L’arte della memoria e il metodo scientifico
Giovanni Jona-Lasinio
Dipartimento di Fisica e INFN, Sapienza Università di Roma
Contributo presentato da Pierluigi Contucci
Abstract
We review the problem of the possible role of the art of memory, popular in the Renaissance, in the birth of the scientific revolution during the 17th century. This was raised long ago by the historian Frances A. Yates in her book the Art of Memory and by the historian of the Renaissance Paolo Rossi in his book Clavis Universalis with somewhat different conclusions. We mention also some analogies with the 17th century culture in modern logic and computer science.
Keywords
Art of memory, Encyclopedism, Combinatorics, Characteristica universalis.
© Giovanni Jona-Lasinio, 2025 / Doi: 10.30682/annalesps2503a
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1. Introduzione
L’ultimo capitolo del bel libro L’Arte della Memoria [1] della nota storica inglese Frances A. Yates si intitola: L’Arte della Memoria e lo sviluppo del metodo scientifico. È un accostamento interessante ma per certi aspetti sorprendente: il secolo XVII convenzionalmente è il secolo della rivoluzione scientifica e dell’adozione della matematica come linguaggio delle scienze della natura, per lo meno della fisica. D’altra parte l’Arte della Memoria spesso è legata ad aspetti irrazionali della cultura rinascimentale come la magia e l’occultismo.
Cercherò di confrontare l’idea della Yates con la visione di Paolo Rossi, storico del Rinascimento e della scienza, nell’interessante opera densa di informazioni, Clavis Universalis [2], facendo parlare i due autori. Clavis Universalis esprime un punto di vista, a mio parere, diverso.
Voglio anche considerare la possibilità che i trattati sull’arte della memoria e gli altri interessi del secolo XVII trovino riscontro, nel senso dell’analogia e delle funzioni, nello sviluppo della logica moderna e dei linguaggi simbolici tra cui la matematica. Dedicherò una parte del presente articolo alla matematica che fornisce attraverso diverse epoche un filo conduttore e il modello per i linguaggi simbolici e il cui successo nelle scienze della natura e nella tecnologia è crescente.
Iniziamo con una citazione dall’ultimo capitolo del libro della Yates ([1], p. 342)1:
È stato scopo di questo libro illustrare il posto occupato dall’arte della memoria nei punti nevralgici della tradizione europea … È un fatto curioso e significativo che l’arte della memoria sia conosciuta e discussa … anche da pensatori che stanno rivolgendosi verso nuove direzioni: Francis Bacon, Descartes, Leibniz… È appunto affascinante osservare come, fra gli orientamenti del nuovo secolo [XVII], l’arte della memoria sopravviva come fattore nello sviluppo del metodo scientifico.
Una affermazione impegnativa. Gli argomenti che la Yates porta a sostegno della propria tesi si basano soprattutto sulla conoscenza che Bacon, Descartes e Leibniz, … fautori di nuove prospettive, avevano dell’arte della memoria e del carattere sistematico (problema del metodo) dei trattati relativi.
2. L’arte della memoria
È un argomento inconsueto negli studi di storia della scienza. L’arte della memoria ha radici nell’antichità greco-romana. Stando alla tradizione, ne parla Cicerone nel De Oratore e Quintiliano nella Institutio Oratoria, il poeta Simonide di Ceo partecipò a un banchetto finito tragicamente per il crollo della sala con la morte di tutti i commensali meno il poeta che si salvo fortuitamente. Ci fu il problema dell’identificazione dei corpi sfigurati ma Simonide ricordava i posti in cui i partecipanti erano seduti e poté indicare chi fosse ciascun occupante. Simonide, considerato l’inventore dell’arte della memoria, si rese conto dell’importanza di associare a dei luoghi, loci, ciò che si vuole ricordare. Come sottolinea la Yates ([1], p. 4):
Non è difficile afferrare i principi generali della mnemonica. Il primo passo consisteva nell’imprimere nella memoria una serie di loci o luoghi. Il più comune, benché non il solo tipo di sistema mnemonico di luoghi fu il tipo architettonico. La descrizione più chiara del processo è quella data da Quintiliano.
