Dall’«esatta libreria» marsiliana alla biblioteca dell’Istituto delle Scienze

Ilaria Bortolotti

Specialista attività culturali, Comune di Bologna

Contributo presentato da Walter Tega

Abstract

The rich bibliography on Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730) focuses on manifold aspects of his career as soldier and scientist, but very little has been written on his personality as reader and collector of books, maps and documents. This essay aims to investigate the collections of manuscripts and printed books created by general Marsili with a view to establish a scientific academy in Bologna, where sciences as well as the art of war and diplomacy should be taught through experimental practice, not only referring to bookish knowledge. While tracing Marsili’s relations throughout Europe with booksellers and scholars, we shall offer a perspective on the origins and practical aims of the library donated in 1711 to the Istituto delle Scienze. The analysis of these bibliographic collections will lead to a deeper comprehension of Marsili’s academic reform project, which was not understood by his contemporaries at all.

Keywords

Luigi Ferdinando Marsili, 18th century libraries, History of libraries, Scientific academies.

© Ilaria Bortolotti, 2023 / Doi: 10.30682/annalesm2301l

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Nel 1726 Luigi Ferdinando Marsili è ormai un autore di opere scientifiche di fama europea, ha alle sue spalle una notevole – seppur sfortunata – carriera militare, è membro di importanti accademie quali la Royal Society e l’Académie des Science parigina e ha fondato a sua volta un istituto scientifico nella sua città natale, Bologna, destinando all’uso pubblico collezioni di storia naturale, libri manoscritti e a stampa e moderni strumenti scientifici acquistati personalmente. Nonostante i suoi successi, nella vecchiaia si acuisce in lui la convinzione che l’impegno intellettuale ed economico profuso per rilanciare la vita culturale bolognese attraverso la riforma delle istituzioni accademiche cadesse nell’indifferenza generale. Per questo motivo indirizza al Senato di Bologna una serie di lamentele per lo stato di abbandono in cui versava l’Istituto delle Scienze di cui si era fatto promotore e finanziatore e si sofferma in particolare sulla desolazione della biblioteca:1

Nelle librarie pubbliche, e massime in quella dell’Instituto, non si vede veruno che la freguenti, dolendosi che nell’estate vi sia caldo e nell’inverno freddo; e se sia possibile di studiare senza libri ogni uomo sano lo giudicherà.

Ancora oggi, nonostante la possibilità di reperire con grande facilità informazioni in rete e accedere a uno sterminato corpus di libri e documenti digitali, i libri e le biblioteche sono ancora strumenti fondamentali per il pubblico accademico. All’epoca di Marsili, quando il codice cartaceo costituiva il principale veicolo materiale di conoscenza, l’idea di fare a meno di una biblioteca era inconcepibile, anche in un luogo come l’Istituto, in cui le dimostrazioni sperimentali dovevano essere preponderanti rispetto alla lettura dei testi, proprio per integrare le lezioni tradizionali offerte dall’Ateneo. La prassi laboratoriale non poteva però prescindere dall’apporto dei libri. Per questa ragione, al momento della fondazione dell’Istituto, Marsili non aveva donato soltanto oggetti utili ad allestire i laboratori e le collezioni scientifiche ma anche un ricco fondo di documenti, libri a stampa e manoscritti che avrebbe dovuto offrire un supporto a tutte le attività svolte all’interno della neonata istituzione.

Il sapere “libresco” è fondamentale per poter aspirare alla fama come scienziato ma, per non trasformarsi in uno sterile e pedante sfoggio di erudizione e per assolvere a una funzione di utilità sociale, deve essere affiancato dall’osservazione diretta della realtà, esortazione che accomuna i fautori della scienza sperimentale, come Galileo, Campanella e, soprattutto, Francis Bacon, che nel suo noto saggio Of Studies sostiene l’idea di una conoscenza che va oltre lo studio, «won by Observation».2 Nella concezione baconiana di sapere che emerge dagli scritti di Marsili, lo studio sui libri, la pratica sperimentale e le conversazioni erudite hanno lo stesso valore. La reciproca interazione tra lettura di testi prodotti dall’uomo, lettura del libro della natura e scambi orali di natura didattica e accademica si ritrova quale chiave di volta su cui si regge l’Istituto marsiliano, pensato per proporre un sapere empirico e sperimentale attraverso le attività di laboratorio ma dotato di una cospicua biblioteca, formata da quasi 1600 volumi a stampa e da un migliaio di manoscritti, che doveva garantire agli studenti e ai docenti che frequentavano l’Istituto l’accesso al sapere contenuto nei libri antichi e contemporanei.

Uno dei primi contributi sulla storia della biblioteca dell’Istituto, divenuta poi l’attuale Biblioteca Universitaria di Bologna, si trova nel catalogo della mostra I materiali dell’Istituto delle scienze del 1979, dove si ripercorrono brevemente le vicende della collezione, soffermandosi sulle varie accessioni settecentesche e sul progressivo ampliamento degli spazi destinati alla biblioteca all’interno di Palazzo Poggi.3

Il presente studio mira, invece, a ricostruire la stratificazione della raccolta prima del 1711, ovvero la formazione della biblioteca personale di Marsili prima di essere donata all’Istituto e dunque destinata a una fruizione pubblica.4

Fino al 1699 Marsili raccoglie un consistente patrimonio librario e documentario, formato dai seguenti nuclei: i manoscritti orientali di cui era entrato in possesso durante la sua carriera militare al servizio dell’Imperatore d’Austria; libri a stampa inerenti ai suoi interessi di studio personali e acquistati in modo mirato; vari documenti necessari all’attività militare, diplomatica e scientifica che Marsili conserva scrupolosamente, come dispacci, relazioni ufficiali, mappe, documenti prodotti durante la definizione dei confini tra impero asburgico e ottomano, carteggi con eruditi.

