Governare la peste? Un progetto di Luigi Ferdinando Marsili

Raffaella Gherardi

Professoressa Emerita di Scienze Politiche e Sociali, Alma Mater Studiorum –
Università di Bologna, Accademica Effettiva

Abstract

At the height of his military career at the service of Leopold I of Hapsburg, Marsili sends to Vienna the project here presented. It contains a series of precise measures to be effectively and pre-emptively implemented to defend the borders of the Danubian and Balcanic territories of the empire from the spreading of the plague, “utmost evil”, which in his opinion is endemic in the Ottoman empire. Marsili’s notion of “good order”, in which political-military-economic analyses are directly connected to scientific considerations, still sounds as a powerful challenge for the present times.

Keywords

Marsili, Hapsburg Empire, “Good order”, Plague.

© Raffaella Gherardi, 2023 / Doi: 10.30682/annalesm2301h

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A pochi passi dalla cattedrale di Santo Stefano, nel centro del Graben a Vienna, si erge la monumentale colonna votiva della peste (Pestsäule), patrocinata e finanziata da Leopoldo I, l’Imperatore che ne aveva assegnato l’incarico di progettazione ed esecuzione a sommi Maestri dell’arte barocca. La spaventosa peste del 1679 (nella sola Vienna morirono più di 75.000 persone) segna il punto di avvio della realizzazione di tale grandiosa impresa scultorea, effettivamente completata e inaugurata soltanto parecchi anni dopo (1693). Il monumento votivo in questione se da una parte è senz’altro esemplificativo (come da più parti la storiografia sottolinea), della volontà del “pio Leopoldo” di invocare e poi rendere grazie alla protezione divina per aver posto termine al flagello della peste, dall’altra può, a mio avviso, altrettanto significativamente essere assunta a simbolo della grande attenzione con la quale la sua politica guarda al pericolo, ricorrente in Europa, della peste e delle sue deflagranti conseguenze a ogni livello e alla stringente necessità di attuare preventivamente ogni misura che possa contribuire a fermarla o perlomeno limitarne la diffusione all’interno dei territori ereditari asburgici e dell’Impero nel suo complesso. L’attenzione al pericolo in oggetto diviene tanto più forte a ridosso della pace di Karlowitz (1699), la pace che segna l’ascesa della Monarchia austriaca a grande potenza europea, avente il suo fulcro nei territori danubiano/balcanici, i quali ultimi necessitano di un’opera di profonda riorganizzazione, ivi comprese misure a carattere politico-economico in senso ampio, inclusi provvedimenti tesi a ostacolare e per quanto possibile prevenire la diffusione di epidemie. Negli anni successivi il momento della crisi più profonda della politica asburgica, culminata nell’assedio di Vienna da parte dei Turchi (1683),1 una serie di importanti successi militari conseguiti sul fronte sud dell’Impero fa sì che la pace di cui sopra rappresenti davvero un punto di svolta fondamentale negli equilibri internazionali. La progressiva ascesa della Monarchia austriaca al ruolo di grande potenza, nel ventennio a seguire il drammatico assedio di Vienna, coincide anche con la personale parabola ascendente della vita di Luigi Ferdinando Marsili, nella sua qualità di militare al servizio di Leopoldo I.2 Basti in tal senso richiamare due “tappe” assai diverse; la prima: fu nel corso dell’assedio di Vienna che egli, ai suoi primi esordi nel servizio imperiale, venne fatto prigioniero dai Turchi. La seconda tappa ne segna invece l’apoteosi militare e politica: la sua nomina a Plenipotenziario di parte asburgica per la definizione e attuazione dei confini sud-orientali dell’Impero a seguito dei trattati stabiliti nella pace di Karlowitz.3 Nell’opera di concreta definizione e di riorganizzazione della lunghissima frontiera, fatta di centinaia di chilometri, che separa i territori asburgici da quelli dell’Impero ottomano, da Vienna partono reiterati ordini e richieste a Marsili affinché egli tenga presenti non solo i problemi di carattere strettamente militare e di rafforzamento strategico dei confini contro i Turchi che tale opera di riorganizzazione impone, ma in senso più ampio quelli della realizzazione di un “buon ordine” generale che considera gli uni con gli altri inscindibili i problemi di un rilancio economico-commerciale dei territori di confine, di riorganizzazione amministrativa e anche di misure specifiche da applicare in determinati ambiti. Nella prospettiva appena richiamata le voluminosissime trentaquattro relazioni che Marsili invia a Vienna nel corso della sua funzione di Plenipotenziario imperiale, (opera in cui sarà impegnato dal marzo 1699 al maggio 1701),4 rappresentano nel loro insieme un vero e proprio spaccato e una fonte preziosa della complessa rete dei problemi di volta in volta affrontati nei territori di frontiera. Per questioni particolarmente importanti esse sono integrate anche con “allegati” dedicati a questo o a quel problema, sulla base di richieste specifiche di Vienna, e rendono dettagliatamente conto all’Imperatore e agli uffici di Corte delle modalità specifiche secondo le quali Marsili intende operare. A volte tali allegati, spesso corredati da mappe e attenti rilievi svolti sul campo, si configurano quali veri e proprio progetti contenenti disegni complessivi di intervento su determinate questioni.