Per formare una serie di luoghi nella memoria, egli dice, si deve ricordare un edificio, il più spazioso e vario possibile, con atrio, soggiorno, camere da letto, sale, senza dimenticare statue e altri ornamenti che abbelliscono le stanze. Le immagini che devono richiamare il discorso … sono poste con l’immaginazione nei luoghi dell’edificio già fissati nella memoria. Fatto questo non appena la memoria dei fatti chiede di essere rivissuta, vengono visitati di volta in volta tutti questi luoghi e i vari depositi sono richiesti indietro ai loro custodi. … Questo metodo assicura il ricordo dei vari punti nel giusto ordine, dal momento che l’ordine è fissato dalla successione dei luoghi nell’edificio … Non c’è dubbio che questo metodo funzioni con chiunque sia disposto a lavorare seriamente a questa ginnastica mnemonica …
… La formazione dei loci è della massima importanza, perché lo stesso sistema di loci può essere usato ripetutamente per ricordare materiale diverso. Le immagini che abbiamo collocato in essi per ricordare un sistema di cose svaniscono e si cancellano quando non ce ne serviamo più.
Per scelte dei luoghi diverse dal tipo architettonico vedi il capitolo quinto di [1]. Si tratta di un’arte la cui importanza è massima prima dell’invenzione della stampa (circa 1450), ma l’interesse per l’ars memorativa permane oltre. Così scrive Paolo Rossi a proposito della sopravvivenza dell’interesse per l’arte della memoria nel Rinascimento ([2], p. 59):
Quell’arte dei luoghi e delle immagini, nonostante la sua apparente neutralità e atemporalità era legata alla cultura del Rinascimento da una molteplicità di rapporti … Chi rifletta sull’importanza dei segni, delle imprese e delle allegorie nella cultura rinascimentale, … non potrà non rilevare la risonanza che l’arte della memoria in quanto costruttrice di immagini era destinata ad avere in una età che amava incorporare le idee in forme sensibili, …, che concepiva verità e realtà come qualcosa che si va progressivamente rivelando attraverso segni, ‘favole’, immagini.
Riportiamo alcune considerazioni di Paolo Rossi che chiariscono la sua idea sul ruolo dell’Ars memorativa nella rivoluzione scientifica. Altri temi della cultura del secolo XVII, legati all’arte della memoria furono l’enciclopedismo e la costruzione di una lingua universale a cui i matematici furono particolarmente interessati. L’arte della memoria affrontò per la sua stessa natura problemi di metodo.
Paolo Rossi afferma ([2], p. 228):
Le ricerche tendenti alla costruzione di una lingua “filosofica” o “perfetta” trovarono un terreno favorevole nell’atmosfera culturale. … Le esigenze di chiarezza e di rigore, di una lingua simbolica trassero senza dubbio alimento anche dagli sviluppi degli studi matematici, ma sarebbe un’impresa disperata sostenere che le lingue universali dipendano o storicamente derivino da quegli sviluppi.
Ancora Paolo Rossi ([2], p. 63):
… la passione per la combinatoria [definita in seguito] [3] entro la cultura europea … [è] una tematica che è del tutto estranea ad una mentalità post-cartesiana e post-galileiana [fatto] sfuggito sia a quegli interpreti che hanno visto nell’ars magna [di Raimondo Lullo2] una specie di sommario ‘preistorico’ di logica simbolica, sia a coloro che hanno preferito sbarazzarsi, con facile ironia, delle ‘stranezze’ di molti fra gli esponenti più significativi di quella non trascurabile stagione della cultura occidentale.
Paolo Rossi quindi non sembra condividere l’idea di un ruolo importante dell’arte della memoria nell’affermarsi della nuova scienza, piuttosto gli attribuisce un ruolo indiretto.
