri diversi animali) seguitano a volare. […] Ho turato con cera-lacca i due fori del naso ad un pipistrello dopo averlo accecato con un filo di ferro infocato. Si è portato benissimo nel volo.
A questo punto Spallanzani dà per appurato che sia la vista che l’odorato non governano il volo cieco dei pipistrelli. Si appresta quindi sul finire dell’estate scandianese, nei primi giorni di ottobre, a verificare se anche il corpo del pipistrello ed eventualmente il tatto sono in grado di orientare il piccolo mammifero in volo.
Scandiano, 9 ottobre 1793. Dopo di aver fatto col calore divenire vegeto il piccolo ferro di cavallo (pipistrello con il naso a ferro di cavallo), ho coperto il suo corpo con la pelle sottilissima d’un gozzo di pollastro attaccata per via di colla di farina per ogni dove al corpo: costui non si è molto alzato pel troppo ingombro, pure piegava dove piega la stanza, ecc. ecc., e non ha mai urtato.
Scandiano, 14 ottobre 1793. Per vedere quanto si dee valutare il tatto, ne ho accecato uno col fuoco, indi l’ho posto in una camera piccola, e bassa, e verso il mezzo di essa, ho attaccato un filo orizzontale, affidato a due chiodi alle opposte pareti: questo filo toccava quasi la volta, e però il pipistrello non poteva passare sopra di esso. Dal filo orizzontale pendevano più fili verticali fino a terra, e perché tenessero la perpendicolarità avevano ciascuno un sassetto attaccato all’estremità inferiore. Il pipistrello passava tra gli spazi senza urtare i fili. Nell’aria poi, e nei fili non ha mai cercato di appendersi: lo ha fatto solo quando era vicinissimo alle pareti.
Dopo il 20 ottobre Spallanzani lascia Scandiano, si è fatto ormai autunno ed è inutile continuare gli esperimenti quando i pipistrelli della rocca sono andati in letargo. A Firenzuola, l’8 novembre compie una specie di dimostrazione di fronte a diversi spettatori, mostrando i vari tentativi da lui compiuti a Scandiano e i risultati ottenuti. A Pavia per tutto l’inverno 1793 e la prima primavera del 1794 lo scienziato continua le riflessioni sugli esperimenti compiuti e mette a punto una teoria sul volo cieco.


Fig.1. Nel 1794, presso la Stamperia Reale di Torino, Spallanzani pubblica un piccolo volume dal titolo Lettere sopra il sospetto di un nuovo senso nei pipistrelli. In esso lo studioso racconta in sintesi la sua ricerca etologica sul volo cieco dei pipistrelli. Non è ancora giunto alla conclusione del suo lavoro, non è ancora arrivato a dire che i pipistrelli “ci vedano con le orecchie”, come avverrà in seguito, ipotizza che i mammiferi volanti da lui studiati posseggano un ulteriore senso rispetto a quelli da noi conosciuti.
Per poter comprendere appieno la ricerca di Spallanzani sui chirotteri è necessario leggere ciò che lui stesso ha scritto in un piccolo volume stampato a Torino nel 1794 dal titolo Lettere sopra il sospetto di un nuovo senso nei pipistrelli (Fig. 1)1. Lo scienziato scandianese non ha ancora stabilito cosa permetta ai pipistrelli di volare anche se accecati; la logica lo induce a pensare che ogni essere vivente si orienta utilizzando la vista, anche se sa benissimo che altri sensi possono aiutare, e lo afferma lui stesso parlando dei ciechi. E su quel senso, come abbiamo visto punta le sue indagini più approfondite. Scrive al suo amico e traduttore Sénébier una lunga lettera che chiama Memoria dell’abate Spallanzani sopra di alcune specie di pipistrelli, che dopo di averle acciecate, eseguiscono puntalmente col volo tutti quei riflessivi movimenti nell’aria, che da loro si fanno quando sono veggenti, e che eseguir non si possono da altri volanti animali, se non colla scorta dell’occhio.
Spallanzani racconta nel volume in modo dettagliato tutti gli esperimenti da lui portati avanti e illustra ciò che in sintesi abbiamo riportato dalle sue lettere, passi verso “la recente curiosissima mia scoperta, la quale a mio avviso è nel numero di quelle che, son vere, senza essere verisimili”.
Sono particolarmente interessanti le pagine nelle quali lo studioso, tralasciato il senso della vista perché infruttuoso, esplora gli altri sensi, in alcuni casi sorridendo di se stesso, quando si chiede se nell’orientamento dei pipistrelli abbia una qualche funzione il gusto.
Si riportano qui alcuni brani tratti da Lettere sopra il sospetto… che, con le parole stesse di Spallanzani, raccontano le ricerche compiute dallo scienziato per quel che riguarda il tatto, l’udito e l’odorato nel pipistrello, sempre alla ricerca di ciò che l’animale volante utilizzava in sostituzione della vista per orientarsi. Questo quando ancora Spallanzani non si era convinto della responsabilità dell’udito come organo sovrano, che presiede nel chirottero all’orientamento.