All’interno di uno dei più importanti e organici allegati marsiliani, e precisamente quello che, in appendice alla decima relazione (11 settembre 1699) porta il titolo Discorso generale sopra del traffico,5 il problema della peste verrà specificamente evocato, nell’ambito di un organico progetto generale di riorganizzazione economica e commerciale dei territori di frontiera e di misure concrete per incentivare lo sviluppo dei commerci asburgici. Lo schema generale e l’ampia portata del Discorso in oggetto vengono chiariti fin dalla parte introduttiva di presentazione all’Imperatore:

Le vittorie dell’armi gloriose della Maestà Vostra – sottolinea Marsili – danno certamente una grande apertura all’introduzione d’un traffico utile e vantaggioso al di lei erario e alla felicità de’ suoi sudditi, circa del quale, per discorrere con buon ordine e chiarezza, dimostrerò prima il traffico da constituirsi coi Turchi, e poi quello con l’altre nazioni e, dal mio spiegarmi, conoscerà la Maestà Vostra come il Sultano abbi più bisogno di stabilire un mercantile commercio de’ suoi co’ di Lei sudditi che Ella con d’esso: qual vantaggio, che per constituzione de’ Stati Vostra Maestà possiede, dovrà essere sostenuto ancora col suo decoro ne’ trattati alla Porta, per riportarne quelle convenienze che anderò a suo tempo divisando.6

Nell’ambito del secondo capitolo del Discorso del traffico, in cui viene dettagliatamente presa in esame la proposta di istituzione di una rete viaria e commerciale, comprensiva di progetti di istituzione di magazzini per ospitarvi le merci e di “ricoveri” per i mercanti,7 si dà forte rilievo al problema della peste. La necessità di prevedere la costruzione di lazzaretti che, in tempi di diffusione di contagio, possano essere utilizzati per evitare la diffusione di tale pericolosissima infezione fino all’interno dei territori ereditari viene messa in particolare evidenza da Marsili, anche in relazione all’esempio della Repubblica di Venezia.8

Pochi mesi dopo, e specificamente nel corso del testo della sua diciassettesima relazione inviata a Vienna (18 gennaio 1700), Marsili richiamerà specificamente l’importanza di quanto, in tema di peste, aveva già avuto modo di rilevare nel suo Discorso del traffico e la necessità di provvedere con urgenza a possibili “rimedi” a difesa dei territori asburgici “da così orribile male”:

Nella mia relazione per il traffico, accennai umilmente alla Maestà Vostra che li suoi Stati, così distesi nella Turchia, potevano star assai sottoposti alla peste, onde che vi erano necessarie molte cautele, e molto più se si considerano le dislocazioni de’ Turchi ne’ posti dell’Unna e del Savo, per le quali potrebbero restare infettate le di Lei guarnigioni, e li di Lei sudditi. Ma sia per esempio Gradisca; avendo in faccia il borgo del medesimo nome, da’ Turchi abitato, quando il male crescerà nella Bosnia, sarà obbligato il Conte Guido di Staremberg a proibire il commercio alla guernigione di Gradisca suddetta, e così tutte le altre guernigioni della Maestà Vostra, sortite l’evacuazioni degli altri luoghi, dovranno star sottoposte a simile proibizione di commercio; per il che si assicuri la Maestà Vostra che non dee perdersi tempo in pensare a’ remedii correlativi alla situazione de’ paesi e a quelle leggi che si sono costituite per difendersi da così orribile male, formando un Tribunale di Sanità che costituisca una linea di duecentosessanta leghe e che si regoli giusta l’uso de’ Veneti. Io per me ho pensato a molti rimedi, ma come fuori della mia sfera non mi trattengo a ridirli.9

E che sia necessario, anche nel corso delle operazioni confinarie da lui condotte in prima persona sulla frontiera turco-imperiale, prestare grande cautela e adottare ogni misura possibile affinché dai territori turchi la peste non debba rapidamente dilagare negli Stati del suo Sovrano, Marsili lo sottolinea bene nella parte iniziale della sua ventesima relazione (4 aprile 1700), in cui egli ha cura di spiegare in dettaglio quali siano gli accorgimenti che egli sta prendendo in tal senso dal punto di vista dei suoi movimenti e rilievi lungo la linea di frontiera:

Alli 12 del futuro mese ho risoluto di partire di qua, e di postarmi in un luogo comodo fra Novi e Costanovitz, e di far porre chi non ha tende sotto baracche di paglia, insino che quelle ci vengano da Vienna. La causa di ciò è la grand’acqua che qui a Siszek ci toglie il commercio e il fieno, e anche l’aria cattiva che riduce molti a stato di poca salute; oltr’ a ciò, saremo ivi più vicini al luogo in cui si avrà da trattare, e indi toglierassi l’occasione a’ Turchi di venire tanto dentro del paese in questo tempo che non sono liberi dalla peste; il che dee darci un grand’accorgimento e una esatta cautela da me per altro non abbandonata nella custodia rigorosa de’ passi, e quando vedessi crescere il male, io stesso mi prenderei bando da’ Stati della Maestà Vostra, e per il paese turco mi porterei a Belgrado, e farei li limiti della Transilvania senza toccar mai il paese de’ di Lei sudditi.10

Marsili continua poi specificando di aver a tale proposito provveduto a stendere, in un apposito allegato alla relazione, un progetto specifico dedicato a mettere a punto una serie di misure difensive contro la peste, progetto che, a sua volta, è corredato di una mappa in cui vengono designate le località precise in cui sarebbe necessario, a suo avviso, istituire lazzaretti. Gli uffici della Corte viennese dovranno in tal senso provvedere al più presto affinché nel più breve tempo possibile siano effettivamente varati gli “ordini opportuni”:

Il modo, per altro, che potrebbe tenersi per mantener lontani i suoi Stati dal pericolo della peste lo vedrà la Maestà Vostra dall’ingiunto peilok A (A. Progetto per difendere la frontiera della linea cisdanubiale dal pericolo della peste), considerandosi la linea da Slankamen insino al triplice confine. A quest’effetto li è annessa la mappa B […] con la dislocazione de’ lazaretti segnati dove posso credere che sarebbero necessari. E facendo correggere la Maestà Vostra dal suo Ministero quello che non trovasse a proposito, potrebbe mandar poi con ogni prestezza gli ordini opportuni per far i debiti ripari ad un tanto male che poi serpeggierebbe senza rimedio.11

La presentazione appena citata da parte di Marsili sintetizza efficacemente i lineamenti e gli obiettivi di fondo del Progetto pel buon regolamento a difendere dal pericolo di peste tutta la frontiera della linea cisdanubiale (datato “4 marzo 1700”),12 che qui viene riportato integralmente e che figura fra gli allegati alla sua relazione appena richiamata.

Pur nella sua brevità il Progetto per buon regolamento a difendere dal pericolo di peste (e tenendo comunque presente il fatto che esso è corredato di mappe specifiche in cui Marsili traduce sul campo per Vienna le sue proposte in tal senso da attuare concretamente sulla linea di frontiera, sollecitando gli uffici della capitale asburgica a fare la loro parte per darvi effettiva e precisa attuazione, in primo luogo per quanto riguarda “leggi e statuti” generali da adottare in proposito e che solo Vienna può varare) rappresenta un vero e proprio manifesto dei princìpi di “buon ordine” che il Plenipotenziario imperiale intende seguire. Il tema specifico in oggetto è chiarito già in apertura: si tratta di poter prevedere e costruire possibili difese alla diffusione, da oriente, del “male sommo della peste” fino all’interno dei territori ereditari, dell’Impero asburgico e dell’Europa. La peste è “il fulmine più fiero” che sempre è in agguato fra gli uomini; l’esperienza, recente e passata, dei suoi “orridi effetti”, deve di conseguenza indurre il Sovrano ad applicare preventivamente un sistema generale di tutti quegli “ordini e disposizioni” che “per diligenza umana si possano fare”, per difendere i suoi Stati e la salute dei sudditi (e i loro interessi) e sia comunque utile a porre ogni possibile argine alla eventuale distruttiva diffusione dell’epidemia. Al di là delle misure concretamente prospettate da Marsili in tal senso (in forza, per esempio, della critica ai “tribunali di sanità”, vigenti nell’Impero turco e che, a suo avviso, non sono attendibili, fino alle varie ”prescrizioni delle leggi di salute” da porre in atto), ovviamente legate alla situazione delle conoscenze scientifiche del tempo, vale la pena porre in evidenza il forte richiamo che egli, in premessa, rivolge all’Imperatore e agli alti vertici della politica viennese: si tratta di costruire un “irrevocabile regolamento” da effettuare, in primo luogo, anche con “l’aiuto della imitazione degli altri” e nella fattispecie di quei paesi che più si mostrano all’avanguardia in tale prospettiva (le “leggi esatte della repubblica di Venezia”, per esempio, vengono esplicitamente richiamate).

