Le rivincite di Luigi Ferdinando Marsili

Walter Tega

Già Presidente dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto; Professore Emerito di Storia della Filosofia, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Accademico Emerito

Abstract

This short introduction to the group of papers on Luigi Ferdinando Marsili that appear in this first issue of the Accademia Annales, Class of Moral Science, points out the need to continue the studies on Marsili, on the Institute and its Academy, in view of the third centenary of his death (2030). I intended to emphasize in the simplest and shortest way the outstanding results (revenges) that Marsili’s studies and initiatives have given to the growth of modern science, but above all the stimulus that the establishment of the Science Institute and the Academy activities have given to the scientific technical and cultural innovation process of which the University and its town benefited for their growth and positioning in the international scenario.

Keywords

Luigi Ferdinando Marsili, 18th century history, Scientific academies.

© Walter Tega, 2023 / Doi: 10.30682/annalesm2301g

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Luigi Ferdinando Marsili, nonostante l’attenzione dedicata alle sue opere e alle sue imprese da studiosi di valore anche molto vicini a noi, resta non solo per la sua città, un personaggio originale e singolare ma scarsamente conosciuto e valorizzato.

Dopo un lungo periodo di oblio, saranno le Celebrazioni del 1930, secondo centenario della sua morte, a sottolineare il ruolo che Marsili ebbe nella realtà europea e bolognese tra XVII e XVIII secolo. In quell’occasione fu pubblicata per la prima volta la sua autobiografia accom­pagnata da alcuni manoscritti, furono indetti solenni convegni i quali non tennero nel dovuto conto la sua autorità scientifica di dimensione europea e la sua passione per le istituzioni che coltivavano la scienza sperimentale come il suo “Istituto” fondato nel 1711. Il risultato delle celebrazioni fu principalmente quello di mettere in evidenza il ruolo che Marsili ebbe nell’e­sercito imperiale, tant’è che il titolo del libro dell’illustre classicista Pericle Ducati, Marsili libro e moschetto, finì per diventare il motivo dominante di quelle giornate che si conclusero con l’apoteosi, celebrata insieme agli studiosi ungheresi, del Marsili illustre precursore e emblema della Rivoluzione fascista.

La figura di Marsili recuperò un profilo più consono al suo carattere e alla sua opera quando, quarant’ anni dopo, alcuni autorevoli studiosi decisero di riconsiderarne l’opera affidandosi alla sua dimensione di eminente protagonista della modernità soprattutto alla capacità dimostrata nel raccogliere e misurarsi con le sfide scientifiche e istituzionali che percorrevano l’Europa.

Cominciò Andrea Emiliani nel 1979 promuovendo una mostra originale e preziosa allestita proprio nelle sale cinquecentesche che avevano ospitato l’istituzione marsiliana e dedicata a I materiali dell’Istituto delle Scienze. Una esposizione fatta di libri, di strumenti per servire allo studio e la sperimentazione nei laboratori di fisica, di chimica, di ottica, di astronomia, di anatomia, di storia naturale ma anche globi e carte geografiche, modelli di arte militare, cere anatomiche per i pittori, per i medici e per le ostetriche, donati all’Istituto delle Scienze prima dallo stesso Marsili e poi dal suo protettore Benedetto XIV al quale va il grande merito di avere riconosciuto il valore dell’invenzione marsiliana.

Di notevole interesse anche l’impegnativo catalogo che illustrava, con notevoli contributi, l’esposizione e che riapriva il capitolo delle ricerche non solo sulla figura di chi, al termine di molte vicissitudini, era riuscito a dare vita al luogo destinato alla scienza sperimentale, ma an­che all’ambiente scientifico bolognese del XVIII secolo che, su sua prepotente sollecitazione, seppe combinare gli insegnamenti della tradizione galileiana, di casa a Bologna dal tempo di Malpighi, con quella newtoniana e fu capace di mettere in evidenza tutta la differenza che si po­neva fra la pigra e sonnolenta attività del glorioso Studio con le nuove istituzioni che operavano “al di là dei monti”.