La riflessione di Marsili sul patrimonio acquisito durante l’impegno militare contro i Turchi si manifesta già a partire dagli anni che seguono l’assedio di Buda del 2 settembre 1686, quando il bolognese entra in possesso di un discreto bottino di manoscritti arabi, turchi, persiani, ebraici e latini che trova in alcuni luoghi della cittadella data alle fiamme dai soldati cristiani.5 A partire da questo fortunoso salvataggio si approfondisce il suo interesse per il ruolo delle biblioteche nella salvaguardia della memoria storica e nella trasmissione del sapere, che confluirà poi nel suo Discorso intorno alla famosa libreria di Buda.6

Nel recupero dei manoscritti trovati a Buda, Marsili non sembra spinto da criteri estetici, quanto dal valore documentario dei codici. Quando afferma di aver tenuto per sé alcuni manoscritti latini del Palazzo di Buda «più per una memoria ed un testimonio»7 è chiaro che ad animarlo non è una passione bibliofila scatenata dalla bellezza dei codici ritrovati, che infatti sono alquanto dimessi e molto lontani dall’immaginario dell’epoca sulla biblioteca Corviniana, bensì un interesse per l’oggetto libro come testimone di un passato che rischia di affondare nell’oblio a causa della distruzione portata dalla guerra.

Bisogna però osservare che il valore informativo e testimoniale attribuito da Marsili ai manoscritti salvati a Buda, poteva essere sfruttato solo se messo a disposizione di studiosi dotati di specifiche competenze, soprattutto linguistiche. Lo studio delle lingue orientali nell’Europa di Marsili, in particolare nell’area cattolica, non era molto diffuso e si doveva misurare con la generale diffidenza verso il mondo islamico. Marsili, che non era un esperto di lingue orientali ma era ben conscio della loro importanza nei rapporti diplomatici, tenta invano di introdurre questi studi a Bologna, come vedremo.

Marsili non entra in possesso di libri e documenti solo grazie a evenienze fortuite ma ricorre anche ai più consueti canali del commercio librario, utilizzati dalla maggior parte degli eruditi del suo tempo, che in genere non avevano occasione di partecipare a campagne militari. I suoi primi acquisti di libri a stampa sembrano risalire agli anni Novanta del Seicento. Una rilevante, anche se isolata, testimonianza si trova in una lettera di Malpighi che, forse insinuando già nel suo allievo l’idea di destinare la propria biblioteca alla fruizione pubblica, scrive:8

Godo ch’ella abbia fatto acquisto di manoscritti rari e libri antichi […] e caso ella li volesse depositare in qualche luogo pubblico crederei che fosse opportuno lo studio dell’Aldrovandi e così honoraria la sua Patria con un nobile regalo.

È però a partire dagli ultimi anni del Seicento che si intensificano, nella corrispondenza marsiliana, i riferimenti ad acquisti di libri. In questo periodo il conte è assorbito da diversi progetti editoriali. Lavora, infatti, sia alla Dissertazione epistolare del Fosforo sia al Prodromus del trattato sul Danubio,9 e, per rendere i suoi scritti degni di essere presentati alla comunità dei savants di cui ambiva il riconoscimento, non può basarsi sulle sole osservazioni di prima mano ma deve disporre di una solida base di testi di riferimento, che si procura grazie ai contatti allacciati in diverse città europee.

Nel fondo Marsili della Biblioteca Universitaria di Bologna, in particolare nei volumi Eruditorum epistolae ad Marsilium (Mss. 79-80), si trovano diverse lettere che permettono di ripercorrere gli acquisti di questi anni, conclusi con l’aiuto dei corrispondenti.10

Tra questi va ricordato, in primo luogo, l’astronomo di Norimberga Georg Christoph Eimmart, il quale permette a Marsili di accesso alle informazioni contenute nei libri anche mentre si trovava «sotto le tende in Ungaria» lontano dalla civiltà letteraria, dalle biblioteche e dalle botteghe dei librai.11

A fine maggio 1696 Eimmart invia un catalogo dei libri in vendita a Norimberga e un catalogo degli autori che si sono occupati di «rebus naturalibus et mathematicis». La lista dei libri scelti da Marsili non si è conservata, ma non molto tempo più tardi l’astronomo tedesco annuncia di aver comprato in blocco i libri richiesti e di averli mandati tramite un mercante, un certo Sweyer, che era diretto a Vienna e che li avrebbe poi fatti arrivare fino al campo militare dov’era di stanza Marsili.12

Dalla corrispondenza ricevuta apprendiamo anche che nel 1697 Marsili era in contatto con il medico bolognese Rinaldo Duglioli,13 allora residente a Venezia, al quale commissiona l’acquisto di alcuni libri, tutti confluiti in seguito nella biblioteca dell’Istituto delle Scienze, come è stato possibile verificare grazie al confronto tra l’inventario contenuto nell’Instrumentum donationis e il primo catalogo della biblioteca dell’Istituto:14 la Geografia di Strabone, il De situ orbis di Pomponio Mela (legato con il Polyhistor di Solino), il De situ orbis di Dioniso Periegete commentato da Eustachio di Tessalonica e due opere di mineralogia di De Boodt e di Fortunio Liceti, che probabilmente erano servite a Marsili per redigere il suo scritto sul fosforo.15 Altri acquisti commissionati a Duglioli riguardavano la celebre Historia animalium di Konrad Gesner e una Historia plantarum «fatta di più Auttori in due gran Tomi in foglio di stampa di Lion 1587 con figure», che probabilmente Marsili intendeva consultare per denominare le specie animali e vegetali osservate e registrate in area danubiana.16