Con orgoglio egli sottolinea la propria personale e diretta esperienza ad ampio spettro maturata nei territori di confine, nella sua qualità di militare al servizio dell’Imperatore e di suo Plenipotenziario, non solo relativamente alle principali via di traffico economico-commerciale fra i territori asburgici e quelli dell’Impero Ottomano, ma anche in preciso riferimento alle caratteristiche specifiche dei territori stessi sia dal punto di vista geografico che della rete viaria, delle città e luoghi di fortificazione, dei movimenti di uomini e di merci, degli interessi in causa, delle maggiori o minori vulnerabilità, in caso di peste, della stessa linea di confine di contro a un “male” che gli appare largamente endemico presso i Turchi. L’istituzione di una vera e propria linea “di salute”, (con l’indicazione, per esempio, dei lazzaretti che occorre immediatamente istituire e delle precise località in cui è necessario prevederne la realizzazione), finalizzata a difendere dal pericolo di peste i territori ereditari asburgici, è quindi una preoccupazione “sostanziale” da parte di Marsili. Emblematicamente egli, avviandosi alla conclusione del suo Progetto pel buon regolamento di peste, dopo aver sottolineato reiteratamente la non dilazionabilità della istituzione di “buon ordine” in proposito, ricorda all’Imperatore proprio l’importanza della sua funzione di Plenipotenziario:

L’esperienza che vo pigliando nel servizio della Maestà Vostra, tanto per ragione della qualità della frontiera, che de’ di Lei sudditi e de’ Turchi confinanti e positura del commercio di ambi gli Imperi, non mi raccorda megliore né più sicuro ripiego di questo che obbedendo sottometto a’ di Lei piedi […].

Inoltre, sulla base del richiamo che egli fa, nel corso del suo breve scritto, a regolamenti e misure specifiche messi in atto in altri Paesi e alla necessità di un confronto con questi, si potrebbe forse avanzare un interrogativo: «C’è per caso sullo sfondo l’idea che la battaglia contro le epidemie debba essere svolta ad ampio raggio da parte di tutti gli Stati?». Marsili è un militare e, come tale, è chiamato a rispondere specificamente al suo Sovrano e sarebbe davvero troppo chiedere a lui di addentrarsi in considerazioni più ampie rispetto a quelle che i suoi diretti interlocutori politici a Vienna gli chiedono di fare. Certo è che egli ha chiara l’idea che la peste è qualcosa che va ben al di là dei confini degli Stati e che si tratti in ogni caso, anche sotto il profilo meramente interno agli Stati stessi, di far tesoro e confrontare, oltre che le proprie passate esperienze e ben prima che l’emergenza epidemica si manifesti, le misure più innovative e di successo che altri Paesi hanno attuato. L’invito è insomma quello a ragionare nel segno di una politica che ha di mira non solo gli eventi contingenti, del giorno dopo giorno e per la quale i rischi più gravi che le si possono presentare (nella fattispecie il “flagello” possibile della peste, vera e propria e guerra delle guerre) sono qualcosa da tenere sempre ben presenti e di contro ai quali ergere ogni possibile “rimedio”, prima che essa faccia effettivamente la sua comparsa e si diffonda rapidamente nei suoi fulminei e devastanti effetti.

Dopo più di tre secoli dalle considerazioni di Marsili, e se è vero che fare storia significa sempre e comunque rispondere a problemi del presente, forse ci sarebbe di che interrogarsi di nuovo in profondità sui lineamenti della sua riflessione, in un’era globale per la quale la politica del “qui e adesso” sembra essere la sola dimensione anche di fronte a problemi di ampia portata e la cui seria soluzione non è certo confinabile in un presente che non faccia i conti col passato/futuro. Inoltre, mutatis mutandis, l’era pandemica di Covid-19 che da anni il mondo intero sta attraversando, ha forse qualche motivo in più di interesse per rilanciare a tutto campo alcuni importanti elementi della riflessione marsiliana e quell’idea di “buon ordine” che egli non si stanca di invocare.

Luigi Ferdinando Marsili, Progetto pel buon regolamento a difendere
dal pericolo di peste tutta la frontiera della linea cisdanubiale

Sacra Cesarea Real Maestà

A punizione dell’umanità l’onnipotente mano di Dio sino a quest’ora non ha maneggiato un fulmine più fiero, e che sempre fra i viventi va serpendo, ed è quello della peste il di cui nome bastantemente imprime i di lui orridi effetti, quando anche la memoria così recente della strage fatta nella residenza istessa di Vostra Mestà Cesarea non lo rimettesse a memoria, non tanto alla di Lei paterna clemenza verso de’ sudditi, che a’ sudditi istessi per dargliene grazie di tutte quelle disposizioni maggiori che per diligenza umana si possino fare dagli ordini e disposizioni del suo Monarca.