Spallanzani alla data di pubblicazione del libro ancora afferma:
[…] Non potrebbe credere quante e quanto variate esperienze su d’un tal punto [la vista] io m’abbia fatte, le quali però tutte hanno disposto per la negatività; onde io quasi inclino a credere, almeno fino al presente, che al difetto degli occhi, supplisca un novello organo, o senso, che non abbiamo noi, e del quale in conseguenza non potremo mai avere idea. Ma su tale articolo aspetto la primavera per fare nuove esperienze […].
Il tatto. Supponendolo delicatissimo nel pipistrello, certamente questo senso è assai lusinghiero. Aggirandosi egli acciecato in una stanza, e rasentandone le pareti, la reazione della colonna d’aria, frapposta a lui, e alla vicina parete, facendo qualche impressione contro il suo corpo, dovrà in certo modo avvertirlo della vicinanza di quel corpo solido, quindi volendo lo declinerà.
1. Ma primariamente io dubito forte, che questa delicatezza di tatto nei pipistrelli sia meramente precaria, per essere questo animale vestito di peli, come la maggior parte degli altri quadrupedi, e sappiamo, che in essi il tatto è l’ultimo dei sensi, ossia di tutti meno perfetto.
[…] 6. Un pipistrello senz’occhi posto in una stanza ingombra di sottili rami di alberi, sa passarvi di mezzo senza quasi mai darvi dentro coll’ali.
7. Se dalla volta di una camera vengon giù fino a terra più fili sottilissimi di seta, paralleli tra loro, e verticali al solajo per via di un picciol peso attaccato all’estremità inferiore, e questi fili sieno tra se distanti abbastanza per dar passaggio ad un pipistrello, saprà egli passarli senza toccar I fili, e se talvolta vi urterà contro, altrettanto succede ancora ad un pipistrello veggente. […]
8. Fatta una vernice di sandaracca (resina ricavata da un albero appartenente alle conifere con la quale si fanno composti per le vernici) e spirito di vino, e con picciol pennello data una mano a tutto il corpo del pipistrello acciecato, al muso e alle ali, stenterà da principio a volare, pure dopo un po’ di tempo preso vigore, volerà, declinerà gli ostacoli, e passerà dentro a’ fili di seta di anzi ricordati. […] Ed è a notarsi che una seconda, ed anche terza mano di vernice non pregiudica ai regolari voli dell’animale.
L’udito. Ella ed io turate le orecchie ai pipistrelli, se non che io mi sono servito di una pallottolina di vischio conficcata, e calcata nel fondo della conca, e ciò per impedire solamente l’ingresso dell’aria, senza addolorar l’animale […] undici sono stati gl’individui acciecati, cui col vischio ho chiuso le orecchie. Dieci nel volo si sono portati benissimo, ma l’undicesimo volava a stento, quantunque prima dell’operazione volasse benissimo […].
2. Ma a me sembra che indipendentemente dall’otturamento delle orecchie sia facile il mostrare, come l’udito supplire non possa a difetto dell’occhio. Supporre volendo acutissimo questo senso nei pipistrelli, intendo bene come essi radendo la muraglia, o qualunque altro solido e spazioso corpo, possano forse udire il suono dell’aria da essi corpi ripercossa o anche qualche modificazione di suono nata in quel tempo nelle loro ali.
L’odorato. Essendo I pipistrelli nella classe dei quadrupedi, ed avendo questi l’odorato eccellente in agguaglio agli uomini, e agli uccelli, sembrerebbe che di questo senso nella presente ricerca si dovrebbe far più caso, che degli altri tre […] Con cera di Spagna fusa ella ha suggellato le narici a diversi di questi animali, e tutti tosto dopo l’operazione urtavano nei corpi, e cadevano. […] I primi tentativi nulla decidono a favor dell’odorato, come scorta del regolato volare dei pipistrelli acciecati. Neppure io so intendere come la grazia di questo senso arrivino ad accorgersi dei sottilissimi fili di seta, artatamente opposti al loro cammino […] Ingenuamente lo confesso, che io non trovo verun ragionevole rapporto tra I summenzionati fatti, e la supposta ragione.
Avendo eseguito ogni possibile prova intorno ai diversi sensi presenti nei pipistrelli, quando Spallanzani scrive questa memoria ipotizza la presenza nei chirotteri di un nuovo senso all’uomo sconosciuto. Sarà necessario giungere all’aiuto dello scienziato svizzero Jurine perché Spallanzani si convinca che è l’udito il senso che I pipistrelli utilizzano per orientarsi.