Paolo Rossi ha ragione?
L’arte della memoria ha avuto legami con l’ermetismo, le scienze occulte, la magia, la Cabala oltre a motivazioni religiose per cui una implicazione nella nascita della nuova scienza e una connessione stretta o continuità storica con la rivoluzione scientifica, non è ovvia. Se nuovi documenti o interpretazioni non rinforzano la tesi della Yates, ritengo condivisibili gli argomenti di Paolo Rossi espressi in Clavis Universalis.
La questione diviene più semplice se cerchiamo delle analogie tra la struttura e funzioni dell’ars memorativa e metodiche moderne che rispondono a esigenze nate in epoca recente specialmente dopo l’invenzione dei calcolatori elettronici digitali. Oggi la memoria è parte integrante di un computer.
Faccio un esempio con il linguaggio tex largamente usato, insieme al latex, per la stesura degli articoli di matematica o che contengono molte formule. In questo linguaggio le formule vengono descritte con un minimo di simboli predefiniti nella memoria della macchina, che rappresentano operazioni matematiche di base, evitando di creare un nuovo programma per ogni nuova formula. Tutti i cosiddetti linguaggi di programmazione hanno caratteristiche analoghe.
Esistono diversi tipi di linguaggi, ciascuno con caratteristiche e finalità differenti ma tutti permettono un risparmio notevole di energia mentale, sono inoltre un grande aiuto per la memoria e in questo senso avere una funzione che ricorda quella che a suo tempo hanno avuto i trattati di mnemotecnica.
I linguaggi di programmazione sono strumenti che permettono di comunicare con i computer, dando loro istruzioni precise su cosa fare. Sono l’equivalente di una lingua scritta che, oltre a essere compresa dagli esseri umani, viene interpretata dalle macchine3.
2.1. L’arte della memoria e l’enciclopedia nel Seicento
Dal capitolo sesto di ([2], p. 199), sezione 1. Il sistema mnemonico universale: Enrico Alsted:
L’ideale enciclopedico che, da Bacone a Leibniz, domina la cultura del Seicento, si mostra operante, con forza singolare, nell’opera vastissima di Enrico Alsted (1588-1638). … Riformare le tecniche di trasmissione del sapere; dar luogo ad una classificazione sistematica di tutte le attività manuali e intellettuali; questi progetti coincidono, per Alsted, con la costruzione di un nuovo ‘sistema delle scienze’ che riunisca in un unico corpus i principi di tutte le discipline. Attraverso l’enciclopedia, che porta alla luce la sistematicità del sapere, potrà essere costruito un nuovo metodo e potrà essere definito un nuovo e razionale piano degli studi. L’adesione di Alsted alla tematica del lullismo, la sua insistenza sul valore della memoria come tecnica dell’ordinamento enciclopedico …
Questa descrizione richiama l’International Encyclopedia of Unified Science [4] un progetto tipico del secolo XX dovuto al Circolo di Vienna4. Otto Neurath, uno degli editori dell’Enciclopedia, così ne caratterizza lo scopo in un articolo introduttivo dal titolo Unified Science as Encyclopedic Integration:
The International Encyclopedia of Unified Science aims to show how various scientific activities such as observation, experimentation, and reasoning can be synthesized, and how all these together help to evolve unified science … this Encyclopedia continues the work of the famous French Encyclopedie in this and other respects.