Le pesti di Austria e di Friuli ebbero la loro origine quella da Naijaysel e l’altra dalla Lika, luoghi allora posseduti da’ Turchi, fra’ quali pare che l’Onnipotente Iddio vogli conservare immortale il seme di così gran flagello, per non solo punire l’impietà loro, ma anche per averla alla mano per traspiantare nel Paese della Cristianità in avvertimento di tutti i Cristiani. E perché l’estensione delle di Lei vaste conquiste e la constituzione de’ limiti del di Lei Imperio con quello de’ Turchi rende nella vicinanza maggiore in ora che ne’ tempi passati al centro della monarchia turca, in maggiore pericolo che allora i di Lei sudditi di sì gran male, così è ben degno della di Lei somma pietà l’aver risolto, come clementissimamente mi avisa nell’ultimo rescritto dello 6 di febraio passato, di voler instituire un tribunale di sanità che sia l’essecutore del buon effetto che porteranno le preghiere de’ fedeli a Dio, facendo co’ mezzi umani possibile, l’argine a cossì gran male; e obbedendo a’ di Lei commandi ardisco di dire quant’ho potuto pensare nella subdivisa cognizione c’ho di tutta la frontiera, nella quale potrebbero essere fatte le breccie per penetrare la peste nelle viscere de’ suoi più cari Stati.

Per introdurmi con ordine nella materia, devo l’istessa dividere in due parti: la prima sia quella degli offiziali, delle leggi e statuti da pubblicarsi dalla Maestà Vostra, l’altra delle disposizioni rispettivamente a’ siti e strade e bisogno della frontiera per rendere in istato di essecuzione le leggi e i statuti.

Per la prima parte non dubito che, nel governo di Vostra Maestà cesarea e de’ suoi gloriosi predecessori, vi saranno regolamenti tali che potranno essere rinnovati con pubblicità di stampe e anche mi permetterà che raccordi non essere superfluo l’avere le leggi così esatte della repubblica di Venezia e anche con la voluminosa opera stampata di Girolamo Cardinale Castaldi De profliganda peste con gli atti tutti e disposizioni che furono fatte nell’ultima gran peste di Roma, contro della quale fu commissario eletto dalla santa memoria di Alessandro VII. Onde, fra gli antichi formulari del di Lei Imperio e l’aiuto dell’imitazione degli altri, in una e altra parte potrà farne formare un estratto che, appropriato all’individuale circostanza della di Lei frontiera co’ Turchi, possi passare in avvenire in uno irrevocabile regolamento e come che questa è parte che può e saprà meglio fare da sé il Gabinetto della Maestà Vostra, passo alla seconda, dove non può penetrare che colla relazione di quelle notizie che Le possono essere necessarie.

La seconda parte, dunque, è quella che mi vuole diffuso, restringendomi dopo aver dimostrata l’impossibilità che le guardie militari degli ultimi limiti del di Lei Imperio possino, per causa della constituzione degli stessi limiti, custodire i di Lei Stati dalla peste e susseguentemente, passare al progetto di un altro limite più in dentro che sia il recinto della solida difesa contro di così gran nemico, reprimendo tutti quelli assalti che li potrebbero essere permessi dalla linea vera limitanea dell’Impero per mancanza di possibilità.

Trovasi la Maestà Vostra di avere una gran parte della di Lei frontiera, coi Turchi terminata con fiumi di varie grandezze e che restano, nell’uso, communi e con l’inabitazione da una parte da sudditi dell’altro che vale il dire i sudditi non divisi che colla distanza, in alcuni luoghi (come su l’Unna dirò), da un tiro solo di pistolla: cioè a dire che il solo vento può gettare non solo festugini di paglia e pezzi di vestiti, che sono esca di peste, ne’ luoghi de’ sudditi della Maestà Vostra, oltre che l’indispensabilità di dovere, o per la pesca o per tanti bisogni del vivere, immischiarsi l’uno coll’altro, ch’effettivamente non vi è diligenza che possino fare né i commandanti né le vigilie che sia sufficiente a potere far vivere con sicurezza la Maestà Vostra, per questa constituzione del sito; e il fidarsi che la peste non sia da temere fino a tanto che non comincia a dilatarsi né luoghi posti sotto al cannone della Maestà Vostra è un fortemente ingannarsi, perché in un attimo può insorgere alla fiamma, giaché le scintille nella Turchia sono perpetue e i Turchi, come è noto, non hanno alcuna diligenza, ma solo fidandosi del destino portano a sé stessi e a’ vicini che non si guardano la disgrazia, e per questo la Repubblica di Venezia e tutta l’Italia nelle scale di mare non permette la communicazione né di gente né di merci che pel meno non abbi né deputati lazaretti fatta una contumacia almeno di ventidue giorni e per l’ordinario sono di quaranta e fra quelle diligenze che sono ne’ statuti espresse, temendo sempre che nell’istesso punto che le genti o merci che lasciano gli ultimi limiti de’ confini turchi non avessero presa qualche infezione da un Turco casualmente o di ben nuovo giunto.