Scorrendo il Giornale delle Sperienze e Osservazioni (Fig. 2) pur nella difficoltà dovuto al “disordine” espositivo (Spallanzani utilizzava ogni lembo di carta utile per le proprie annotazioni; talvolta i brani, posti sia in orizzontale che in verticale, non seguivano un ordine cronologico) si ha l’impressione che la ricerca sul volo cieco dei pipistrelli sia stata una sorta di esercizio di curiosità intellettuale. Questa ricerca sperimentale, per certi versi archetipica, appare significativamente differente dalle consuete svolte dallo scienziato, soprattutto per il modo con cui Spallanzani condivise con altri studiosi metodi di lavoro utilizzati e risultati ottenuti. Nel Giornale vi sono poi numerose pagine (Fig. 3) che indagano oltre il tentativo di scoperta del senso che governava il volo dei pipistrelli, preludono a quella che sarà una nuova importante tenzone: quella sulla ibernazione e la respirazione, che lo occuperà negli ultimi anni della sua vita.
Nonostante il proposito di dare alle stampe il lavoro sui pipistrelli, Spallanzani non pubblicò mai un volume dedicato al volo cieco dei piccoli mammiferi. La ragione di ciò ovviamente non la conosciamo, possiamo solo supporre che il suo interesse per l’argomento, una volta scoperto il “segreto” dei chirotteri, potesse essere scemato.


Fig. 2. Presso la biblioteca Antonio Panizzi di Reggio Emilia sono conservati i numerosi manoscritti che Nicolò Spallanzani, fratello di Lazzaro e suo erede, cedette alla Comunità della città. Fra questi, come si vede dall’immagine, vi è un corposo manoscritto dove lo scienziato scandianese andava prendendo appunti durante la sua ricerca sul volo cieco dei pipistrelli, il suo giornale di lavoro. L’intestazione porta come titolo: Giornale intorno ai pipistrelli e ai Chiù.


Fig. 3. Prima pagina del manoscritto spallanzaniano Giornale intorno ai pipistrelli e ai Chiù.
Nonostante fossero assai scarne, se non per un ristretto gruppo di scienziati, le notizie sulla scoperta effettuata, molti fra seri sperimentatori e naturalisti dilettanti furono attratti dallo studio sui pipistrelli. Questa indagine spallanzaniana finì nel tempo per oscurare altre più consistenti ricerche che lo studioso aveva felicemente portato a termine. Ancora oggi il nome di Spallanzani è associato ai pipistrelli, forse proprio per l’alone di mistero che avvolge questi esseri viventi che volano come gli uccelli, ma sono mammiferi e, per il loro essere animali notturni, sono entrati negativamente nell’immaginario collettivo.
Dopo un periodo di clamore nel quale memorie, dissertazioni, lettere fiorirono intorno all’argomento, sarà necessario giungere al 1920, quando lo scienziato Hartridge avanzò l’ipotesi dell’emissione di ultrasuoni che vengono rinviati (eco) dagli ostacoli e dalle prede che vengono colpite. Solo nel 1944 gli studiosi americani Griffin e Galambos confermarono sperimentalmente l’ipotesi, alla quale diedero il nome di “eco localizzazione”. La maggioranza dei suoni emessi dai chirotteri è caratterizzata da onde con frequenza più elevata di quella udibile dall’uomo, che è in grado di percepire suoni tra i 15 e i 20 kHz mentre i suoni emessi dai pipistrelli vanno da 9 a 200 kHz. Gli ultrasuoni prodotti dalla laringe vengono emessi dalla bocca, i loro echi sono captati dalle orecchie dei pipistrelli ed elaborati in modo repentino con complesse analisi dal cervello. Il pipistrello a “ferro di cavallo”, proprio quello che si trovava numerosissimo nella Rocca di Scandiano e ha fornito a Spallanzani materiale di studio, emette e riceve ultrasuoni anche attraverso le strutture nasali.
Alla luce delle attuali conoscenze intorno all’orientamento dei pipistrelli durante il proprio volo, si può affermare che Spallanzani abbia dato incontrovertibile prova del valore delle sue ricerche sperimentali.
Per approfondire
Chi desideri approfondire gli studi di Lazzaro Spallanzani sui pipistrelli può, utilizzando la Rete, leggere e scaricare il saggio dato alle stampe dallo scienziato scandianese dal titolo Lettere sopra il sospetto di un nuovo senso… nei pipistrelli… (Torino, 1794) rintracciabile in Google libri. Non direttamente consultabile in Rete è invece l’Epistolario spallanzaniano; è necessario rivolgersi alla carta stampata e quindi alle biblioteche. Due sono le edizioni di riferimento, quella edita da Sansoni Firenze in cinque volumi a partire dal 1958 e quella, assai più recente, dell’Editore Mucchi di Modena relativa alla Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani.
1 Tutte le immagini sono pubblicate a colori nell’edizione online degli Annales.