Sempre nel 1697, Marsili riceve una lettera da Friedrich Benedict Carpzov, redattore degli Acta eruditorum, a cui era allegato un elenco dei libri che si potevano comprare a Lipsia, ora smarrito. Mentre si stavano accordando per la stampa della Dissertazione del fosforo, Marsili aveva evidentemente chiesto aiuto anche a Carpzov per procurarsi materiali di studio in ambito antiquario sul ricco mercato librario lipsiense. Carpzov fa riferimento a «libros Antiquitates, Numismata, Inscriptiones» che avrebbe potuto mandargli se gli avesse comunicato le sue necessità.17

Le buste della Biblioteca Universitaria intitolate Eruditorum epistolae ad Marsilium conservano, inoltre, diverse missive dell’editore-libraio Adriaen Moetjens e dello storico Jean Dumont, con i quali il generale è in contatto almeno dal 1699.18

Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento Marsili conclude diversi acquisti presso la bottega di Moetjens, attivo a L’Aia dal 1679.19 In una lettera del 2 giugno 1699, il libraio risponde alle richieste del conte che desiderava conoscere i prezzi di alcune pubblicazioni. Non è stato possibile ritrovare la lettera di Marsili a Moetjens e per questo si può solo ipotizzare a quali libri fosse interessato. Dato che a gennaio dello stesso anno era stata firmata la pace di Carlowitz è probabile che Marsili, nella prospettiva di ritagliarsi un ruolo nelle trattative per la definizione dei confini tra impero asburgico e ottomano, volesse informarsi sulle modalità con cui si conduceva questo tipo di negoziati, perciò si rivolge a Moetjens, la cui offerta si caratterizzava per un’ampia scelta di trattati di pace. Il libraio promette a Marsili un catalogo generale che avrebbe potuto inviargli nel giro di qualche mese, non appena stampato. Il riferimento è senza dubbio al catalogo dei libri venduti nella sua bottega pubblicato nel maggio 1700, che però non è stato possibile ritrovare né tra i libri posseduti da Marsili né tra i fondi della Biblioteca Universitaria.20 Moetjens consiglia poi al suo cliente di ordinare gli Actes et memoires des negociations de la paix de Ryswick, la cui stampa era da poco ultimata e, in effetti, Marsili sembra seguire il suo suggerimento.21

Jean Dumont entra in contatto con Marsili approfittando delle sue relazioni commerciali con Moetjens, per proporgli un progetto editoriale sulle trattative politiche e gli eventi bellici degli ultimi quindici anni del Seicento.22 In realtà il generale gira a proprio vantaggio il contatto di Dumont e gli chiede di aiutarlo a reperire libri di argomento storico e politico. Marsili, infatti, era ormai un membro rinomato della Républic des lettres e poteva permettersi di richiedere servigi a un altro studioso meno affermato.23 Nella risposta, Dumont si dichiara disponibile ad aiutarlo nell’allestimento della sua biblioteca ma lo fa riflettere sulla difficoltà di reperire libri stampati molti anni prima e di comporre un catalogo dei libri storici e politici come da lui richiesto.24 Una tale bibliografia avrebbe comportato un lavoro di anni e sarebbe risultata comunque inutile, perché esistevano già ottimi cataloghi, ad esempio quello della biblioteca di Oxford e quello della biblioteca dell’arcivescovo di Reims, meglio noto come Bibliotheca Telleriana, «qui passe pour l’élite des bons livres». Anche Moetjens era in procinto di stampare un catalogo dei libri in vendita presso la sua bottega.25 Dumont gli propone pertanto di inviargli la Bibliotheca Telleriana e il catalogo di Moetjens, in cui Marsili avrebbe potuto segnalare i libri di suo interesse.26 Moetjens avrebbe poi comunicato le disponibilità e i prezzi e, una volta ricevuto il denaro tramite una persona di fiducia, gli avrebbe inviato i libri.

Qualche mese più tardi, in agosto, Dumont annuncia l’invio del catalogo di Moetjens nel quale si è preso la libertà di segnare a margine i libri migliori. Moetjens stesso gli avrebbe poi mandato la Bibliotheca Telleriana, che infatti è conservata presso la Biblioteca Universitaria in un esemplare sicuramente appartenuto a Marsili poiché presenta le armi del generale impresse su entrambi i piatti della coperta.27

Dal 1701 il generale comincia a manifestare la volontà di destinare all’uso pubblico le sue collezioni di interesse naturalistico, archeologico e librario, raccolte durante la permanenza nell’esercito asburgico e conservate fino ad allora nella sua residenza viennese. Comincia dunque a inviare questi materiali a Bologna e li affida alla custodia di Eustachio Manfredi, astronomo e fondatore dell’Accademia degli Inquieti, col quale progetta e realizza un osservatorio astronomico a palazzo Marsili.28 Al fine di supportare le attività di studio e ricerca degli Inquieti, era però necessario arricchire la biblioteca e la dotazione di strumenti messe a disposizione da Marsili, il quale si affida alla competenza di Manfredi e di Lelio Trionfetti, dal quale aveva appreso in gioventù i fondamenti della botanica, affinché gli indicassero gli acquisti necessari nelle rispettive branche del sapere.