L’attestazione di salute fatta da giudici turchi ne’ tribunali di sanità non si può accettare, perché la negligenza loro e qualità del clima particolarmente dall’Affrica, dalla quale Costantinopoli è così terribilmente tribulato, non li permettano la dovuta fede; sì che conviene a chi ne vuol vivere sicuro, l’essere in una continova difidenza e tanto più quando indispensabilmente si deve, si può dire, vivere assieme.

Se viene un impestato turco, per essempio a Brod alla parte turca, o qualche palla di mercanzia infetta e nello stesso giorno i Turchi venghino insieme con le nostre guarnigioni e altra sorte di sudditi, ecco impressa l’infezione prima che nemeno il governatore della piazza se ne possi essere avveduto. Nel medesimo tempo uno di questi passa in Oessek per ordinaria necessità e successivamente, col mezzo del necessario commercio, può correre sino alla di Lei residenza imperiale, prima che alcuno se ne avvedi; e se questa mia apprensione sia ideale o sostanziale Vostra Maestà e il suo prudente Ministerio ne dia la sentenza e più forsi di me l’apprenderebbero ancora se, colla cognizione de’ costumi de’ Turchi e sopra luogo come io, vedessero il tutto.

I commandanti possono fare diligenze, come sarà ancora loro debito, ma per le sudette ragioni non saranno mai sufficienti in uno indispensabile, continouo commercio come sarà questo, dopo che saranno terminati i limiti e fatte le evacuazioni ad utile dell’Imperio Ottomanno. La qui annessa mappa n. 1 mostra in piccolo tutta l’intiera linea limitanea cisdanubiale, co’ luoghi su le ripe de’ fiumi opposti a’ nostri, che sussisteranno allorché sarà esseguita la pace, lasciando tutti quelli che potranno dall’una e altra parte essere collocati.

Il rimedio dunque, Sacra Maestà, bene considerata tutta la constituzione di questa linea cisdanubiale, ch’è la più esposta per causa di Belgrado e della Bosnia ad un tale pericolo, non so trovare in altra forma che, dopo avere dati gli ordini alle guarnigioni della linea limitanea di fare le possibili diligenze, d’instituire una linea di ritirata da fortificarsi, in cambio di piazze, con lazaretti e presidiarli di guardie di commune peso di tutti i Regni che ne sentiranno l’utile della custodia e lasciare in essa praticabili le strade solo principali e necessarie al vero commercio; e quel tratto di paese che resta fra la linea limitanea dell’Imperio e questa di retirata ad uso di salute, che sia il campo dove possino essere fatte le diligenze prescritte ne’ statuti, ch’erano impossibili da farsi nell’istessa linea limitanea per le accennate ragioni, perché quando, Dio Guardi, si sentisse accesa la peste non dico solo ne’ di Lei presidii, ma ancora in quelli de’ Turchi vicino, subito tagliare si possino fuori del commercio e le guarnigioni e i sudditi infraposti alle due linee, obligandoli alle leggi della contumazia ne’ lazaretti da instituirsi e inesorabilmente con essi loro procedere come con gli stessi Turchi.

Le merci quando fosse una gran peste potrebbero in qualche luogo, su la linea limitanea, fare una piccola contumazia e poi portarle alla più rigorosa e ordinata della linea di retirata.

Comincio dunque la mia linea di retirata da Slanchemen, ascendendo lungo il Danubio, sino al conflusso del fiume Vucova, facendo alla portata del cannone, attorno di Peter Varadino, Illok e Beccovar, un giro per tenere incluse le guarnigioni dentro del terreno sano, che potrà essere guardato da poche guardie e d’indi, lungo il fiume Vucova e Jacovar, d’indi pe’ monti a Vellica Craliova, includendo Possega, da Cralliova Vellica al conflusso del fiume Culpa nel Savo e includendo, come già gli altri luoghi murati attorno di Sissek, il terreno della portata di cannone lungo il fiume Culpa, sino al conflusso in essa della Corana e con questa sino a Sluin e indi seguitando i colli che si uniscono alla montagna della Plesivizza e alla Pupina: linea ch’ è quella chiamerò di sanità, perché è con questo intento proggettata, come più facile di essere custodita fra fiumi e monti e che, a distinzione della limitanea fra’ due Imperi, è di colore giallo, quando l’altra è di colore rosso e in un’occhiata si conoscerà lo spazio di terra che resta escluso dal libero commercio delle parti dell’Imperio della Maestà Vostra, dove dovrà entrare secondo i vari tempi e congiunture delle leggi di salute.