2.2. L’Ars Combinatoria e la Caratteristica Universale di Leibniz
L’Ars Combinatoria è un’opera giovanile di Leibniz [3]. L’Ars Combinatoria è così definita nel Dizionario Filosofico Treccani:
Ars Combinatoria fu designata da Leibniz quella che già Raimondo Lullo aveva battezzato Ars magna, e cioè la simbolizzazione di contenuti di pensiero attraverso un sistema di segni linguistici, numerici, schemi e figure, manipolabili formalmente e flessibilmente tramite principi sintattici combinatori. Il progetto leibniziano dell’ars combinatoria promuoveva così la possibilità di scoprire verità di pensiero come esito dell’applicazione di regole di combinazione a partire da una lista di nozioni primitive. La meccanizzazione del ragionamento, ridotto a calcolo formale, avrebbe evitato confusione, incoerenza, ambiguità. Sotto vari aspetti l’ars combinatoria, precorre l’idea dell’aritmetizzazione delle leggi logiche leggi del pensiero nella teoria logica di G. Boole
o nelle parole di Leibniz [3]:
DISSERTAZIONE SULL’ARTE COMBINATORIA
in cui dai fondamenti dell’Aritmetica si stabilisce con nuovi precetti la Dottrina delle Complicazioni e delle Trasposizioni e si dimostra l’utilità di entrambe per la totalità delle scienze e si gettano inoltre nuovi semi dell’Arte del Meditare ossia della Logica della Scoperta.
Per l’analisi della Caratteristica universale di Leibniz e al suo legame con i trattati dell’Arte della Memoria nel secolo XVII rimandiamo alle due opere qui discusse [1, 2]. Per la parte che qui ci interessa ([2], p. 222):
Alla creazione di una lingua universale e artificiale, che elimini la confusione delle lingue naturali e ne superi le imperfezioni. … si dedicheranno nella seconda metà del secolo, non pochi cultori inglesi di logica e di problemi del linguaggio. … Per comprendere il significato di queste opere e la funzione storica da esse esercitate, per intendere l’atmosfera culturale dalla quale esse trassero alimento e dalla quale derivarono le ragioni della loro diffusione e del loro successo, bisognerà tener conto [dei] grandi fenomeni storici che caratterizzano (per quanto qui ci concerne) la vita intellettuale inglese nella prima metà del secolo XVII … [tra cui] la profonda azione esercitata in Inghilterra dall’opera di Bacone e dai gruppi ‘baconiani’ della Royal Society, impegnati in una dura lotta contro la retorica del tardo umanesimo e in un’appassionata difesa della nuova scienza;
e Frances Yates ([1], p. 352):
Ma chi fornisce l’esempio più notevole della sopravvivenza di influssi dell’arte mnemonica e del lullismo nella mente di una grande figura del secolo XVII è senz’altro Leibniz. Naturalmente, è generalmente noto che Leibniz si interessò del lullismo e scrisse un’opera De arte combinatoria [3], basata su adattamenti del lullismo, quello che non è altrettanto noto, nonostante sia stato avvertito da Paolo Rossi, è che Leibniz ebbe assai familiari le tradizioni dell’arte di memoria. In effetti gli sforzi che Leibniz dedicò all’invenzione di un calcolo universale … possono essere visti, senza esitazione, come derivazione storica di quegli sforzi che il Rinascimento dedicò a una combinazione del lullismo con l’arte della memoria: sforzi di cui Giordano Bruno fu un esempio così importante.
3. La matematica è un linguaggio naturale?
Da utilizzatore della matematica in fisica voglio indicare quali sono gli argomenti che mi fanno considerare la matematica affine alle lingue naturali. Cosa lega questo argomento agli altri di questo articolo? Abbiamo sottolineato il ruolo di modello della matematica per i linguaggi simbolici.
Il mio apprendimento della matematica, linguaggio della fisica, è avvenuto come l’apprendimento di una lingua straniera, come se stessi in un paese dove la necessità di comunicare mi spingesse a imparare la lingua del posto. Mi sono sentito vicino al positivismo logico del Circolo di Vienna per cui la matematica è un linguaggio. Punto di vista chiaramente descritto da Rudolf Carnap (1891-1970), uno dei fondatori del circolo, nei capitoli della International Encyclopedia of Unified Science intitolati Logical Foundations of the Unity of Science e Foundations of Logic and Mathematics [4] e nel suo famoso libro del 1937 The Logical Syntax of Language [5].