Quella prima impresa, che di impresa si trattò, apri la strada a una stagione di studi condotta da ricercatori italiani e stranieri che è ancora in corso.

L’interesse manifestato nella seconda metà degli anni Ottanta dalla Regione Emilia-Romagna per lo studio della cultura del XVIII secolo nelle sue città, recepì, come parte aggiuntiva a quel­la delle arti, la sollecitazione a tenere conto anche delle istituzioni scientifiche e letterarie che fiorirono fra Sei e Settecento in più luoghi del territorio regionali. Fu l’accoglimento di questa esigenza ad offrire la possibilità a una giovane compagine di ricercatori già orientati verso lo studio dell’illuminismo, di riaprire il capitolo aperto da Andrea Emiliani e di andare al di là dei suoi pure notevoli risultati.

Approdarono alle stampe così una serie di studi orientati a indagare, attraverso una rigorosa lettura degli scritti editi e inediti di Marsili; il rilievo che ebbero nella sua attività scientifica i suoi viaggi, le azioni svolte in favore dell’esercito imperiale lungo il confine che lo divideva dall’impero ottomano, segnato per lunghi tratti con il corso del Danubio; l’ambiente scienti­fico europeo e bolognese che lo sollecitarono alla ideazione e poi alla realizzazione dell’ Istituto delle Scienze; il rifugio, in un periodo particolarmente difficile della sua carriera militare in Provenza, e più pre­cisamente nel villaggio di pescatori di Cassis, dove iniziò lo studio del mare dal quale doveva prendere corpo l’Histoire Physique de la mer; la sua consacrazione di scienziato europeo che seguì i dissapori e le polemiche con il suo Istituto. Studi che sono ancora in corso e che prevedo­no un programma destinato a costituire la base scientifica del quarto centenario marsiliano che cadrà nel 2030. Chi, in questi anni si è applicato agli studi marsiliani ha dovuto infatti riconsi­derare, in virtù dello studio di nuovi documenti e di una più attenta esplorazione degli archivi, il ruolo che il Generale ebbe nell’esercito imperiale e alla corte di Vienna ma soprattutto seguire da vicino la sua attitudine di uomo di scienza che l’avrebbe condotto a misurarsi con le ricerche ad ampio raggio su tutto quello che riguardava il Danubio, che fu per anni il suo oggetto di studio anzi il suo laboratorio di ricerca.

Marsili infatti prima di cimentarsi nell’ideazione e nella realizzazione del suo Istituto delle Scienze si applicò a uno studio sistematico del grande fiume intensificando il rapporto che aveva mantenuto con i maestri dello Studio bolognese frequentati negli anni giovanili. Il suo interesse non era rivolto solo ad aspetti particolari del fiume, che era anche il luogo nel quale svolgeva la sua azione di ingegnere militare; la sua pretesa infatti era quella di ritrovare in quel fiume e nelle regioni che attraversava un esempio dell’unità della natura o meglio della regolata struttura della terra. E allora accanto alla dislocazione geografica si poneva il problema della sua origine, delle sue correnti e della temperatura delle sue acque, dei pesci, dei molluschi, delle alghe che lo popolavano e, ancora, del clima, delle piante e degli animali che animavano le sue coste, delle montagne, dei metalli che le loro viscere nascondevano e delle miniere scavate per estrarli. Né venne meno il suo interesse storico e archeologico per un sito che era stato teatro di imprese e di guerre anche molto lontane dal suo secolo come il ponte di Traiano. E quando il progetto della ricerca sembrò maturo Marsili lo riassunse nel Prodromus Operis Danu­bialis, lo inviò agli amici della Royal Society che ne curarono la stampa presso gli editori di Amsterdam e l’Aja, ottenendo anche il contributo e il pieno riconoscimento de l’Académie des Sciences di Parigi e di quella di Montpellier.