Manfredi, oltre a seguire la costruzione dell’osservatorio e a commissionare strumenti a Roma, invia liste di libri matematici da acquistare soprattutto in Francia, tramite il direttore dell’Osservatorio reale di Parigi Giovanni Domenico Cassini.29 Per i libri che era possibile trovare anche in Italia, Manfredi si affida talvolta al libraio bolognese Filippo Argelati che può procurarglieli nei suoi viaggi in altre città.30

Trionfetti segnala, invece, opere di argomento botanico e si occupa anche di comprare personalmente i libri reperibili a Bologna: lo testimonia una nota dei debiti contratti da Marsili, datata 6 gennaio 1703, in cui 25 lire sono destinate proprio a Trionfetti «per spesi in libri».31

Dei libri reperibili in Germania si occupa lo stesso Marsili. Nel 1703 mentre è di stanza sul Reno, a Breisach, rivolge la sua attenzione alla vicina Basilea, centro di primo piano del commercio librario europeo. A fungere da suo intermediario presso i librai basilesi è un rifugiato protestante di origini francesi che si firma De La Faye.32 La lista di libri richiesti da Marsili a De La Faye non si è conservata ma è possibile ricostruirla grazie alla risposta dell’agente, datata 26 febbraio 1703, acclusa alla quale si trova un elenco, steso dal libraio Emanuel König, dei titoli reperibili presso la sua bottega, con i relativi prezzi.33 Scorrendo l’elenco, formato da 27 titoli, si nota che Marsili non era ancora riuscito ad entrare in possesso dell’Histoire des Plantes di stampa lionese che aveva chiesto anche a Rinaldo Duglioli alcuni anni prima. Gli interessi di Marsili si concentravano, inoltre, sulle opere del medico e botanico basilese Gaspard Bauhin, vissuto tra XVI e XVII secolo e di altri autori cinquecenteschi, come Konrad Gesner, Charles de L’Écluse (latinizzato Carolus Clusius) e Jakob Dietrich (latinizzato Jacobus Theodorus Tabernaemontanus), quest’ultimo nell’edizione critica di Bauhin.

All’inizio del Settecento, in seguito all’intenso collezionismo degli anni precedenti, talvolta guidato da scelte ponderate, talvolta dettato da circostanze fortuite, Marsili comincia a disciplinare la propria raccolta di libri e documenti e a riflettere sull’importanza delle biblioteche. Le esperienze europee e i contatti personali ed epistolari con diversi studiosi gli offrono una prospettiva critica da cui guardare le istituzioni culturali della propria patria, spingendolo a formulare proposte di riforma delle strutture accademiche bolognesi che si intrecciano con le riflessioni e i progetti per la propria biblioteca.

Sin dal 1702 Marsili concepisce un’accademia scientifica che si allinei agli esempi virtuosi forniti dalle università straniere.34 A questa data aveva già mandato a Bologna la sua biblioteca e le sue collezioni che erano state affidate alla custodia di Eustachio Manfredi, il quale diventa il principale interlocutore per l’allestimento dello «studio» marsiliano.35

In una lunga lettera del 12 dicembre 1701, Manfredi spiega come intende organizzare la ricezione dei materiali inviati da Marsili, in particolare della biblioteca specificando quali saranno le modalità di fruizione del materiale librario, come forse richiesto da Marsili stesso: nessuno avrebbe potuto consultare i libri se non nel luogo in cui sono sarebbero stati collocati e solo il maestro Trionfetti e Geminianio Rondelli avrebbero potuto prenderli in prestito «coperti però con carta, ‒ scrive Manfredi ‒ per custodire la legatura».36

Emerge già chiaramente l’intenzione di Marsili di destinare le proprie raccolte a un uso pubblico, seguendo una tendenza tipica dell’epoca, che si riscontra anche in ambito bibliotecario. È questo infatti il periodo d’oro delle collezioni librarie private che aprono al pubblico, soprattutto in Francia, dove accanto alle biblioteche ecclesiastiche e nobiliari, lo stesso sovrano nel 1692 apre al pubblico la biblioteca reale. Seguendo i maggiori esempi europei anche Marsili vuole destinare la propria raccolta alla pubblica utilità, per fornire un supporto agli studi e alle attività sperimentali dell’Accademia degli Inquieti prima e dell’Istituto delle Scienze poi.

Gli inventari delle collezioni inviate a Bologna sono contenuti nel volume BUB, Marsili 104, dove è registrato il contenuto di alcune casse che ci forniscono una precisa immagine della biblioteca accumulata da Marsili fino ai primi anni del Settecento, nella quale si rispecchiano diversi aspetti del suo profilo di lettore e studioso.37

In primo luogo, si può riscontrare un consistente numero di opere necessarie per aggiornarsi sulle competenze richieste dalla sua professione: nell’elenco troviamo, infatti, diversi libri relativi all’arte militare (manuali di esercizi, trattati sulla scienza delle fortificazioni) e alla diplomazia (trattati di pace, opere di araldica, resoconti di viaggio, opere politiche).

In secondo luogo, non mancano testi attinenti alle discipline che lo interessavano sin dalla gioventù, come la medicina, le scienze naturali, la botanica, il filone antiquario.

Infine, particolarmente rilevante per questa indagine, è la presenza di alcuni cataloghi librari, che offrono una testimonianza della volontà di Marsili di organizzare la propria biblioteca e incrementarne il posseduto. Tra questi risulta degna di nota la voce «Bibliotheca Wittiana», un catalogo d’asta di libri a stampa e manoscritti appartenuti alla biblioteca privata di Johan de Witt, importante uomo politico olandese. L’esemplare marsiliano rinvenuto nella Biblioteca Universitaria presenta molti titoli evidenziati a margine da semplici linee a matita, forse tracciate dalla mano di Marsili o di un suo collaboratore. È dunque probabile che Marsili abbia sfruttato le notizie bibliografiche in esso contenute per ampliare la propria biblioteca, segnando i titoli più interessanti in vista di possibili acquisti, prassi emersa anche nello scambio con Dumont analizzato in precedenza.38