Le piazze che devono munire questa linea sono le case de’ lazaretti, tanto per ricovrare le genti e le merci che potranno essere fabbricate la più gran parte di legname e quando la Maestà Vostra ne vogli Ella farne la spesa, resterà in grande utile de’ padroni terrestri che ne ritireranno le rendite del fitto che, secondo le tariffe de’ lazaretti, è assai alto e unitamente le ostarie: denaro capace di mantenere i guardiani e altri officiali necessari a’ lazaretti.

La forma di questi dovrebbe essere particolare, secondo le varie sorti di mercanzie e degli uomini e attorniati di fosso, perché non vi potesse essere veruno commercio con altra gente né col foco. La scielta de’ luoghi de’ lazaretti, la regola dagli empori principali de’ Turchi, che sono Belgrado di Bosnia, Bagnalucca, facendo da quella venire le strade per maggiore commodità prima a Bucovar e indi a Oessek, a Brod e indi a Iacovar e Oessek da Brod, da Gradisca a Cralliova Vellica, d’indi a Ievanitz e Agram, da Costanovits in Sissek, d’indi a Carlstat e Buccari da Vacub su l’Unna a Crachiatz, d’indi a Carlobago su l’Adriatico. In Bucovar erigerei un lazaretto per uso delle merci provenienti da Belgrado e che devono andare in Oessek; a Iacovar un altro lazaretto per le merci provenienti da Brod e ch’egualmente vanno in Oessek; il terzo a Cralliova Vellica pe’ gli altri capi di mercancia che tanto da Brod che Gradisca devono passare ad Agram, a Varasdino e finalmente per tutta la Stiria e Carinzia; il quarto in Sissek per le merci che a Costanovitz passano l’Unna per entrare nel Cranio o andare al porto di mare di Buccari; quinto a Sluin, a commodo di quelle merci che verranno per Costanovitz, per Novi, per Bihach, quando non volessero fare il giro per Sissek, per andare a Buccari; sesto per le merci che da Vacub, su l’Unna, passeranno a Grachiatz e indi a Carlobago e in detto Grachiatz sarà questo sesto lazaretto, ch’è il compimento di quello che praeter propter può bisognare di tutta la linea cisdanubiale, per tenere con sicurezza aperto il commercio fra’ due Imperii.

Tutte le strade che vanno a detti lazaretti sarebbero quelle ch’unicamente dovrebbero essere tenute aperte e praticabili fra le due linee de’ limiti e della guardia per la sanità, e tutte le altre infraposte a’ lazaretti condannarle sotto rigorosissime pene, traversandole con fosse, con tagliate, con levare i ponti e altre simili diligenze che, per più precisamente stabilire, vi vuole la cognizione occolare, pigliando i vantaggi naturali de’ siti e, siccome questa non è che una generale idea che essaminatasi dalla Maestà Vostra potrà darne gli ordini a’ Generali dei confini che troveranno il modo di più precisamente esseguire la difesa di una cossì gran guerra che fra la felicità della pace, può essere in un soffio fatta alla Maestà Vostra.

Concludo sempre che per ogni osservazione fatta sopra luogo che non è possibile di custodirsi dalla peste colle guardie de’ soli limiti senza avere per di dietro un’altra linea di riserva che subito arresti il disordine passato per quella con l’interspazio di un tratto di paese e con l’escludere in tempo di gran peste totalmente quella parte di sudditi della Maestà Vostra che non è possibile di trattenerli dal commercio o de’ Turchi o dei sudditi da’ Turchi che con essi hanno commercio, come sarebbero quelli del Sirmio a riguardo di Belgrado.

L’esperienza che vo pigliando nel servizio della Maestà Vostra, tanto per ragione della qualità della frontiera che de’ di Lei sudditi e de’ Turchi confinanti, e positura del commercio di ambi gl’Imperi, non mi raccorda megliore né più sicuro ripiego di questo che obbedendo sottometto a’ di Lei piedi per successivamente farne eguale proposizione, con diverse circostanze però, nella linea transdanubiale a suo tempo. Il correggere questo mio sommesso raccordo o il pensare ad altro megliore modo non admette dilazione, perché subito che saranno fatte le evacuazioni, la Maestà Vostra sarà nel pericolo che l’avviso per tempo e rimettendomi alla di Lei pietà e amore verso de’ sudditi e clemenza in aggradire almeno il buon zelo che sarà a ricompensa alla mancanza dell’abilità in obbedirla in cosa che tanto preme e importa a’ sudditi come ho detto nella felicità della pace saranno sottoposti ad una più fiera guerra di peste.