Ma se le ricerche sul Danubio si collocavano nel glorioso periodo asburgico che culminò con il ruolo da lui esercitato nelle trattative per la pace di Carlowitz, l’altra grande opera scientifica alla quale lavorò negli anni successivi, ovvero l’Histoire Physique de la mer, ebbe le sue origini nel periodo buio che seguì la disastrosa caduta di Breisach (1703). Come si è detto, Marsili si ritirò in Provenza, nel villaggio di pescatori di Cassis (1706-1708) per studiare il mare, ovvero per approfondire e, alla fine, capovolgere le tesi di Boyle e i pregiu­dizi della gente di mare che ritenevano insondabili e indefinibili le profondità misteriose del mare.

Ma neppure in questo periodo Marsili interruppe i rapporti che aveva con i giovani profes­sori dello Studio come Manfredi, Stancari, Sandri, Valsalva, Guglielmini, i quali nel frat­tempo, avevano dato luogo all’Accademia degli Inquieti (1690) che, dopo una vita provvi­soria e errabonda, poté consolidare la propria attività stabilendo la propria sede nel palazzo del Marsili che inviava loro da Vienna libri strumenti per condurre le osservazioni e gli esperimenti che li avrebbero resi famosi.

Quando Marsili, colmo di onori e di disillusioni tornò a Bologna (1709), provò subito con il suo opuscolo sulla differenze tra lo Studio e le università che erano al di là dei monti (Pa­rallelo dello stato moderno della Università di Bologna con l’altre al di là de’ monti) a porre, senza successo, una riforma dello Studio, ma comprese che la strada per introdurre a nella sua città le novità alle quali faceva riferimento nell’opuscolo citato, era quella sulla quale aveva riflettuto nelle foreste danubiane leggendo Bacone e ripromettendosi di seguire i suoi consigli insieme alle nuove esperienze di Boyle e dei fondatori della Royal Society. La strada era quella della fondazione di una istituzione dedicata esclusivamente allo studio delle scienze sperimentali, istituzione che, a differenza di quelle già fondate a Londra e a Parigi dal potere regio, avrebbe dovuto disporre di laboratori scientifici vicini e comunicanti, come vicine e comunicanti avrebbero dovuto essere le riflessioni e gli esperimenti di chi li avrebbe diretti e frequentati; di un osservatorio scientifico opportunamente attrezzato e di una biblioteca non selecta ma universalis.

Marsili dovette superare parecchie difficoltà e procedere a una doppia donazione alla nuova creatura di risorse economiche, libri e strumenti prima di giungere a dare vita al proprio proget­to che, nonostante i compromessi dei quali dovette tener conto, preservava il bene più prezioso ovvero la libertà e l’indipendenza della ricerca.

E così nel 1711 nasceva ufficialmente l’Istituto delle Scienze situato in un palazzo della prima periferia della città e opportunamente lontano dall’antico Studio. Nel 1714 i giovani scienziati dell’Accademia degli Inquieti, che divenne Accademia dell’Istituto, presero possesso e guida, sotto la protezione del fondatore, della nuova istituzione.

Si può dire che proprio nel 1711 ebbe inizio una seconda fase fortunata, anche se non priva di problemi, della vita di Marsili il cui elemento centrale non doveva essere l’arte militare ma la scienza.

La prima rivincita, accidentata, avversata, piena di difficoltà, fu proprio la fondazione di quell’Istituto delle Scienze che doveva portare nella città del più antico e illustre Studio dell’oc­cidente la novità inarrestabile del progresso scientifico indotto dai nuovi metodi e dalle nuove esperienze.

Concluse positivamente le dispute con il Senato bolognese e con Roma per il completamen­to dell’Istituto, che affidò alle cure esperte del cardinale Lambertini, Marsili decide di intra­prendere un viaggio diplomatico e scientifico che non avrebbe comunque perso di vista i destini della sua “creatura”. Ancora una volta sarà il sapere scientifico nuovo a decretare la sua seconda e clamorosa rivincita.