Tra il 1702 e il 1703 Marsili utilizza gli inventari ricevuti dai collaboratori bolognesi come base su cui programmare l’evoluzione della sua collezione libraria. Egli, infatti, elenchi alla mano, riflette sulla composizione che la sua biblioteca deve avere per essere coerente con il progetto di accademia scientifica che stava coltivando ormai da alcuni mesi. Nascono in questo periodo gli scritti marsiliani che si occupano di biblioteche, ovvero, oltre al già citato Discorso sulla biblioteca di Buda, il Proietto per formare una esatta libreria (BUB, Marsili 85 G) e l’Idea dell’Instituzione della Biblioteca di Sua Eccellenza il signor generale conte Marsiglii, esclusi li libri legali e poetici, de’ quali non se ne vuole nella medesima (BUB, Marsili 88 F7).39

Marsili non è ovviamente il primo a modellare una biblioteca seguendo dei criteri prefissati in un documento che potremmo definire programmatico. Questo primato spetta infatti a Gabriel Naudé, che partendo dalla sua opera Advis pour dresser une bibliothèque del 1627, considerato il primo trattato di biblioteconomia, realizza la Bibliothèque Mazarine negli anni Quaranta del Seicento.40

Pur non essendo un bibliotecario Marsili intuisce però che, per allestire una raccolta libraria, i repertori bibliografici, che egli riunisce sotto il termine «lexici», sono un punto di partenza fondamentale, in quanto permettono di isolare, all’interno uno sterminato universo documentario, le opere da acquisire per far crescere una biblioteca reale, caratterizzata obiettivi concreti e precisi, che egli definisce appunto «esatta».41

Con il termine «lexici» Marsili indica una classe molto ampia che comprende oltre agli strumenti lessicografici in senso stretto, indici, biografie, bibliografie, cataloghi librari, enciclopedie, dizionari enciclopedici, periodici scientifici come gli Acta eruditorum o il Giornale de’ Letterati, ovvero tutti gli strumenti utili a orientarsi in una produzione editoriale che dava ormai l’impressione di essere sterminata e incontrollabile. Tra il Sei e il Settecento infatti la diffusione di libri a stampa conosce un incremento esponenziale e, di conseguenza, si avverte la necessità di organizzare l’immenso sapere in essi contenuto. Per questo motivo diversi autori tentano di raccogliere e sistematizzare la produzione editoriale attraverso opere bibliografiche.42

La biblioteca marsiliana, con gli acquisti di fine Seicento e inizio Settecento, aumenta progressivamente e, intorno al 1703, come risulta dagli inventari, consta di circa 130 titoli. Quando passa all’Istituto delle Scienze nel 1712, è formata da circa 1500 titoli, una buona dotazione ma che non poteva competere con le grandi biblioteche pubbliche europee. Basti citare l’esempio di Gabriel Naudé, il quale, con un incessante lavoro di acquisto e recupero di fondi librari riesce in meno di un decennio a portare la biblioteca Mazzarina da 2.000 a 40.000 volumi. Tuttavia è importante ricordare che Naudé ambiva a costruire una biblioteca enciclopedica, «poiché – scrive nel suo Advis pour dresser une bibliothèque – una biblioteca fatta per il pubblico deve essere universale, e non può essere tale se non contiene tutti i principali autori che hanno scritto su ogni argomento e in ogni campo, e in particolare su tutte le arti e su tutte le scienze».43 Marsili, al contrario, non aspira a una biblioteca universale bensì mira a circoscriverla alle discipline che avrebbero costituito il cuore del piano formativo alla base dell’istituto da lui ideato. Gli acquisti avrebbero dovuto limitarsi, come scrive in una lettera a Trionfetti, a testi scientifici sempre aggiornati, agli strumenti necessari per compiere esperimenti e ad oggetti da destinare alle collezioni mineralogiche, naturalistiche ed archeologiche. Tuttavia, Marsili prevede di destinare una parte delle risorse anche a «Lessici, e grammatiche delle lingue varie del mondo» ed a «quelli rari manoscritti, che capitassero in ogni lingua».44

L’importanza attribuita agli strumenti di apprendimento linguistico meritano un’attenzione particolare, in quanto lo studio delle lingue straniere, soprattutto orientali, rappresenta, nel panorama culturale bolognese una delle proposte più innovative del progetto marsiliano e, al contempo, uno dei fallimenti più amari del mecenate.

Il fondo di manoscritti orientali, in origine conservato da Marsili unicamente per il suo valore documentale, nelle intenzioni del fondatore dell’Istituto sarebbe dovuto diventare uno strumento per quei bolognesi desiderosi intraprendere la carriera diplomatica, per i quali si rendeva necessaria la conoscenza delle lingue e della cultura del Vicino Oriente.

Il desiderio di Marsili di avviare a Bologna l’insegnamento delle lingue orientali era chiaro già all’inizio del Settecento nell’Idea dell’Instituzione della Biblioteca marsiliana, dove sotto la dicitura «Lingue» erano compresi «lexici e grammatiche delle lingue araba, persiana, turca, caldea, siriaca, ebrea, greca, illirica, tedesca, inglese, francese, spagnuola, italiana». Marsili lamentava il fatto che questa materia fosse trascurata a Bologna e voleva, invece, che nella sua biblioteca avesse un ruolo di primo piano:

Molto ho già mandato in Bologna, e molto di più per le lingue orientali si potrà avere di Roma, dove questi studi a benefizio della Propaganda fide si praticano e li autori o vollumi di questi s’inseriranno nel nostro catalogo.