1 Sull’assedio di Vienna da parte dei Turchi, pericolosissima minaccia non solo per l’Impero asburgico ma per l’intera Cristianità e come grande snodo della politica europea Cfr. Jh. Stoye, L’assedio di Vienna, Bologna, Il Mulino, 2011.

2 Sulla nuova valutazione, da parte della storiografia contemporanea, della figura di Leopoldo I come uno dei più importanti esponenti della politica europea del tempo e protagonista dell’ascesa della Monarchia asburgica a grande potenza cfr. J. Bérenger, Léopold Ier (1640-1705) fondaterur de la puissance autrichienne, Paris, PUF, 2004. In tal senso così come sul ruolo di primo piano che ebbero i militari italiani al suo servizio e fra questi Marsili cfr. R. Gherardi, F. Martelli, La pace degli eserciti e dell’economia. Montecuccoli e Marsili alla Corte di Vienna, Bologna, Il Mulino, 2009.

3 Cfr. R. Gherardi (a cura di), La politica, la scienza, le armi. Luigi Ferdinando Marsili e la costruzione della frontiera dell’Impero e dell’Europa, Bologna, Clueb, 2010. Sull’importanza di Marsili quale militare, politico e scienziato al servizio di Leopoldo I, sui problemi della Monarchia austriaca e dell’Impero asburgico nella seconda metà del XVII secolo e sulla vera e propria svolta segnata dalla pace di Karlowitz in cui i territori danubiano-balcanici divengono fulcro della potenza viennese cfr. R. Gherardi, Potere e costituzione a Vienna fra Sei e Settecento. Il “buon ordine” di Luigi Ferdinando Marsili, Bologna, Il Mulino, 1980.

4 Cfr. L.F. Marsili, Relazioni dei confini della Croazia e della Transilvania a Sua Maestà Cesarea (1699-1701), a cura di R. Gherardi, Modena, Mucchi, 1986, 2 voll.

5 Il Discorso generale sopra del traffico, rappresenta l’allegato E alla Decima umilissima relazione a Sua Maestà Cesarea, spedita da Dresnik agli 11 di settembre 1699. Per la relazione appena citata cfr. Marsili, Relazioni dei confini della Croazia e della Transilvania, cit., I, 165-167. Per il Discorso generale sopra del traffico, cfr. ivi, 185-200.

6 Discorso generale sopra del traffico, cit., 186.

7 Cfr. Discorso generale sopra del traffico, cit., 186-187 in cui Marsili indica i quattro diversi capitoli secondo i quali dividerà la trattazione della materia in oggetto. Relativamente al secondo scrive: «II. Indicare le strade praticabili da carri o cavalli o navi e i luoghi dove per comodo delle strade saranno necessari ponti o stabili o mobili, fatti di più sorte di navigli, come anche i siti dove, per commune consenso, sarebbero da eriggersi magazeni, non solo per allogare le mercanzie, che dar ricovero con tutto il necessario per vivere a’ mercanti, regolando a prezzo onesto il nollo de’ cavalli, carri e navigli e la gravezza da imporsi a detti mercanti per il mantenimento delle strade, ponti ed edifizii che saranno fatti a comodo loro» (p. 186).

8 Ivi, 193-194. «E più a proposito di questa sorte di fabriche sarà prudentissimo il non ommettere quella d’un lazaretto che, in tempo di contaggio, farà il medesimo effetto di conservare le merci perché, in ciò non seguitando bene il costume de’ Veneti, dalla grande affluenza delle merci si troverà ben presto la Germania infettata; onde tre lazaretti constiuiria: uno a Kronstat, l’altro a Raska e il terzo a Carlobago. E per questo riguardo io vorrei che poche delle mercanzie che vengono dalla Turchia andassero a Bucari ma solo a Carlobago, per non portare nelle viscere de’ di Lei Stati un sì gran pericolo».

9 Cfr. Decima settima umilissima relazione a Sua Maestà Cesarea, spedita da Siszek alli 18 di gennaio 1700, in Marsili, Relazioni dei confini, cit., II, 278-279.

10 Cfr. Vigesima umilissima relazione a Sua Maestà Cesarea. Spedita da Siszek a’ 4 di aprile 1700, in Marsili, Relazioni dei confini, cit., II, 311. Per il testo completo della relazione in oggetto cfr. ivi, 310-317.

11 Ivi, 311-312.

12 Per il testo di tale Progetto pel buon regolamento a difendere dal pericolo di peste tutta la frontiera della linea cisdanubiale, che viene sotto riportato, e che compare come Allegato A, alla relazione citata, cfr. ivi, 317-320.