Nella accezione di Carnap e del circolo di Vienna la parola linguaggio ha un significato generale e viene applicato anche ai sistemi formali della logica moderna. Osserva Carnap che nella accezione prevalente la sintassi e la logica hanno qualche punto in comune ma sono teorie essenzialmente diverse. Compito della sintassi è formulare regole per costruire le strutture linguistiche (per esempio le frasi) a partire dalle parole mentre la logica deve formulare regole per arrivare a conclusioni certe a partire da premesse dichiarate. Sottolinea Carnap che gli sviluppi della logica hanno mostrato che può essere studiata con precisione solo quando si basa non su giudizi ma su espressioni linguistiche.
Il suo punto di vista apparentemente non è condiviso da Gödel, il maggiore logico del ventesimo secolo che inizialmente fece parte del circolo. L’opinione di Gödel in realtà non è ben definita come appare dall’introduzione di Warren Goldfarb agli scritti di Gödel su La matematica è sintassi del linguaggio? [6]:
Il suo disaccordo con i positivisti sta nel fatto che egli considera il dominio dei concetti come una realtà indipendente, alla quale le idee di oggetto, fatto e contenuto si applicano nello stesso modo in cui avviene per la realtà empirica … Se questa interpretazione è corretta, allora le affermazioni che fa sul ruolo dei concetti nella verità matematica diventano formulazioni dirette del suo platonismo.
Il rapporto tra la precisione del linguaggio matematico e le osservazioni delle scienze della natura risale a un ben noto punto di vista di Galileo, discusso nel Dialogo, che sottolinea come gli enti matematici non siano mai completamente realizzati in natura e costituiscano un riferimento ideale. Viene così introdotto un principio metodologico di tutta la fisica moderna e cioè la spiegazione dei fenomeni attraverso i casi ideali.
La preoccupazione dei fisici contemporanei è stata piuttosto capire il perché del successo della matematica nella fisica e più in generale nelle scienze della natura. In un articolo che scrissi una ventina di anni fa La matematica come linguaggio delle scienze della natura [7] dichiaravo:
… vogliamo fare un po’ di fenomenologia della interazione tra matematica e scienze della natura facendoci guidare dal rapporto più maturo con la fisica. Cercherò di convincervi che le cose non sono affatto semplici perché l’uso della matematica è molteplice e il fondamento di tale uso è spesso sfuggente al punto che il suo successo è stato definito da Wigner, in un noto articolo dal titolo The unreasonable effectiveness of mathematics in the natural sciences, una legge empirica dell’epistemologia [8]. Purtroppo l’articolo di Wigner, attraente e stimolante nel titolo, risulta deludente nelle conclusioni. Infatti dopo una ampia presentazione di dati di fatto, che permetterebbero di entrare nel vivo di un problema di grande interesse, conclude bruscamente con l’affermazione “The miracle of the appropriateness of the language of mathematics for the formulation of the laws of physics is a wonderful gift which we neither understand nor deserve”.
Alle affermazioni di Wigner fa riscontro l’articolo più recente del noto matematico Atiyah On the unreasonable effectiveness of physics in mathematics [9].
The reconvergence [of mathematics and physics] is remarkable in that it has connected the frontier areas of both fields. It is not a matter of application of old results of one field to the problems of the other but rather the current work in each field is leading to new results in the other. The reconvergence has in fact created a revolution in mathematics, with a wide range of problems … being solved using new ideas imported from physical theory, in particular quantum theory.
La domanda spontanea a cui si vorrebbe rispondere è: c’è un motivo che giustifichi l’efficacia della matematica nella descrizione della natura? Wigner sottolinea che per lo scienziato naturale la matematica è innanzi tutto un linguaggio. Mi pare tuttavia che la sua efficacia sia altrettanto misteriosa di quella delle lingue ordinarie con cui, nella vita quotidiana, riusciamo a formulare concetti nuovi, a descrivere e predire fatti oggettivi e ad agire sulla realtà.