Nel Parallelo dello stato moderno della Università di Bologna con l’altre al di là de’ Monti, scritto alla fine del 1709, quando ormai il sogno dell’Istituto delle Scienze si stava concretizzando, Marsili ribadisce l’importanza degli studi linguistici, non solo per la lotta alle eresie ma anche perché sono parlate «da tante nazioni fuori d’Europa».45 Marsili introduce, così, un riferimento alle possibilità che le lingue offrono per la carriera diplomatica e per i commerci e, a sostegno delle sue posizioni, cita l’esempio dell’imperatore d’Austria che aveva al suo servizio «un considerabile numero d’interpreti squisiti, tutti tedeschi», istruiti a Vienna.

Per istituzionalizzare lo studio delle lingue orientali a Bologna, Marsili si rivolge ai corrispondenti romani, in particolare ad Assemani, che, in una missiva del 9 novembre 1718, gli raccomanda il padre maronita Michele Mezoscita, esperto di arabo e siriaco.46

Questi sembra ben disposto verso l’incarico, tuttavia, tra i piani di Marsili e la loro effettiva realizzazione si frappongono diversi ostacoli. In primo luogo, Mezoscita deve terminare alcuni incarichi per la biblioteca Vaticana e per il pontefice, che richiederanno alcuni mesi, come apprendiamo da una lettera di Assemani del 14 dicembre 1718.

Un ulteriore ostacolo è posto dall’Assunteria dell’Istituto delle Scienze, che giudica inadeguato il lettore consigliato da Assemani. Le resistenze degli Assunti bastano per far naufragare i piani di Marsili, poiché, escluso il candidato proposto, Assemani non conosce nessuno che possa prestarsi all’incarico. In una lunga lettera del 3 giugno 1719 Assemani comunica a Marsili, tramite Lancisi, i pretesti accampati dagli Assunti, che vorrebbero «un soggetto più classico e di maggior grido».47

Il trasferimento della biblioteca di Marsili all’Istituto delle Scienze rappresenta, per il patrimonio donato dal generale, la possibilità di godere della massima accessibilità ma d’altra parte, le difficoltà economiche, gli impedimenti gestionali e i contrasti politici fanno ben presto arenare i luminosi piani del donatore. Così come l’Istituto delle Scienze proponeva un modello troppo all’avanguardia per la cultura bolognese dell’epoca, anche le iniziative di Marsili per promuovere lo studio delle lingue orientali a Bologna non incontrano il favore degli ambienti accademici. I tentativi intrapresi da Marsili per far conoscere il fondo orientale e per dotare l’Istituto di una cattedra di lingue falliscono nell’indifferenza generale.

La delusione del fondatore dell’Istituto per l’atteggiamento ostile con cui le sue idee riformatrici erano state accolte è evidente nella sua denuncia del 1726, in cui deplora l’abbandono in cui versa la biblioteca, sintomatico dell’impoverimento culturale dell’intera città.

Nel 1726, dopo un lungo soggiorno sul lago di Garda, Marsili rientra a Bologna e trova un accordo con il Senato per una seconda donazione che includeva i materiali acquistati i Olanda, oltre ai trecento libri ottenuti dai librai olandesi come compenso per la stampa del Danubius. La rappacificazione è però solo apparente: l’insoddisfazione di non vedere decollare le attività dell’Istituto porta Marsili a lasciare per sempre Bologna per trasferirsi a Cassis, in Provenza. Negli Atti legali per la fondazione dell’Instituto, pubblicati nel 1728 nella stamperia dell’Istituto, fa inserire una sorta di testamento autobiografico in cui si rammarica di non essere riuscito, nonostante le sue fatiche, ad «incontrare l’universale gradimento».48

Il gesto estremo di lasciare Bologna e di cambiare il proprio cognome suscita le critiche di alcuni contemporanei, tra i quali spicca Antonio Vallisneri, che in una lettera Louis Bourguet si lascia andare a un commento derisorio sul comune amico:49

ha abbandonato Bologna disgustato di tutti i bolognesi, e si è partito per Marsiglia. Mi dissero in Bologna, ch’era tanto in collera che non vuole più essere chiamato de’ Marsilli, e sottoscrisse una police dicendo Ferdinandi Aquini, olim Marsillii, onde si è fatto conoscere per matto.

Il progetto concepito da Marsili per introdurre elementi innovativi nell’architettura dei saperi della sua città natale è troppo all’avanguardia per essere accolto in un contesto accademico stagnante e poco ricettivo delle novità e condanna il suo ideatore alla sorte di chi si presenta come profeta in patria.


1 E. Bortolotti, “La fondazione dell’Istituto e la riforma dello «Studio» di Bologna”, in Memorie intorno a Luigi Ferdinando Marsili: pubblicate nel secondo centenario della morte, per cura del Comitato marsiliano, a cura di E. Lovarini e A. Sorbelli, Bologna, Zanichelli, 1930, 457.

2 F. Bacon, The Essays, Or Councils, Civil and Moral, London, Printed by H. Clark, for J. Walthoe, Tim. Childes, G. Sawbridge, Benj. Took, Dan. Midwinter, Jacob Tonson, R. Wellington, W. Innys, Benj. Cowse, 1718, 135-136.

3 L. Frattarolo Orlandi, I. Ventura Folli, “La biblioteca dell’Istituto delle Scienze”, in I materiali dell’Istituto delle Scienze, a cura di A. Emiliani, Bologna, Clueb, 1979.

4 L’accezione di biblioteca pubblica in questo contesto va comunque intesa come destinata a una cerchia ristretta di studenti e docenti che frequentavano l’Istituto e non aperta all’intera città.

5 BUB, Cod. 2951, Index librorum Bibliothecae Marsilianae Graecorum, Latinorum, Hebraicorum, Arabicorum, Turcicorum et Persicorum, nec non Ruthenico et Illyrico sermone, tum manuscriptorum, tum impressorum, quos excellentissimus Dominus Comes Aloysius Ferdinandus Marsilius Bibliothecae Instituti Scientiarum Bononiensis addixit. In septem partem divisus. Opera Josephi Simonii Assemani, Sacrae Theologiae Doctoris, et linguarum Orientalium in Bibliotheca Vaticana scriptoris, et in Collegio Vrbano de Propaganda Fide Professoris [1720].