Partì da Livorno per un vero e proprio tour scientifico de l’Europe savante che doveva rive­larsi singolarmente proficuo. A Londra (Marsili era socio della Royal Society dal 1691) ebbe modo di incontrare Hans Sloane e William Sheard (che lo condusse in visita al grande Newton), Edmond Halley, Richard Mead, William Dehream, John Woodward. Nei suoi colloqui con il sodalizio scientifico londinese Marsili ebbe modo di ricordare Malpighi e Guglielmini, che della Royal Society erano stati soci e di illustrare l’attività e i progressi dell’Istituto bolognese il quale, a suo avviso, era ormai pronto per continuare quella collaborazione tanto autorevolmente iniziata. Ma furono gli stessi soci della Royal Society a sollecitare il Generale a dare alle stampe, anche con il loro contributo economico, i materiali raccolti sul Danubio preannunciati e dettagliata­mente indicati nel Prodromus.

Ancora più importante fu il soggiorno in Olanda (Provincie Unite) dove, a Leida, ebbe modo di conoscere e di instaurare una collaborazione con Hermann Boerhaave che il grande Mus­schenbroek non esitava a collocare accanto a Newton. Fu proprio Boerhaave a sollecitare Mar­sili a pubblicare i materiali raccolti durante il soggiorno in Provenza per i quali avrebbe pre­parato una lunga prefazione. Fu però ad Amsterdam e all’Aja che questo viaggio ebbe un suo approdo editoriale: dall’incontro con gli editori di quelle città, sollecitati e rassi­curati tanto dai colleghi inglesi che da quelli olandesi, prese corpo il progetto di pubblicare sol­lecitamente tanto il trattato sul Danubio quanto gli studi sulla fisica del mare condotti a Cassis.

Anche nel corso di questo viaggio così importante per l’uomo di scienza, Marsili non di­menticò l’Istituto, a Londra fece visita alle migliori librerie per inviare a Bologna il meglio che riuscì a trovare, in Olanda concordò con gli editori che i proventi della pubblicazione dei suoi libri sarebbero stati destinati all’acquisto di testi e di materiali per i laboratori e la biblioteca del suo Istituto. Tornato a Bologna nel ’24, Marsili comincia a mettere in ordine, non senza difficoltà, i materiali dei sei volumi del suo Danubius Pannonico Mysicus e nello stesso anno ripartì per la Cassis allo scopo di completare le osservazioni e le esplorazioni del Golfo del Leone e concludere l’Historie Physique de la mer. Gli editori olandesi ebbero così l’opportunità di pubblicarla con la preziosa e attenta prefazione di Boerhaave nel 1725. L’anno successivo, nel pieno rispetto degli impegni assunti con gli editori venivano pubblicati i preziosi volumi dedicati al Danubius.

Gli anni del principato di Lambertini costituirono la terza rivincita del Marsili uomo di scienza. L’arcivescovo di Bologna continuò a seguire l’Istituto anche dopo la sua elevazione al soglio pontificio. Benedetto XIV, questo era il nome assunto dal Pontefice, aveva compreso l’im­portanza che nell’Europa del suo tempo era stata assunta dalla scienza sperimentale e dallo spirito critico che aveva aperto un periodo di riforme civili ed economiche. Fu la piena comprensione della nuova fase che il secolo XVIII portava con sé a indurlo a favorire, con sostanziali donazioni, la crescita dell’Istituto e a intensificare la rete delle sue relazioni con le maggiori accademie e istituzioni scientifiche europee. Il Pontefice aveva compreso, come Marsili, che il vecchio e glorioso Studio non sarebbe stato in grado di portare contributi ap­prezzabili su questo piano e dunque tanto valeva insistere sull’Istituto e sulla sua Accademia chiamando a farne parte come soci le eccellenze dell’Europe savante come ad esempio Bon­net, Haller, Maupertuis, Voltaire, Nollet, Buffon, M.me du Châtelet, d’Alembert, Hamilton, Musschenbroek, Hales.