Apparentemente una lingua naturale si forma ed evolve sotto la pressione della necessità. Vi è tuttavia un momento in cui codifica le regole per l’uso (grammatica e sintassi) che, se applicate correttamente, permettono di incontrarsi nuovamente e con successo con la realtà (predizioni). La matematica, pur nella sua specificità, non segue vie sostanzialmente diverse.
A sostegno del mio punto di vista citavo e lo riporto anche qui, un esempio di costruzione di linguaggio matematico di base sotto la pressione di una necessità seguendo un ben noto testo di Poincaré [10]. Si tratta del continuo matematico che, come sottolinea Poincaré, è correlato all’esperienza fisica ma non ne è affatto una ovvia concettualizzazione. Infatti il continuo fisico non esiste, anzi è un concetto contradditorio come mostra il seguente argomento.
Le misure fisiche hanno sempre una precisione finita che in un opportuno sistema di misura facciamo corrispondere a una unità. Ciò implica che non possiamo distinguere le quantità A e B = A + 1 e quindi A = B. Possiamo invece distinguere A e A + 2 = C mentre risulta B = C. È violata quindi la proprietà transitiva poiché A = B, B = C ma A è diversa da C. Per una discussione dettagliata della costruzione del continuo matematico rinviamo al testo di Poincaré citato e concludiamo con Poincaré che tale concetto “a été créé de toutes piéces par l’esprit mais c’est l’expérience qui lui en a fourni l’occasion”. La ricerca delle buone idealizzazioni è cruciale per la fisica e non c’è dubbio che il continuo matematico sia un concetto base di tutta la fisica classica.
Voglio aggiungere un aspetto dell’interazione tra la fisica attuale e la matematica, importante ai nostri giorni. Mi riferisco alla fisica delle interazioni fondamentali delle particelle elementari in cui negli ultimi decenni la matematica ha avuto un ruolo di primo piano nello studio di fenomeni che avvengono su scale spaziali molto piccole, più piccole della scala atomica. Si tratta quindi di una fisica in cui il contatto tra l’osservatore e l’oggetto è molto indiretto e avviene attraverso strumentazioni intermedie sempre più complesse. Questa distanza dell’oggetto in studio dall’osservatore condiziona notevolmente la costruzione delle teorie. Il ruolo della matematica si è rivelato essenziale per cercare e selezionare possibili forme della teoria.
Il perché la matematica, come le lingue naturali, abbia un tale successo rimane tuttora irrisolto e il più noto linguista della nostra epoca, Noam Chomsky, parla di mistero del linguaggio [11]. Potrebbe dipendere dai successivi adattamenti nella evoluzione biologica e oggi ci sono aspettative dalle neuroscienze. Non è chiaro tuttavia se la matematica possa avere nella biologia un ruolo altrettanto determinante come in fisica e forse nuovi linguaggi devono essere inventati [12].
4. Alcune conclusioni
Ho richiamato l’attenzione su un problema di storia della scienza sollevato da F.A. Yates molti anni fa che ritiene ci sia una continuità storica tra la cultura generale del secolo XVII, in particolare dell’arte della memoria, e la rivoluzione scientifica. L’ho confrontato con il punto di vista, diverso e più sfumato, di Paolo Rossi. Tuttavia penso che i due modi di vedere non siano completamente antitetici e possano trovare una sintesi. Purtroppo entrambi sono scomparsi e questo è un compito per gli storici.
È utile, in conclusione, richiamare quanto Paolo Rossi afferma nella prefazione alla seconda edizione di [2] del 1983:
Nel suo libro sull’arte della memoria, Frances A. Yates ha richiamato l’attenzione su due punti che mi sembra utile sottolineare. Il primo concerne la vitale importanza delle arti o soccorsi o aiuti o tecniche della memoria nel mondo antico, privo della stampa … Nella “visita interiore” e nella “memorizzazione visiva” che consentiva di passare dalla visione dei luoghi e delle immagini alle parole, la Yates tendeva a vedere qualcosa di “misterioso” quasi una facoltà un tempo presente ed ora irrimediabilmente perduta. … Il secondo punto, sottolineato dalla Yates, è relativo alla “marginalità” storica del discorso sulle arti della memoria. Trascurato perché “non di pertinenza di nessuno”, esso si rivela invece “affare di tutti”: la storia dell’organizzazione della memoria “tocca punti vitali della storia della religione e dell’etica, della filosofia e della psicologia dell’arte e della letteratura e infine del metodo scientifico”.