6 BUB, Marsili, Ms. 85 F.

7 BUB, Marsili, Ms. 85 F., c. 7r.

8 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. I, lett. del 30 agosto 1692, pubblicata in The correspondence of Marcello Malpighi, ed. by H.B. Adelmann, Ithaca-London, Cornell University Press, 1975, IV, 1818-1822.

9 L.F. Marsili, Dissertazione epistolare del fosforo minerale o sia della pietra illuminabile Bolognese, a’ sapienti ed eruditi signori collettori degli Acta Eruditorum di Lipsia scritta da Luigi Ferdinando conte Marsiglii, … A Lipsia, 1698; Id., Aloysi Ferdinandi comit. Marsigli Danubialis operis Prodromus, Ad Regiam Societatem Anglicanam, [Norimbergae, apud Joann. Andreae Endteri filios, typis ac impensis auctoris], 1700.

10 In molti casi, i libri citati nella corrispondenza si possono ritrovare tra quelli donati all’Istituto, il cui inventario si trova in L.F. Marsili, Instrumentum donationis illustrissimi, & excellentissimi viri domini comitis Aloysii Ferdinandi De Marsiliis favore illustrissimi et excelsi Senatus, et civitatis Bononiae in gratiam novae in eadem Scientiarum Institutiones, 1712, 5-41. Una copia a stampa dell’Instrumentum è conservata anche nel fondo Marsili (BUB, Marsili Ms. 146). L’Instrumentum è stato ristampato nel 1728, con paginazione autonoma, negli Atti legali per la fondazione dell’Instituto delle Scienze, ed Arti liberali per memoria degli ordini ecclesiastici e secolari che compongono la città di Bologna, In Bologna, nella stamperia bolognese di San Tommaso d’Aquino, 1728, fol.

11 BUB, Marsili Ms. 29, Miscellanea, II, «Primo zibaldone dell’opera del Danubio, che cominciai sotto le tende in Ungaria e che unita all’opera si conserverà». Le lettere di Eimmart si trovano in BUB, Marsili Mss. 79, 80 B, 82 e 122. In totale si contano 33 lettere inviate da Norimberga tra il 25 maggio 1696 e il 12 maggio 1703.

12 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. IX, lett. del 22 giugno 1696. Sempre dalle lettere di Eimmart emerge il desiderio di Marsili di procurarsi stampe di Albrecht Dürer. Sull’argomento si veda L. Tongiorgi Tomasi, “Libri illustrati, editori, stampatori, artisti e connoisseurs”, in Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento, Avvio di un’indagine, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1987, 311-56, in particolare p. 314.

13 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. III «Lettere del Sig.re Dott.re Duglioli», cc. 14-29, in particolare cc. 17-19. Per la biografia di Rinaldo Duglioli si veda G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna, A. Forni, 1965 (rist. anast. dell’ed. di Bologna, Stamperia di San Tommaso d’Aquino, 1781-94), 266-268.

14 BUB, Ms. 426, Catalogus librorum primae, Bononiensis Instituti, Bibliothecae. Cfr. F. Arduini, “La Biblioteca Universitaria”, in I laboratori storici e i musei dell’Università di Bologna. I luoghi del conoscere, Bologna, Banca del Monte di Bologna e Ravenna, 1988, 161-169.

15 Strabo, Strabonos Geographikon bibloi hepta kai deka. Strabonis Rerum geographicarum libri septemdecim. Magna cura recogniti, Basileae, ex officina Henricpetrina (1571), coll. A. M B III 2; Caius Iulius Solinus, Polyìstora Enarrationes. Additus eiusdem Camertis Index, tum literarum ordine, tum rerum notabiliu[m] copia, Viennae Austriae, per Ioanne[m] Singreniu[m], impensis honesti Lucae Alantse, ciuis, & bibliopolae Viennensis, 1520, BUB, coll. A. M B III 29 1-2; Dionysius Periegetes, De situ orbis liber, Graecè, & Latinè ad uerbum, ut conferri à studiosis possit: unà cum Eustathii Thessalonicensis archiepiscopi Commentarijs longè doctis, Basileae, per Ioannem Oporinum (1556), BUB, coll. A. M B VII 13; Anselm Boece De Boodt, Gemmarum et lapidum historia, Lugduni Batavorum, ex officina Joannis Maire, 1636; Fortunio Liceti, Hieroglyphica, siue Antiqua schemata gemmarum anularium, quaesita moralia, politica, historica, medica, philosophica, & sublimiora, omnigenam eruditionem, & altiorem sapientiam attingentia, diligenter explicata, Patauij, typis Sebastiani Sardi, 1653.

16 L’opera, che non è stata ritrovata nella biblioteca marsiliana, è identificabile con Jacques Dalechamps, Histoire generale des plantes, A Lyon chez Philip. Borde, Laur. Arnaud & Cl. Rigaud, 1653.

17 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. VII, lett. del 5 novembre 1697.

18 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. IV, XXII e XXIII. Anche Jean Frédéric Bernard di Amsterdam gli scrive nel 1721, pochi mesi prima della sua partenza per l’Inghilterra e l’Olanda, pubblicizzando un’opera fresca di stampa (ABA, Marsili, cartone IV, mazzo 10, fasc. 3 «Bernard d’Amsterdam – libraro – segue anche Beyon»). Ma si tratta di una comunicazione incidentale e non di una corrispondenza consolidata.