La rivincita più importante di tutte coincise paradossalmente con chiusura delle attività dell’Istituto e della sua Accademia e con la nascita della nuova università che seguiva le linee indicate dalla riforma napoleonica del 1802. A partire dal 1803, veniva attuato il suo piano di studi che comprendeva la Classe di Scienze Matematiche e Fisiche la quale studiava la geome­tria e l’algebra, il calcolo sublime, la matematica applicata, l’architettura militare, la fisica ge­nerale, la fisica sperimentale, l’astronomia, la storia naturale, la botanica, l’agraria, la chimica generale, la chimica farmaceutica, la materia medica, l’anatomia del corpo umano, l’anatomia comparata, la fisiologia, le istituzioni di chirurgia ed arte ostetrica, la patologia e la medicina legale, la clinica chirurgica, la clinica medica. La Classe di Scienze Morali e politiche che coltivava la filosofia morale e il diritto di natura, il diritto pubblico e delle genti, l’economia pubblica, la storia e la diplomazia, le istituzioni civili e l’arte notarile, il diritto civile e quello penale. La Classe di Letteratura, infine, si occupava dell’analisi delle idee, dell’eloquenza latina e italiana, della lingua e della letteratura greca, delle lingue orientali, della numismatica e dell’antiquaria.

Non fu certo per caso che per la sede della nuova università venne scelto il palazzo che per circa un secolo aveva ospitato l’Istituto delle scienze e l’Accademia. La Classe delle Scienze Matematiche e Fisiche avrebbe trovato nei laboratori e nell’osservatorio di quel pa­lazzo gli strumenti, i materiali e i libri che dalla fondazione alla chiusura dell’Istituto delle Scienze avevano consentito l’insediamento anche a Bologna della nuova scienza sperimenta­le. Anche le altre due classi della nuova università avrebbero trovato gli strumenti necessari ai loro studi nella grande biblioteca che papa Benedetto aveva fatto costruire dal Dotti per i suoi accademici.

Marsili, come si è già detto, aveva tentato, nel lontano 1709, di proporre una riforma dell’an­tico Studio con il suo Parallelo, ma come già era accaduto qualche anno prima al fratello, l’Arcidiacono Anton Felice, non incontrò il favore né del Senato cittadino né della Curia Ro­mana. Ma contrariamente al fratello, che dopo il suo insuccesso fu trasferito a Perugia, Luigi Ferdinando riuscì nell’intento di radicare a Bologna le novità che fiorivano “al di là dei monti”, e a consentire al regime napoleonico di realizzare nella sua città una università che non avreb­be fatto rimpiangere le glorie del vecchio Studio il quale concludeva proprio in quegli anni la sua lunga parabola medievale e moderna; come ebbe modo di rilevare Carducci nel discorso inaugurale per l’VIII centenario dell’Università, Galvani e i suoi colleghi non erano stati solo i professori del vecchio Studio ma anche i maestri di quello nuovo.

Ci volle del tempo perché la nuova università si affermasse; dovette attendere che l’Italia unita puntasse alla formazione dei suoi cittadini e alla scienza, ma la memoria di Marsili sembrò ancora una volta esaurirsi rapidamente. È vero che l’Accademia riprese la sua attività nel 1838 per iniziativa del cardinale Oppizzoni, ma restò al rimorchio dell’università pontificia la quale, per uscire dal suo stato di abbandono, do­vette aspettare che l’Italia, finalmente unificata, ponesse mano alla rinascita delle sue istituzioni di alta cultura.

Paradossalmente fu proprio questa rinascita che contribuì allo smembramen­to definitivo dell’eredità marsiliana. Quello che restava ancora in quello che era stato definito nel XVIII secolo il “palazzo delle meraviglie” fu collocato nei musei civici cittadini e perfino in quelli romani.

La ripresa degli studi marsiliani di questi e dei prossimi anni, condotta secondo i criteri sopra indicati, non è volta alla ricostituzione di un patrimonio che ha svolto una sua importante funzione civile e a un progetto che ha contribuito all’avanzamento della scienza, ma a restituire a Luigi Ferdinando Marsili il ruolo che gli compete nella storia troppo smemorata di questa cit­tà. L’appuntamento, che per colmare questa lacuna l’Accademia pone a se stessa, all’Università e alla città di Bologna è il quarto centenario marsiliano del 2030.

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