Non mi resta che consigliare la lettura integrale di [1, 2] incluse le prefazioni delle varie edizioni.
Ho inoltre richiamato possibili analogie, specialmente per le funzioni, tra l’arte della memoria e i linguaggi inventati per parlare con i calcolatori. Ho sottolineato possibili analogie tra l’enciclopedismo rinascimentale e la International Encyclopedia of Unified Science un progetto del secolo XX. E infine l’analogia tra la matematica e le lingue esistenti.
Ringraziamenti
Ringrazio Pierluigi Contucci per l’invito a collaborare con gli Annales dell’Accademia delle Scienze di Bologna.
Bibliografia
1. Yates, F.A. L’arte della memoria. Einaudi: Torino, 1972, 1993.
2. Rossi, P. Clavis Universalis. Il Mulino: Bologna, 19833, 2000, 2024.
3. Leibniz, G.G. Scritti di Logica, a cura di F. Barone, Zanichelli: Bologna, 1968.
4. Neurath, O., Carnap, R., Morris, Ch. (eds.) International Encyclopedia of Unified Science. Vol. 1, part 1, The University of Chicago Press: Chicago, 1938.
5. Carnap, R. The Logical Syntax of Language. Kegan Paul, Trench & Trubner & Co.: London, 1937.
6. Goldfarb, W. in Kurt Gödel. Scritti scelti, a cura di G. Lolli. Bollati Boringhieri: Torino, 2011.
7. Jona-Lasinio, G. La matematica come linguaggio delle scienze della natura, Quaderni della Scuola Normale Superiore di Pisa, 2005, 93.
8. Wigner, E. The unreasonable effectivness of mathematics in natural sciences. Comun. Pure Appl. Math., 1960, XIII, 1.
9. Atiyah, M. On the unreasonable effectiveness of physics in mathematics. In Highlights of mathematical physics, ed. by A.S. Fokas, J. Halliwell, T. Kibble, and B. Zegarlinski. American Mathematical Society: Providence (RI), 2002.
10. Poincaré, H. La science et l’hypothèse. Ch. II, Flammarion: Paris, 1968.
11. Chomsky, N. Il mistero del linguaggio. Nuove prospettive. A cura di M. Greco, edizione italiana concordata con l’autore, Cortina: Milano, 2018.
12. Jona-Lasinio, G. Modelli e linguaggi matematici nello studio dei problemi biologici. Lettera Matematica Pristem, 2012, 83, 14-20.
1 Qui e nelle successive citazioni uso la seguente convenzione: puntini ripetuti … : omissione di parole di testo; parole tra parentesi quadre: mia inserzione per rendere comprensibile il testo.
2 Maiorca (1232-1316), filosofo, teologo, poeta, mistico catalano la cui influenza durò fino alla fine del Seicento.
3 Questi linguaggi sono stati sviluppati da cultori delle cosiddette scienze dure ma attualmente c’è molto interesse anche da parte degli umanisti. Vedi ad esempio il recente convegno presso l’Accademia dei Lincei su Intelligenza Artificiale e Discipline Umanistiche la cui registrazione si può vedere al seguente link: https://www.lincei.it/it/video/10012025- intelligenza-artificiale-e-discipline-umanistiche.
4 Il circolo di Vienna fu un circolo filosofico e culturale animato da numerosi filosofi e scienziati del tempo. L’approccio filosofico del Circolo, noto come positivismo logico (o neopositivismo) o anche fisicalismo, si diffuse nel resto dell’Europa e nei paesi di lingua inglese.