19 J.-D. Mellot, É. Queval, A. Monaque, Répertoire d’imprimeurs/libraires (vers 1500-vers 1810), Paris, Bibliothèque nationale de France, 2004, 404, n. 3596; v. anche J.A. Gruys, C. De Wolf, Typographi & bibliopolae Neerlandici usque ad annum 1700 thesaurus, Niuewkoop, B. De Graaf, 1980, ad vocem.

20 Catalogue des livres de Hollande, de France, et des autres pays etrangers, qui se trouvent à present dans la boutique d’Adrian Moetjens, et encore plusieurs autres; le tout à un pris [sic] raisonnable, a La Haye, chez Adrian Moetjens, marchand libraire prés de la Cour, à la Librairie françoise ce I. mai 1700.

21 Actes et memoires des negociations de la paix de Ryswick. Tome premier-quatrieme, A La Haye, chez Adrian Moetjens, marchand libraire, 1699, 4 v.

22 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. IV, lett. s.d.

23 L. Brockliss, “Starting-out, Getting-on, and Becoming Famous in the Eighteenth-Century Republic of Letters”, in Scholars in action: the practice of knowledge and the figure of the savant in the 18th century, ed. by A. Holenstein, H. Steinke, and M. Stube, Leiden-New York, Brill, 2013, p. 76.

24 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. XXIII, lett. del 15 febbraio 1700.

25 E. Netchine, C. Lesage, V. Sarrazin, Catalogues de libraires 1473-1810, [Paris], Bibliothèque nationale de France, 2006, 397.

26 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. XXIII, lett. del 15 febbraio 1700.

27 Ch.M. Le Tellier, Bibliotheca Telleriana, sive Catalogus librorum bibliothecae illustrissimi ac reverendissimi D.D. Caroli Marutii le Tellier, archiepiscopi ducis Remensis…Parisiis, e Typographia Regia, 1693, BUB, Coll. A. V Q IV 3.

28 BUB, Marsili Ms. 79, fasc. XII, lett. del 25 ottobre 1701. Sull’Accademia degli Inquieti si veda: M. Cavazza, Settecento inquieto: alle origini dell’Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna, Il Mulino, 1990.

29 BUB, Marsili Ms. 80 A, n. 24, lett. del 14 marzo 1702.

30 BUB, Marsili Ms. 80 C, n. 30, lett. del 26 maggio 1705.

31 BUB, Marsili Ms. 82, cc. 50-51, «A dì 6 gennaro 1703. Debiti che sono, e saranno da pagarsi sino al fine di aprile per conto di Sua Eccellenza qui in Bologna».

32 Ivi, n. 11, lett. del 22 gennaio 1703.

33 Ivi, n. 23, lett. del 26 febbraio 1703 (l’elenco è alla c. 77).

34 Marsili progetta la fondazione di un istituto scientifico a Bologna almeno dall’ottobre del 1702. Cfr. BUB, Marsili Md. 83 B, cc. 79-83, «Punti (n. 25) pensati per l’istituzione dell’Accademia delle scienze in Bologna».

35 BUB, Marsili Ms. 79, fascicolo XII «Lettere del Sig. Dott. Manfredi», cc. 112-122.

36 Ivi, c. 121, lettera del 22 novembre 1701.

37 BUB, Marsili Ms. 104, cc. 51v-53r.

38 J. De Witt, Catalogus bibliothecae luculentissimae, & exquisitissimis ac rarissimis in omni disciplinarum & linguarum genere libris, magno studio, dilectu & sumptu quaesitis, instructissimae, a Joanne de Witt, Joannis Hollandiae consiliarii & syndici, magnique sigilli custodis, filio. Illius auctio habebitur Dordraci, in aedibus defuncti, 20 octobris 1701, Dordraci, apud Theodorum Goris, & Joannem van Braam, bibliopolas, 12º.

39 L’importanza di questi scritti è stata messa in luce da R. Gherardi, “Il «politico» e «altre scienze più rare» in due inediti marsiliani del primo Settecento”, Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento I (1975), 85-141.

40 G. Naudé, Advis pour dresser une bibliotheque. Presenté à monseigneur le president de Mesme, A Paris, chez Francois Targa, au premiere pillier de la grand’ salle du Palais, devante les consultations, 1627.

41 Si veda il Vocabolario degli Accademici della Crusca, II, In Firenze, nella stamp. dell’Accademia della Crusca, 1691, dove «Esatto» corrisponde a «puntuale, diligente».

42 A. Serrai, F. Sabba, Profilo di storia della bibliografia, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005, in particolare pp. 88-112.

43 G. Naudé, Avvertenze per la costruzione di una biblioteca, Bologna, Clueb, 1992, 10. Sulla biblioteca Mazzarina si veda: F. Barbier, Storia delle biblioteche. Dall’antichità a oggi, Milano, Editrice bibliografica, 2016, 245-249.

44 L.F. Marsili, Alcune lettere inedite del generale conte Luigi Ferdinando Marsigli al canonico Lelio Trionfetti per la fondazione dell’Istituto delle scienze di Bologna, a cura di G.G. Bianconi, Bologna, Tip. Sassi, 1849.

45 Memorie intorno a Luigi Ferdinando Marsili, cit., 409.

46 ABA, Marsili, cartone VI, mazzo 9, fasc. 4, «Giuseppe Assemani materia letteraria», lett. del 9 novembre 1718.

47 Ivi, lett. del 3 giugno 1719.

48 L.F. Marsili, “A tutti gli ordini della città di Bologna”, in Atti legali per la fondazione dell’Instituto delle Scienze, ed Arti liberali, cit., p. IV.

49 A. Vallisneri, Epistolario 1714-1729, a cura di D. Generali, Firenze, Olschki, 2006, 1628, lett. del 12 novembre 1728.